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La regola del silenzio | Robert Redford e la rivoluzione dei Weather Underground

Basato sul romanzo di Neil Gordon il film intreccia verità e finzione in un thriller politico

ROMA – «You don’t need a weatherman to know which way the wind blows». Che tradotto suona così: «Non hai bisogno di un meteorologo per sapere da che parte soffia il vento». Un verso contenuto in Subterranean Homesick Blues, brano del 1965 di Bob Dylan da cui un gruppo di studenti del campus di Ann Arbur, nel Michigan, prese ispirazione per il nome della loro organizzazione, conosciuta come Weather Underground. Un gruppo della sinistra radicale statunitense che negli anni Sessanta, in forte opposizione alla guerra in Vietnam e vicini alle tesi del black power, compì attentati dimostrativi (e senza vittime) nel Paese. Ai loro attacchi è legato La regola del silenzio (lo trovate su CHILI), film del 2013 diretto e interpretato da Robert Redford.

La regola del silenzio
Robert Redford in una scena de La regola del silenzio

Un film basato sul romanzo di Neil Gordon, adattato per lo schermo da Lem Dobbs, che racconta la storia di Jim Grant (Redford), avvocato e un padre single dei sobborghi di Albany, NY. La sua esistenza viene sconvolta quando un giovane reporter, Ben Shepard (Shia LaBeouf), svela la sua vera identità, un pacifista radicale che negli anni Settanta manifestava contro la guerra insieme ai Weather Underground ed è tuttora ricercato per omicidio. Dopo aver vissuto per oltre 30 anni in clandestinità, Grant deve darsi alla fuga, perché è al centro di una gigantesca caccia all’uomo dell’FBI. Ma deve anche riuscire a trovare l’unica persona in grado di scagionarlo.

Shia LaBeouf è il giornalista Ben Shepard

«I segreti sono una cosa pericolosa, Ben. Pensiamo tutti di volerli conoscere. Ma se ne hai mai avuto uno, allora saprai che significa non solo conoscere qualcosa su un’altra persona, ma anche scoprire qualcosa su noi stessi». Una frase pronunciata da Grant e diretta a quel giovane reporter determinato a diventare famoso con la sua inchiesta su un uomo che per trent’anni ha custodito più di un segreto. «Il romanzo mi ha aperto gli occhi. Sapevo che sarebbe stato difficile da adattare, ma anche che avrebbe dato vita a un grande film e che fornisse la possibilità di approfondire un evento che fa parte della storia americana» ha raccontato Redford.

Una scena del film

«Non solo potevamo osservare questa realtà, ma anche approfondire e osservare il modo in cui queste persone vivono trent’anni dopo. Grant è scappato di prigione, si è costruito una falsa identità, ma il dolore di un tempo lo ossessionerà per sempre. Come fanno queste persone ad andare avanti? Loro cambiano o rimangono gli stessi? Per me era questa la storia interessante da raccontare. Non parlavo tanto del movimento contro la guerra, perché quello appartiene alla storia». Così La regola del silenzio si muove tra le atmosfere del thriller politico ispirandosi a fatti realmente accaduti che diventano il pretesto per raccontare una storia umana fatta di ossessione, ricordi ed emozioni.

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