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Quarto Potere | Orson Welles, Herman M. Mankiewicz e la leggenda di Rosabella

Effetto Notte, William R. Hearst, Ombre Rosse, la riabilitazione con Andrè Bazin. Di nuovo al cinema

Un estratto di una delle scene chiave di Quarto Potere, il capolavoro di Orson Welles del 1941, di nuovo al cinema con I Wonder Classics
Un estratto di una delle scene chiave di Quarto Potere, il capolavoro di Orson Welles del 1941, di nuovo al cinema con I Wonder Classics

ROMA – Nel 1973 con il meta-cinematografico Effetto Notte, François Truffaut ci insegnò ad amare il cinema, ricordandoci come a volte: «I film sono più armoniosi della vita (Alphonse), non ci sono intoppi nei film, non ci sono rallentamenti, i film vanno avanti come i treni nella notte», ma c’è di più. C’è il sogno. Quello di Ferrand/Truffaut, in cui si immagina da bambino che nel silenzio della notte si ferma dinanzi a un cinema, si avvicina alle grate della saracinesca e allunga la mano abbastanza da poter rubare delle foto di Quarto Potere, il capolavoro di Orson Welles del 1941. Una scena onirica, giocosa, intima e bellissima, che traspone in immagine il nemmeno troppo celato amore di Truffaut verso Welles e il suo esordio da sogno, o per dirla con le sue parole: «Appartengo a una generazione di cineasti che hanno deciso di fare film avendo visto Quarto Potere».

Quarto Potere, di Orson Welles fu presentato a New York l'1 maggio 1941
Quarto Potere, di Orson Welles fu presentato a New York l’1 maggio 1941

Per capirci, talmente grande il mistero filmico di Quarto Potere che nel 1982, quarantuno anni dopo la sua uscita in sala, Steven Spielberg acquistò l’unica superstite delle tre slitte di balsa Rosebud usate nel climax nel film per 60.500 dollari, per poi scegliere di donarla all’Academy Museum of Motion Pictures in perfetto stile Indiana Jones («Quella dovrebbe stare in un museo» recitava una delle linee dialogiche chiave de L’Ultima Crociata). Una storia incredibile quella di Quarto Potere, a partire dalla sua genesi risalente alla prima metà degli anni Trenta. A quel tempo, a Herman J. Mankiewicz venne in mente di scrivere una sceneggiatura, un biopic su un personaggio pubblico, non dal punto di vista del soggetto raffigurato, ma da parte di chi conobbe quell’uomo in vita. Scelse John Dillinger, e lo intitolò The Tree Will Grow, una produzione teatrale ambiziosa rimasta incompiuta.

L'unica slitta Rosebud sopravvissuta fu acquistata da Steven Spielberg (e donata al museo dell'Academy)
L’unica slitta Rosebud sopravvissuta fu acquistata da Steven Spielberg (e donata al museo dell’Academy)

Secondo l’altro co-sceneggiatore di Quarto Potere, John Houseman, quell’idea ossessionò Mankiewicz per molto tempo: «Ci pensò spesso negli anni, voleva raccontare la vita privata di un uomo, una figura americana riconoscibile nell’immaginario collettivo, subito dopo la sua morte, attraverso le testimonianze intime e spesso incompatibili di coloro che lo avevano conosciuto in tempi diversi e in circostanze diverse». Parallelamente, un diciassettenne Welles, a Kenosha, (Mankiewicz era di New York nda), scrisse un’opera teatrale sulla vita dell’abolizionista John Brown dal titolo Marching Song. L’antenato di Quarto Potere. La struttura dell’opera, infatti, ruotava intorno a un giornalista che tenta di comprendere la figura di Brown intervistando persone che lo conoscevano e i loro differenti punti di vista. In pratica l’espediente narrativo del giornalista Thompson, portato in scena dal produttore William Alland (Il Mostro della Laguna Nera), che di Quarto Potere è la coscienza latente del racconto.

