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Indiana Jones e l’Ultima Crociata | Steven Spielberg, Sean Connery e le origini

Harrison Ford, il Graal, il successo e quel mancato omaggio a Leni Riefenstahl: genesi di un capolavoro

Indiana Jones e l'ultima crociata.
Harrison Ford e Sean Connery sul set de Indiana Jones e l'ultima crociata.

ROMA – «Voglio dire, l’intero motivo per cui è diventato un film padre-figlio è stato perché ero talmente spaventato dall’idea del Santo Graal al centro della narrazione che l’unica cosa che potevamo fare per farlo funzionare era spingere in quella direzione». Così parlò George Lucas a proposito del plot di Indiana Jones e l’Ultima Crociata di Steven Spielberg, uscito al cinema nel 1989 e che della saga di Indy è il terzo e (più) accattivante capitolo della trilogia: «Farlo così fu una grande sfida ma anche un grande rischio», spiegò ancora Lucas. «L’Arca dell’Alleanza de I Predatori era perfetta, le Sankara Stones de Il Tempio Maledetto troppo esoteriche, il Santo Graal forse troppo debole…». Ma però per certi versi era necessario, specie dopo il mezzo passo falso del precedente Indiana Jones e il Tempio Maledetto dai toni più maturi e cupi con un tono mal compreso da pubblico e critica.

Indiana Jones e l'Ultima Crociata fu presentato nei cinema statunitensi il 24 maggio 1989
Indiana Jones e l’Ultima Crociata fu presentato nei cinema statunitensi il 24 maggio 1989

Il Santo Graal come l’Arca dell’Alleanza quindi. In un ritorno alle origini narrativo e valoriale dell’oggetto scenico e del sapore dell’avventura che nel serrare le fila di quella che Lucas concepì da quell’estate del 1977 in cui propose a Spielberg l’idea de Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta come una trilogia, vede Indiana Jones e l’Ultima Crociata dar vita all’ennesima grande epica straordinaria che è ricongiunzione familiare, approfondimento del background narrativo di Henry Jones Jr. – con tanto di prologo con un già perfetto River Phoenix caldeggiato da Harrison Ford in persona come giovane Indy dopo Mosquito Coast e che darà poi il là al serial Le avventure del giovane Indiana Jones del 1992 – nella lotta al sempiterno nemico di Indy: i nazisti e i loro piani sovrannaturali di dominio del mondo («Nazisti… La odio questa gente»).

«Per colui che è malvagio, la coppa della vita non è che fonte di eterna dannazione»

Nel mezzo la solita perfezione registica spielberghiana che nel raccontare di padre e figlio Jones tra picchi di sentimentalismo e commedia brillante, trova il suo completamento in quel climax ormai leggendario fatto di intrighi, scelte («Tu hai scelto con molta saggezza, ma il Graal non dovrà mai oltrepassare il grande sigillo»), del cammino dell’uomo penitente («Solo l’uomo penitente potrà passare»), di un Santo Graal che: «Per colui che è malvagio, la coppa della vita non è che fonte di eterna dannazione», e infine di quel campo lungo con il sole calante, con gli eroi a cavallo nel deserto, che è sublime citazione alle albe e i tramonti di David Lean ne Lawrence d’Arabia (qui per il nostro Longform) che di Spielberg è il film del cuore (e della vita). Da dove nasce però l’idea alla base de Indiana Jones e l’Ultima Crociata? Facciamo un passo indietro…

Harrison Ford e Sean Connery sono Henry Jones Jr. ed Henry Jones Sr. in una scena de Indiana Jones e l'Ultima Crociata
Harrison Ford e Sean Connery sono Henry Jones Jr. ed Henry Jones Sr.

Perché, come dicevamo, la ricezione mista di quel sequel/prequel de Indiana Jones e il Tempio Maledetto che assieme a Gremlins diede vita al PG-13 nel suo spingere sull’acceleratore dell’attrattività al pubblico adulto tra esoterismo e scene action al cardiopalma, fece tornare Spielberg sui propri passi di spirito e tono nel delineare i contorni narrativi de Indiana Jones e l’Ultima Crociata tanto da decidere di non affidarsi ancora agli sceneggiatori William Huyck e Gloria Katz de Il Tempio Maledetto. Questo non impedì a Lucas di riproporre l’idea de «Un film su una casa infestata» precedentemente proposta per il capitolo precedente di Indiana – qui ricalibrata dalla sceneggiatrice Diane Thomas (All’inseguimento della pietra verde) – e che Spielberg rigettò per la stessa ragione del capitolo precedente: «Troppo simile a Poltergeist, per L’ultima crociata serve qualcosa di diverso».

