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Effetto Notte | Quella volta che François Truffaut ci ricordò perché amare il cinema

Presentato a Cannes nel 1973 il film è la più nobile espressione possibile di metacinema. Ma perché?

Effetto Notte
François Truffaut e Jacqueline Bisset in Effetto Notte, presentato a Cannes nel 1973.

ROMA – Per una volta partiamo dalla fine, perché dopo il 24 maggio 1973 che vide la distribuzione nelle sale francesi di Effetto notte, dieci giorni dopo la presentazione fuori concorso a Cannes il 14 maggio, François Truffaut ricevette una lettera nientemeno che dall’amico nemico Jean-Luc Godard che obiettava sul modo in cui il film descrive il cinema, dandogli del bugiardo: «Probabilmente nessuno ti dirà che sei un bugiardo, così lo faccio io e non è affatto un insulto fascista, è una critica». Perché? Per un motivo ben preciso: assecondare quello stesso cinema mainstream che al tempo della militanza critica ai Cahiers du Cinéma era fonte di schernimento e dibattito tra i due autori: «Dici che i film sono dei grandi treni nella notte, ma chi prende il treno, in che classe, e chi lo guida con la spia della direzione di fianco? Anche loro fanno i film treni…».

Effetto notte fu presentato Fuori Concorso a Cannes26 il 15 maggio 1973
Effetto notte fu presentato Fuori Concorso a Cannes26 il 15 maggio 1973

La critica di Godard si articola poi nei dettagli del film, in ciò che Truffaut ci racconta come verità e continua ad accusare la menzogna del regista: «Sei un bugiardo, perché la tua inquadratura con Jacqueline Bisset, da Francis, l’altra sera, nel film non ci sarà, e ci si chiede come mai il regista sia l’unico che non scopa in Effetto Notte, e poi come numera il materiale la tua tirocinante, come porta le borse il tizio dell’Éclair, come il vecchietto della Publidécor dipinge le chiappe del Tango, come risponde la telefonista di Rassam, come allinea le cifre il contabile di Malle, e ogni volta si mette in rapporto il suono e l’immagine, il suono del facchino e il suono della Deneuve che egli sta portando, il numero di Léaud nel suo anello di pellicola, e il numero di previdenza sociale della tirocinante non pagata…».

I titoli di testa di Effetto notte
I titoli di testa di Effetto notte

Poi una proposta. Visto il successo di Effetto Notte e della sua non-verità, Godard propose a Truffaut un film sul suo processo di realizzazione con Truffaut in produzione, Godard alla regia ed entrambi co-autori dello script: «Il film costa circa 20 milioni ed è prodotto da Anouchka e da TVAB Films. Puoi entrare in coproduzione per 10 milioni? Per 5 milioni? Visto Effetto Notte, dovresti aiutarmi, perché gli spettatori non credano che i film si fanno solo come i tuoi. Tu non sei un bugiardo, come Pompidou, come me, tu dici la tua verità». Nonostante i toni spigolosi nella lettera di Godard c’era un particolare romantico. Il mittente della lettera corrispondeva infatti al nome di Jacques Daniel-Norman, un regista semi-sconosciuto di cui Godard e Truffaut erano ammiratori da giovani, quasi a voler indicare un ritorno a un’epoca più semplice in cui fare cinema era un sogno nel cassetto. Servì a ben poco.

Jean-Pierre Léaud, Jacqueline Bisset e François Truffaut in una scena di Effetto notte
Jean-Pierre Léaud, Jacqueline Bisset e François Truffaut

Truffaut ignorò questo accenno, sentendosi insultato dal contenuto della lettera e dalle parole espresse su Effetto Notte tanto da definire Godard avvilente e pretenzioso: «Ti comporti come una me*da. Me ne stra-sbatto di quel che pensi di Effetto Notte, quel che trovo penoso da parte tua è il fatto di andare, ancora oggi, a vedere un film come quello, film di cui conosci in anticipo il contenuto che non corrisponde né alla tua idea del cinema né alla tua idea di vita. Forse Jean-Edern Hallier scriverebbe a Daninos per dirgli che non è d’accordo col suo ultimo libro? Tu hai cambiato la tua vita e la tua testa, eppure continui a perdere un sacco di ore al cinema per stancarti gli occhi. Perché? Per trovare di che alimentare il tuo disprezzo per noi tutti, per rafforzarti nelle tue nuove certezze? Tocca a me adesso darti del bugiardo».