I titoli di testa di Quarto Potere
I titoli di testa di Quarto Potere

Ma c’è di più, perché Welles fu da sempre ossessionato dai magnati e le loro vite di successo, simulacro di ricchezza e della riuscita del Sogno Americano. Come riportato da Roger Hill, capo del Todd Seminary for Boys e amico e mentore di Welles: «Orson mi raccontò che da giovane ebbe un’idea per uno spettacolo teatrale basato sulla vita di un magnate americano ispirato alle vite di Samuel Insull, Robert McCormick e William Randolph Hearst. Percepì da allora l’impatto teatrale che si poteva ottenere dall’aggressione a questi giganti rovesciati». Andare, quindi, oltre la coltre della gloria e del successo, per mostrare la fragile (dis)umanità di questi individui e le ragioni della loro vita. Lo stesso poteva dirsi di Mankiewicz che nella seconda metà degli anni Venti, nei suoi primi anni da giornalista a New York, andava a caccia di pettegolezzi su Hearst riuscendo perfino ad entrare nella sua cerchia ristretta.

«Appartengo a una generazione di cineasti che hanno deciso di fare film avendo visto Quarto Potere» (François Truffaut)
«Appartengo a una generazione di cineasti che hanno deciso di fare film avendo visto Quarto Potere» (François Truffaut)

Mankiewicz rimase come affascinato da Hearst e la sua magnetica aura di potere. E vi rimase per anni al suo fianco, finché, nel 1936, l’autodistruzione e l’alcolismo non ebbero la peggio su di lui. Hearst lo allontanò. Mankiewicz iniziò così a raccogliere storie e aneddoti su Hearst come fossero francobolli. Sapeva che solo attraverso il cinema avrebbe potuto avere la giusta vendetta nei suoi confronti. Intanto, a Hollywood, il nome di Orson Welles era già sulla bocca di tutti. La Warner Bros lo corteggiò per anni sottoponendogli tre script (tutti rifiutati). David O. Selznick, nel 1937, gli propose il ruolo di dirigente del reparto storie della RKO Pictures (rispedito al mittente). William Wyler, non ultimo, gli propose un ruolo secondario in Cime Tempestose (rifiutato). Welles era ancora follemente e disperatamente innamorato del teatro ed era lì che voleva lasciare il segno. E ci riuscì, infine, con La Guerra dei Mondi.

Dorothy Comingore e Orson Welles in un momento di Quarto Potere
Dorothy Comingore e Orson Welles in un momento di Quarto Potere

Talmente incisivo il radiodramma trasmesso dalla CBS nella sua serie radiofonica The Mercury Theatre on the Air, (il Mercury Theatre era la compagnia teatrale fondata da Welles e Houseman nel 1937 nda) da causare una psicosi collettiva. A quel punto Hollywood fece l’impossibile pur di accaparrarsi il genio di Welles. George J. Schaefer, presidente della RKO, lo corteggiò incessantemente per tutta la primavera e l’estate del 1939. In un primo momento Welles rimase impassibile. Il fallimento economico delle produzioni teatrali Five Kings e The Dea Verde, però, lo spinsero nelle braccia di Hollywood. Non più di tre mesi però. Il tempo necessario per guadagnare abbastanza soldi per pagare i suoi debiti e finanziare la prossima stagione teatrale. Dopo il primo tour a Hollywood, però, quando Schaefer lo accompagnò personalmente nei meandri dei teatri di posa della RKO, ne rimase rapito.

Agnes Moorehead, George Coulouris, Harry Shannon e Buddy Swan in una scena del film
Agnes Moorehead, George Coulouris, Harry Shannon e Buddy Swan in una scena del film

Capì che era quello il suo posto: «Hollywood? Il più grande trenino elettrico che un ragazzo abbia mai avuto». Romanticismo a parte, in verità la proposta che RKO fece a Welles era praticamente irrinunciabile, sia in termini economici che artistici. Il contratto prevedeva, infatti, che Welles avrebbe recitato, diretto, prodotto e scritto due film (Quarto Potere e L’Orgoglio degli Amberson) – per cui la Mercury Productions avrebbe guadagnato 100.000 e 125.000 dollari – di cui avrebbe supervisionato ogni momento dello sviluppo creativo a condizione che la RKO avesse approvato gli script di ambo i progetti (e che il budget non superasse i 500.000 dollari). Ma soprattutto, né Schaefer, né Selznick, né altri, avrebbero potuto vedere alcun giornaliero e/o interferire sulla lavorazione e post-produzione senza approvazione di Welles a cui fu garantito, per la prima volta nella storia del cinema ad un autore esordiente, il final cut privilege.