L'indimenticabile campo lungo al tramonto nel finale de Indiana Jones e l'Ultima Crociata
L’indimenticabile campo lungo al tramonto nel finale del film

Lucas si ingegnò proponendo così l’idea del Santo Graal per il prologo de Indiana Jones e l’Ultima Crociata che immaginava ambientato in Scozia in modo che un simbolo, un artefatto cattolico fosse ben piantato su base pagana. Inizialmente Spielberg non sembrava particolarmente attratto all’idea del Graal, nemmeno dopo che Lucas ne ridefinì meglio i caratteri sulla scia de l’Arca dell’Alleanza parlando di poteri curativi e della capacità di garantire l’immortalità. Nel settembre 1984 Lucas completò un trattamento di appena otto pagine (titolo provvisorio: Indiana Jones e il Re Scimmia) che ben presto divennero undici, avente ad oggetto un misterioso fantasma in terra scozzese prima di trovare la Fonte della Giovinezza in Africa. In seconda battuta ecco Chris Columbus de Mamma ho perso l’aereo (qui per il nostro Longform) che sulla scia del trattamento di Lucas buttò giù un draft datato 6 agosto 1985 fatto di non-morti e nazisti.

«Voglio dire, l’intero motivo per cui è diventato un film padre-figlio?».

C’era un problema però, anzi due. Il draft di Columbus oltre a dare una rappresentazione negativa (e oltremodo razzista) dei nativi africani fece sentire Spielberg per la prima volta nella sua carriera: «Vecchio. Dopo averlo letto capì che ero troppo vecchio per girare un film del genere». Insoddisfatto, Spielberg personalizzò il concept de Indiana Jones e l’Ultima Crociata in modo che – un po’ sulla scia de Il Tempio Maledetto e quel tono cupo figlio della rottura temporanea con Amy Irving – riflettesse la gioia dell’esser diventato padre per la prima volta del piccolo Max Samuel. Scelse così – mantenendo il Santo Graal come punto focale del racconto – di costruirvi attorno una relazione padre-figlio come metafora della ricerca del manufatto come nella vita. Questa la consegna affidata allo sceneggiatore Menno Meyjes che con Spielberg aveva già collaborato per lo script de L’impero del sole.

«Tu hai scelto con molta saggezza, ma il Graal non dovrà mai oltrepassare il grande sigillo»

Per ottobre 1986 Meyjes ribaltò completamente la visione di Lucas raccontando di un Indiana Jones e l’Ultima Crociata con Indy che – dopo un prologo in Messico all’inseguimento della maschera mortuaria di Montezuma – va alla ricerca del padre tra Montségur, Venezia, Petra e nel mezzo una corsa matta sull’Orient Express. Elementi che saranno poi affinati nel draft successivo datato dicembre 1986 che avrebbe visto la ricerca del padre partire da Krak des Chevaliers, un leader nazista al femminile come villain di nome Greta von Grimm e perfino un demone nel sito del Santo Graal. Sentendo come quella fosse la strada giusta per L’ultima crociata Spielberg affidò a quel Jeffrey Boam autore dello script dell’immortale cult Salto nel buio di Joe Dante (qui per il nostro Revisioni) la stesura di un nuovo draft. Nelle successive due settimane rielaborò assieme a Lucas lo script di Meyjes mescolandone l’inerzia della ricerca.

In Italia Indiana Jones e l'Ultima Crociata fu distribuito il 6 ottobre 1989
In Italia il film fu distribuito il 6 ottobre 1989

A detta di Boam infatti: «Dato che è il terzo film della serie di Indiana Jones, non si poteva semplicemente finire con loro che ritrovano l’oggetto, è così che sono finiti i primi due film. Così ho pensato, lascia che perdano il Graal, sono loro due – padre e figlio – a doversi ritrovare: è una ricerca archeologica dell’identità di Indy nell’arrivare ad accettare che suo padre è più importante dell’artefatto». In questo draft datato settembre 1987, dall’essenza filmica non dissimile da ciò che sarà poi il definitivo Indiana Jones e l’Ultima Crociata, Indy recupera nel prologo una reliquia azteca in Messico, il padre (finalmente battezzato Henry Jones Jr.) fa squadra con la tedesca Elsa (Alison Doody) per la ricerca del Santo Graal e nel climax viene ferito (quasi) mortalmente da quello stesso nazista che poi berrà dal calice sbagliato, dissolvendosi.

Alison Doody è Elsa in una scena de Indiana Jones e l'Ultima Crociata
Alison Doody è Elsa

Parallelamente a una pre-produzione lunghissima che vide costretto Spielberg ad abbandonare la regia di Big (qui per il nostro Revisioni) e Rain Man – L’uomo della pioggia dopo oltre cinque mesi di lavoro sullo script assieme a Ron Bass – i cui appunti consegnò poi al subentrante Barry Levinson – la partecipazione di quel Sean Connery che di lì a poco avrebbe vinto il suo primo e unico Oscar come Miglior attore non protagonista ne The Untouchables – Gli intoccabili (qui per il nostro Longform) divenne ufficiale (superò in volata Laurence Olivier e Gregory Peck) aggiungendo intuizioni comiche alla caratterizzazione di Henry Jones Sr. L’idea inizialmente non andò giù a Ford: «Ho l’età giusta per interpretare mio padre. Sean ha solo dodici anni più di me. Per Indiana Jones e l’Ultima Crociata ho dovuto interpretare qualcuno di più giovane di me» dirà poi a lavorazione ultimata.