«Hollywood Il più grande trenino elettrico che un ragazzo abbia mai avuto» (Orson Welles)
«Hollywood Il più grande trenino elettrico che un ragazzo abbia mai avuto» (Orson Welles)

I primi cinque mesi sotto contratto con l’RKO furono un disastro, tanto che la carta stampata scommise contro Welles. Poi l’intuizione, un adattamento di Cuore di Tenebra di Joseph Conrad sulla scia della produzione teatrale targata Mercury. Dopo un’elaborata pre-produzione, un’intera giornata di riprese camera a mano e un budget sforato già nelle previsioni di bilancio, Schaefer si vide costretto a bloccare il progetto. Iniziò così (finalmente!) a immaginare Quarto Potere, ma fu chiaro da subito che una simile mole narrativa avrebbe richiesto tempo prima di essere sbrogliata. Propose così a Schaefer, per non perdere l’anno, un adattamento di The Smilet With the Knife, un romanzo di Cecil Day-Lewis del 1939, un thriller politico, ma fu chiaro da subito che Welles aveva la testa (e il cuore) diretti verso Quarto Potere. In un paio di mesi, il progetto andò ad arenarsi.

L'immortale shot reso leggenda dal bianco e nero di Gregg Toland
L’immortale shot reso leggenda dal bianco e nero di Gregg Toland

E quindi l’atteso incontro con Mankiewicz, che Welles, in realtà, conosceva da prima di Quarto Potere. I due, infatti, collaborarono ad alcuni radiodrammi. Cinque per la precisione, a cui prese parte (anche) come montatore. Erano amici. Welles lo andò perfino a trovare in ospedale dopo che ebbe un incidente d’auto. Dalla prima sessione di brainstorming, queste due straordinarie, caotiche e folli personalità artistiche, iniziarono a dare forma a Charles Foster Kane, discutendo, inventando e scartando possibili e potenziali idee e sviluppi di trama. Una collaborazione su cui Welles si espresse così, anni dopo, in un’intervista a Peter Bogdanovich: «Nessuno era più infelice, più amaro e divertente di Mank. Un perfetto monumento all’autodistruzione, ma si sa, quando l’amarezza non era diretta a te, era la migliore compagnia del mondo». Alla fine di dicembre, il consiglio esecutivo della RKO intimò a Schaefer di sospendere gli stipendi allo staff della Mercury Productions.

Orson Welles in un momento del film
Orson Welles in un momento del film

La situazione socio-economica dell’industria hollywoodiana in tempo di guerra non era esattamente delle più rosee, e Welles e Mankiewicz – costretto a letto, in trazione, con una gamba fratturata – non erano ancora riusciti a produrre un draft accettabile. Nelle settimane successive buttarono giù l’idea germinale di Quarto Potere, ovvero di un ritratto postumo di un uomo sotto molteplici punti di vista che vive tra realtà oggettiva e ricordi soggettivi nelle parole di chi lo conobbe. Un’intuizione così definita da Welles, in un altro stralcio dell’intervista a Bogdanovich: «L’idea di raccontare la stessa cosa più volte e mostrare esattamente la stessa cosa da punti di vista completamente diversi. Fondamentalmente, l’idea che Akira Kurosawa utilizzò in seguito con Rashōmon. A Mank piacque, quindi iniziammo a cercare l’uomo di cui avrebbe parlato. Howard Hughes fu la prima idea, ma arrivammo abbastanza presto a parlare dei signori della stampa: William Randolph Hearst».

Il pioneristico (e magistrale) uso della profondità di campo in Quarto Potere
Il pioneristico (e magistrale) uso della profondità di campo in Quarto Potere

Per la fine di gennaio, tuttavia, la collaborazione divenne da creativa a impossibile. I frequenti disaccordi sui dettagli di trama spinsero Welles ad allontanarsi dalla stesura dello script. Al suo posto Houseman, di ritorno da New York dopo che in un primo momento si chiamò fuori dal processo di scrittura di Quarto Potere, a supervisionare il lavoro (e la penna) di Mankiewicz, che a metà febbraio firmò un contratto al limite dell’indecenza con la Mercury Productions. Avrebbe ricevuto 1000 dollari a settimana fintanto che non fosse stato inabile per malattia (o altri motivi nda), e non avrebbe ricevuto alcun credito per il suo lavoro perché assunto come script doctor: tutto il merito sarebbe andato a Welles e al Mercury Theatre. L’aura da ragazzo prodigio che si portava dietro era un elemento di grande valore pubblicitario per la RKO.

Una scena del film
Una scena del film

Dopo che Welles approvò la prima visione preliminare di Mankiewicz e gli consegnò un malloppo di trecento pagine di idee, scene, dialoghi, movimenti di camera e suggestioni dal titolo John Citizen, USA, Mankiewicz si ritirò nel North Verde Ranch sul fiume Mojave, a Victorville, per lavorare a quello che sarebbe stato il primo, vero, draft di Quarto Potere (ovvero il punto di partenza narrativo del Mank di David Fincher). Con lui un’infermiera, la segretaria di edizione Rita Alexander, e Houseman chiamato letteralmente a fargli da babysitter creativo. Vi rimasero dodici settimane fatte di comunicazioni serrate e continue con Welles che a sua volta era a filo diretto con la script-supervisor Amalia Kent che iniziò a prendere il materiale disgregato in modo da renderlo in forma di continuità per le unità di produzione. Il rapporto tra i due, tuttavia, iniziò a prendere una piega in negativo.

Orson Welles e Joseph Cotten in un momento del film
Orson Welles e Joseph Cotten in un momento del film

«Quando Mank partì per Victorville, eravamo amici. Quando tornò, eravamo nemici. Credo che John me lo mise contro, ma la verità è che Mank ha sempre avuto bisogno di un cattivo». Nei mesi successivi Mankiewicz e Houseman produssero due draft da trecento venticinque pagine sotto il titolo di American, opportunamente revisionati e arricchiti da Welles. Spedito alla Kent, l’ufficio legale della RKO si mise le mani tra i capelli. Avvertì Welles che se il ritratto di Kane non fosse stato opportunamente smussato, il rischio di una causa legale con Hearst per diffamazione e violazione della privacy sarebbe stato altissimo. Welles però, dalla sua, volle proteggere lo script di Quarto Potere ad ogni costo: «C’è una qualità nel film, molto più di un vago profumo, che era di Mank e di cui ho fatto tesoro. Era una sorta di virulenza controllata, allegra. Personalmente mi piaceva Kane, ma ho continuato così».

Quarto Potere: Il mistero di Rosabella
Quarto Potere: Il mistero di Rosabella

«E questo probabilmente ha dato a Quarto Potere una certa tensione, il fatto che uno degli autori odiava Kane e l’altro lo amava. Ma nel suo odio di Hearst, o chiunque fosse Kane, Mank non aveva un’immagine abbastanza chiara di chi fosse quell’uomo. Mank lo vedeva semplicemente come un mostro egocentrico con tutte queste persone intorno a lui» e con loro cause e conseguenze, amicizie distrutte, ricatti d’amore, potere egemonico e quella slitta, Rosebud/Rosabella, ricordo d’innocenza perduta, o forse strozzata, mai realmente consumata. Ci vollero altri sette draft prima che Quarto Potere arrivasse alla sua forma definitiva. Un processo di scrittura elaborato e condiviso: «Le idee iniziali per questo film e la sua struttura di base sono state il risultato di una collaborazione diretta, dopo di ciò ci siamo separati e lì ce n’erano due: una scritta da Mank, una da me. La versione finale è stata tratta da entrambe».