«Ho l’età giusta per interpretare mio padre. Sean ha solo dodici anni più di me…».

Cambierà rapidamente opinione, perché quell’alchimia scenica tra Ford e Connery non può proprio essere dissimulata da nessuna finzione cinematografica. Al punto che nel 2006, diciassette anni dopo Indiana Jones e l’Ultima Crociata, sarà proprio Ford a consegnare a Connery l’AFI’s Lifetime Achievement Award utilizzando queste parole: «John Wayne ci ha dato il West, Jimmy Stewart la nostra città, Tu, Sean, ci hai dato il mondo». Tornando a noi, il secondo draft di Boam datato 23 febbraio 1988, introdusse il prologo poi definitivo con Indiana in versione boy scout avventuriero, l’origine della cicatrice sul mento, del cappello, del soprannome ispirato al proprio animale domestico (proprio come fece Lucas con il suo Alaskian Malamute) introducendo il villain Walter Chandler, poi ribattezzato Walter Donovan (Julian Glover). Tra gli elementi poi scartati va segnalata la presenza della madre Martha e un cameo-omaggio della regista Leni Riefenstahl nella sequenza del raduno nazista a Berlino.

River Phoenix è il giovane Indiana Jones nel prologo de Indiana Jones e l'Ultima Crociata
River Phoenix è il giovane Indiana Jones nel prologo del film

Infine il terzo draft di Boam, datato 1 marzo 1988, con l’iconica scena di Henry che abbatte un aereo servendosi dei gabbiani («Improvvisamente mi sono ricordato il mio Carlo Magno: Lasciate che i miei eserciti siano le rocce, gli alberi e i pennuti del cielo») dalla costruzione d’immagine rievocativa di un altro grande film di David Lean: La figlia di Ryan del 1970. Spielberg però sentiva che c’era ancora qualcosa che non andava per quello che sarebbe dovuto essere Indiana Jones e l’Ultima Crociata nella sua visione. Dopo un draft non accreditato dello stesso Spielberg sotto la dicitura Amblin, toccò nientemeno che al drammaturgo Tom Stoppard sotto pseudonimo Barry Watson – che come Meyjes aveva già collaborato con Spielberg per L’impero del sole – ridefinire alcune transizioni sceniche, alcuni momenti (sua l’idea delle prove del Graal) in scrittura oltre che dare colore e carattere alle componenti dialogiche.

Indiana Jones e l'Ultima Crociata, un ritorno allo spirito avventuroso de I Predatori dell'Arca Perduta dopo il mezzo passo falso del cupo Il Tempio Maledetto
Indiana Jones e l’Ultima Crociata, un ritorno allo spirito avventuroso de I Predatori dell’Arca Perduta

Pagato 120.000 dollari come dialoghista a cui si aggiunse un milione di dollari a risultato finito, del suo contributo alla causa di Indiana Jones e l’Ultima Crociata – e in particolare dei confronti dialogici tra Henry Jones Junior e Senior – Spielberg dirà anni dopo: «Era una storia emozionante ma non volevo diventare troppo sentimentale. La disconnessione tra loro è stata la base per molte trovate comiche e ha dato molto da scrivere a Tom che non era accreditato, e ok, ma è praticamente responsabile di ogni battuta dello script». Al botteghino sarà un successo clamoroso. Presentato negli Stati Uniti il 24 maggio 1989, pur contro avversari di peso come Batman e Mr. Crocodile Dundee incassò ben 474 milioni di dollari world-wide, contro i 333 de Il Tempio Maledetto e i 384 de I Predatori dell’Arca Perduta risultando il più profittevole dei film della trilogia originale di Indiana Jones.

«John Wayne ci ha dato il West, Jimmy Stewart la nostra città, Tu, Sean, ci hai dato il mondo»

Ma non degli Indiana Jones in assoluto visti i 743 milioni di dollari de Indiana Jones e Il Regno del Teschio di Cristallo del 2008. Quel quarto capitolo poco apprezzato che in origine avrebbe dovuto vedere proprio Sean Connery tornare nei panni di Henry Jones Sr. dopo le gesta de Indiana Jones e l’Ultima Crociata. E sarebbe stato un coming-back clamoroso specie considerando che Connery aveva scelto di ritirarsi dalle scene dopo La leggenda degli uomini straordinari del 2003. La sua malattia però scelse diversamente, negandoci di poter godere un’altra volta dell’energia padre-figlio scenica Ford-Connery e costringendo Lucas e lo sceneggiatore David Koepp a riscrivere in corsa lo script del quarto capitolo modificando le fattezze caratteriali Henry Jones Sr. in quelle insipide e rattoppate del Professor Oxley (John Hurt), così da rendere indirettamente Indiana Jones e l’Ultima Crociata ancora più speciale di quanto non lo sia già…

  • LONGFORM | Il Tempio Maledetto, Spielberg e quel capitolo imperfetto
  • PREVIEW | Indiana Jones 5, perché può essere un grande film
  • LONGFORM | I Predatori dell’Arca Perduta e la genesi del mito 

Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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