La solitudine di Xanadu
La solitudine di Xanadu

Sulla paternità dello script si è discusso per almeno tre decenni contribuendo alla realizzazione di due saggi, Raising Kane di Pauline Kael del 1971 e The Scripts of Citizen Kane, di Robert Carringer del 1978, ma d’altra parte è il retaggio di Quarto Potere a parlare da sé (oltre al fatto che Welles non ha mai negato l’enorme contributo di Mankiewicz). Da una parte Mankiewicz e la rigorosa struttura, le componenti dialogiche, gli accenni caratteriali degli agenti scenici, dall’altra Welles che diede allo script arguzia visiva e verbale, fluidità stilistica, lirismo. Ma soprattutto Kane, trasformato da una visione parodistica di Hearst a essere diabolico e calcolatore, freddo e cinico, dai contorni misteriosi di epica magnificenza. E per il titolo? Tutto merito di Schaefer. Temeva, infatti, che American fosse troppo cinico ma soprattutto identificativo con Hearst (i nomi di due suoi tantissimi giornali erano American Weekly e New York Journal-American).

Per prepararsi alla lavorazione, Orson Welles vide e rivide Ombre Rosse di John Ford
Per prepararsi alla lavorazione, Orson Welles vide e rivide Ombre Rosse di John Ford

E quindi la lavorazione di Quarto Potere, caratterizzata da una ricerca approfondita di immagini e suggestioni, a partire da un libro di testo cinematografico che la consulente di produzione della RKO Miriam Griger fece avere a Welles prima delle riprese, e tantissimo cinema: Il Gabinetto del Dottor Caligari, tutto Frank Capra, tutto Jean Renoir, tutto Fritz Lang. Ma soprattutto Ombre Rosse di John Ford: «Sembrerebbe che il mio primo giorno sul set sia stato il mio primo, vero, da regista. Avevo imparato tutto quello che c’era da sapere da Ford. Ogni sera, dopo cena, per almeno un mese, ho visto e rivisto Ombre Rosse. Come andava fatto questo? Perché ha fatto così? Ad ogni visione è stato come andare a scuola». Il resto lo fece la mano espertissima di Gregg Toland che si offrì a Welles nonostante fosse sotto contratto con la Samuel Goldwyn Productions.

L'ennesimo miracolo fotografico di Gregg Toland
L’ennesimo miracolo fotografico di Gregg Toland

«In quel momento entrò in ufficio il cameraman numero uno al mondo che mi disse: Voglio che mi chiami per il tuo film, non ho mai lavorato con qualcuno alle prime armi. E non ha mai smesso di impressionarci dicendo che in realtà stava facendo miracoli. Chiedevo cose che solo un principiante abbastanza ignorante da pensare che qualcuno avrebbe mai potuto fare, e invece Gregg le faceva». Fu un incontro artistico eccezionale, perché l’inesperienza di Welles andò a sposarsi perfettamente con la reputazione di audace sperimentatore del secondo che sul set di Quarto Potere ebbe modo di sbizzarrirsi usando tecniche di riprese all’avanguardia che i canoni estetici del cinema classico non gli avrebbero mai potuto permettere di fare. Non a caso, è proprio con Quarto Potere che il cinema cambia forma, privando lo spettatore di punti di riferimento, mettendo chiaroscuri dove un tempo c’era luce.

Il cartello nella scena d'apertura di Quarto Potere
Il cartello nella scena d’apertura di Quarto Potere

Esempio emblematico è la straordinaria sequenza d’apertura di Quarto Potere. Un cartello su di un cancello con su scritto Vietato oltrepassare. Poi una carrellata verticale con cui sguinzagliare la forza di una profondità di campo abortita sul nascere in un occhio appannato, incapace di mettere a fuoco, e a guardare oltre. Welles gioca così di dissolvenze incrociate tra griglie e sbarre di cancello facendo svettare l’enigmatica ed hitchcockiana (Rebecca – La Prima Moglie) Xanadu in campo lungo. Procede così per gradi Welles, facendoci girare attorno alla reggia per poi confondere lo sguardo tra scimmie solitarie, gondole e riflessi sul mare, ponteggi, moli e altarini. Poi una luce da una stanza. Welles sceglie di dare una minima via allo spettatore immerso nel contesto scenico spettrale e gotico per poi incedere, sempre tramite delicate e corpose dissolvenze, dentro Xanadu in un gioco di chiaroscuri espressionistici resi leggenda da Toland.

Un momento nel prologo del film
Un momento nel prologo del film

Al suo interno, Welles pone, sin dalle prime battute di racconto, le basi dell’intreccio scenico. Una bufera di neve e una veloce zoomata che ne amplia il raggio d’azione, il dettaglio delle labbra che pronunciano sillabando: «Rosabella». Una palla di vetro che crolla rovinosamente cristallizzando, di riflesso, l’evento traumatico. Quarto Potere si dispiega e va oltre in un gioco di illusioni e intenzioni sceniche che tra falsi narrativi e vicoli ciechi vede Welles ordire un racconto che è elemento di rottura delle abituali narrazioni classiche. Linearità, limpidità e coerenza tipicamente hawksiana che Welles rimescola e destruttura interamente, assimilando l’occhio della cinepresa a quello dello spettatore fino a strumentalizzarlo in apertura di racconto in modo da ovviare a quello che altrimenti sarebbe stato un problema narrativo. Un difetto autoriale che è rivoluzione e innovazione narrativa e industriale che proietta il cinema verso una nuova era moderna di linguaggio e sperimentazione filmica.

La rivelazione su Rosabella, un segreto tra Welles e lo spettatore
La rivelazione su Rosabella, un segreto tra Welles e lo spettatore

Intenti sovversivi che proseguono poi nel fittizio cinegiornale che nel permettere a Welles di codificare un linguaggio filmico pionieristico per l’epoca, fatto di a-linearità e deframmentazione temporale – che il dispiego dell’intreccio finisce, tuttavia, con l’addolcire e attenuare – fa accrescere a dismisura l’aura caratteriale del Kane epico self-made-man così da mitizzare il Sogno Americano nella sua più pura essenza per poi gettarvi ombre e ambiguità in uno sviluppo fintamente lineare reso impropriamente episodico nel suo incedere di testimonianze ed elementi testuali. E poi le immagini di Quarto Potere, dalla costruzione ricercata, caratterizzate da un uso da manuale della profondità di campo tra sdoppiamenti e propagazioni, e concatenate, infine, in un montaggio netto dal respiro corto. Non ultimo il climax, l’ennesima provocazione di Orson Welles. Nel far perdere tutti i legami al suo Kane, Welles riavvolge il nastro, riportandoci alle parole pronunciate in punto di morte dal suo agente scenico.

Il ballo di Charlie Kane
Il ballo di Charlie Kane

Poi le fiamme, la scritta, e la soluzione dell’enigma che in Quarto Potere diventa un segreto cinematografico prezioso e silenzioso tra spettatore e regista reso possibile dall’espediente in apertura di racconto. Assimilando ancora una volta l’occhio della cinepresa con quello dello spettatore, infatti, Welles ci rende partecipi dell’intrinseco valore di Rosebud/Rosabella con una panoramica che ci riconduce al retaggio, al legame familiare, a un dono che è rimpianto sino all’ultimo respiro di giorni ormai perduti. Scena, tra l’altro, portata faticosamente a casa al nono ciak dopo che i vigili del fuoco di Culver City arrivarono a sirene spiegate perché la fornace era diventata talmente rovente che la canna fumaria aveva preso fuoco. L’ultima parte delle riprese fu portata a casa dal DoP Harry J. Wild dopo che Toland dovette lasciare a causa del simultaneo inizio della lavorazione de Il fuorilegge, di Howard Hughes.

Agnes Moorehead, George Coulouris e Harry Shannon in un momento di Quarto Potere
Agnes Moorehead, George Coulouris e Harry Shannon in un momento di Quarto Potere

In post-produzione, Welles affidò il minutaggio della sua creatura a dei giovani ma già capaci Mark Robson e Robert Wise (Ultimatum alla Terra), quest’ultimo assunto da Welles all’inizio delle riprese, che anni dopo raccontò un curioso aneddoto: «Mi aveva assegnato un montatore più esperto, evidentemente non era poi così felice del risultato ottenuto, e dire che avevo più o meno la stessa età di Orson. Mentre iniziammo a montare Quarto Potere, mi resi conto da subito che stavamo ottenendo qualcosa di molto speciale. Era un film eccezionale, giorno dopo giorno». Welles diede istruzioni precise e molto dettagliate a Wise e Robson. Il film fu pianificato scena dopo scena, e girato specificamente per tecniche di post-produzione come le dissolvenze lente. Licenziato il cut definitivo a 122 minuti arricchito dalla colonna sonora di Bernard Hermann, i veri problemi, in verità, per Quarto Potere, arrivarono dopo.

La post-produzione del film fu affidata a Robert Wise e Mark Robson
La post-produzione del film fu affidata a Robert Wise e Mark Robson

Per proteggere il film da interferenze a mezzo stampa che ne avrebbero potuto manipolare la verità filmica – ovvero una delle sfumature del variopinto sottotesto narrativo di Quarto Potere – Welles limitò l’accesso ai quotidiani e gestì personalmente la pubblicità del film. Un articolo apparso sulla rivista Stage nel dicembre 1940, ad esempio, parlava del sapore narrativo faustiano ma non fece minimamente cenno ai nemmeno troppo velati rimandi alla vita di Hearst. L’obiettivo era di renderlo inattaccabile. In origine la prima mondiale di Quarto Potere era stata fissata per il 14 febbraio 1941, al Radio City Music Hall di proprietà della RKO, ma Welles chiese tempo per ultimare la post-produzione e sincronizzare al meglio le musiche di Hermann. Diede il suo benestare, tuttavia, per una proiezione di prova per pochi fortunati giornalisti selezionati che si tenne il 3 gennaio.

Quarto Potere: la disgregazione del Sogno Americano
Quarto Potere: la disgregazione del Sogno Americano

A quella proiezione venne anche la celeberrima giornalista di gossip Hedda Hopper, acerrima rivale dell’altrettanto famosa Louella Parsons della scuderia Hearst (e amica di Welles). Si presentò dal nulla, accreditandosi sul posto, e scrivendo una recensione al vetriolo di Quarto Potere che puntò il dito sulla scrittura banale e semplicistica (?) e sui fin troppi rimandi a Hearst. Nel giro di poco scoppiò un polverone che costrinse la Parsons ad attaccare Welles e a pretendere una proiezione privata del film minacciando Schaefer e la RKO di una potenziale causa in caso le fosse stata negata. Cosa che avvenne, effettivamente, il 10 gennaio, alla presenza di due avvocati. Per la cronaca, se ne andò alla metà del secondo atto, intimando caldamente la RKO di non distribuire il film. Hearst, dal canto suo, non rimase a guardare, negando qualsiasi promozione pubblicitaria alle produzioni RKO.

I contorni caratteriali di Charles Foster Kane furono delineati sulle forme di William Randolph Hearst
I contorni caratteriali di Charles Foster Kane furono delineati sulle forme di William Randolph Hearst

Prima fa tutte, Kitty Foyle, ragazza innamorata, ma in due settimane il divieto fu revocato, eccetto che per Quarto Potere naturalmente. Schaefer non arretrò di un passo, e questo ebbe ripercussioni. In particolare su Welles, che dopo che la Parsons minacciò di rendere pubblica la sua storia d’amore con Dolores del Rio (che voleva mantenere segreta finché non avesse divorziato dal secondo marito, lo scenografo Cedric Gibbons), si vede costretto a rilasciare una dichiarazione con cui negare pubblicamente i rimandi filmici al magnate della stampa. Hearst, frattanto, iniziò a preparare un’ingiunzione contro la pellicola per diffamazione e violazione della privacy e che, tuttavia, non portò mai a compimento a causa di tutta la pubblicità negativa che questa avrebbe portato alla sua figura. Fece di peggio, in verità. Degno del migliore (se non peggiore nda) Charles Foster Kane, iniziò a pubblicare una serie di editoriali con cui screditare l’industria hollywoodiana.

Buddy Swan in un momento del film
Buddy Swan in un momento del film

In particolare, verso la pratica di assumere rifugiati e immigrati per lavori che sarebbero potuti essere tranquillamente svolti dai cittadini americani (ieri come oggi). La situazione si surriscaldò a tal punto che Louis B. Mayer della MGM – Metro-Goldwyn-Mayer fece pervenire a Schaefer un’offerta da 800.000 dollari con il solo obiettivo di distruggere tutte le stampe del film. Non accadde niente. Una volta che il team legale della RKO assicurò Schaefer che quella di Hearst era semplice fumo negli occhi con cui sviare l’attenzione, fu annunciata la distribuzione di Quarto Potere, come previsto. Non prima, però, di aver organizzato una proiezione privata preventiva a cui presero parte numerose personalità dell’industria e i rispettivi avvocati. L’obiettivo era capire il margine d’azione. Non a caso, da quella serata, la pellicola uscì sforbiciata di tre minuti – da 122 a 119 – in modo da salvare Quarto Potere dalle grinfie di Hearst.

Nel 1956 Quarto Potere fu oggetto di una riqualificazione critica grazie ad un articolo di André Bazin dei Cahiers du Cinéma
Nel 1956 Quarto Potere fu oggetto di una riqualificazione critica grazie ad un articolo di André Bazin dei Cahiers du Cinéma

Molti esercenti, tuttavia – tra cui la direzione dello stesso Radio City Music Hall di proprietà di RKO – si rifiutarono di proiettare il film alla sua prima perché sotto minaccia o per il timore di essere denunciati per diffamazione da Hearst. A marzo, dopo due mesi di impasse, Welles stesso minacciò il consiglio direttivo della RKO di una causa legale se non avessero distribuito Quarto Potere come d’accordo. E Schaefer era dalla sua parte. All’ennesimo ritardo, Welles si offrì di acquistare la sua pellicola per la cifra di un milione di dollari. A quel punto la RKO stessa si fece coraggio e accettò di presentare ufficialmente il film l’1 maggio 1941 all’RKO Palace Theatre di Broadway a New York. Furono organizzate altre due proiezioni tra Chicago (6 maggio) e Los Angeles (8 maggio), ma la risposta di pubblico non fu pienamente soddisfacente.

«Il film è un'enciclopedia di vecchie tecniche» (Georges Sadoul)
«Il film è un’enciclopedia di vecchie tecniche» (Georges Sadoul)

Furono ben poche le sale che scelsero di proiettare Quarto Potere, che non riuscì nemmeno a rientrare dei costi di produzione (839.727 dollari) Fu soltanto anni dopo, grazie al contributo critico di André Bazin dei Cahiers du Cinéma del 1956 in risposta a quello, ben più negativo (e totalmente fuori fuoco aggiungiamo noi nda) di Georges Sadoul del 1948 («Il film è un’enciclopedia di vecchie tecniche») che parlò perfino di plagio e di una narrazione come di un rimpasto senz’anima a metà tra i cinegiornali di Dziga Vertov e Greed – Rapacità di Erich von Stroheim, che il film fu finalmente riabilitato. A detta di Bazin: «Secondo questo principio l’accusa di plagio di Sadoul andrebbe estesa all’uso della pellicola pancromatica o allo sfruttamento delle proprietà dell’alogenuro d’argento gelatinoso. Anche se Welles non ha inventato gli espedienti cinematografici del film, ha solo dato loro un nuovo significato».

Nei cinema italiani il film fu distribuito il 25 novembre 1948
Nei cinema italiani il film fu distribuito il 25 novembre 1948

D’altra parte – ed è la storia a dircelo – quante altre opere cinematografiche hanno saputo dar vita ad una nuova era industriale, codificare un nuovo linguaggio filmico, incidere sull’immaginario collettivo e al contempo ispirare intere generazioni di spettatori e cineasti più di Quarto Potere di Orson Welles? Forse solo Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza nel 1977, ma quella è tutta un’altra storia. Di nuovo al cinema con I Wonder Classics.

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Qui sotto potete vedere una clip in esclusiva del film

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