Per il cinema, da quella parte: l'inizio del sogno di Effetto notte
Per il cinema, da quella parte: l’inizio del sogno di Effetto notte

La lettera in risposta si articola poi in una serie di invettive ed episodi sgradevoli compiuti da Godard negli anni, quel che è certo è che lo scambio epistolare tra lo yin e lo yang della Nouvelle Vague pose per sempre fine alla loro amicizia. Qualcosa di cui si pentì amaramente Godard, specie considerando la morte prematura di Truffaut nel 1984, al cui funerale si espresse usando parole al miele verso il suo ex amico. Cinqunt’anni dopo, una cosa possiamo dirla con sicurezza: Effetto Notte non meritava un simile trattamento critico da parte di Godard o da nessun’altro. Un’opera preziosa di purissimo metacinema che è omaggio deferente e appassionato alla magia della Settima Arte fatto di freschezza, autoironia e incanto in un gioco di simbiosi tra realtà e finzione che vede Truffaut e i suoi collaboratori vestire i panni dei propri alter-ego scenici.

«Che cos'è un regista? Un regista è uno a cui vengono fatte in continuazione domande su qualsiasi cosa, a volte lui sa la risposta, a volte no»
«Che cos’è un regista? Un regista è uno a cui vengono fatte in continuazione domande»

Come Truffaut ad esempio, che tenne per sé, chiaramente, la parte di Ferrand, il regista del film-nel-film Vi presento Pamela, ruolo da lui definito così: «Uno a cui vengono fatte in continuazione domande su qualsiasi cosa, a volte lui sa la risposta, a volte no». Jean-Pierre Léaud, manco a dirlo, è Alphonse, feticcio attoriale di Ferrand alla maniera del sodalizio con Truffaut e l’ormai mitico ciclo di Antoine Doinel, ma gli esempi in Effetto notte sono molteplici. Basti pensare a Jean-François Stévenin che nel film interpreta il ruolo del primo assistente alla regia di Vi presento Pamela ma che nella realtà era il secondo assistente alla regia di Truffaut. Poi c’erano anche le eccezioni, come una giovanissima Nathalie Baye nei panni della sceneggiatrice Joëlle – alter-ego della sceneggiatrice Suzanne Schiffman – talmente convincenti e ben interpretati da sempre vere maestranze.

Jean-Pierre Léaud, Jean-Pierre Aumond, Jacqueline Bisset e Valentina Cortese in una scena del film
Jean-Pierre Léaud, Jean-Pierre Aumond, Jacqueline Bisset e Valentina Cortese

Chiedere in proposito a Billy Wilder che da principio credeva che Joëlle/Nathalie Baye fosse per davvero una collaboratrice di fiducia di Truffaut. Sulle prime la Baye sembrerebbe non abbia preso bene il fraintendimento di Wilder, salvo poi rendersi conto che forse era il miglior commento possibile. Dedicato alla memoria dell’attrice del cinema muto Dorothy Gish scomparsa appena cinque anni prima e alla sorella di lei, Lilian, anch’ella attrice – «Le prime due attrici del cinema» secondo Truffaut – Effetto notte deve il suo titolo curioso a una particolare tecnica cinematografica utilizzata per far sembrare serali o notturne delle scene in esterna girate di giorno ottenuto con la sottoesposizione della pellicola – e il soggetto ritratto in controluce – e l’applicazione di filtri polarizzatori e colorati davanti all’obiettivo (rosso e verde per i negativi in bianco e nero, blu per quelli a colori).

Il cast (quasi) al completo
Il cast (quasi) al completo di Effetto notte

Per l’idea alla base di Effetto notte invece, bisogna tornare indietro a pochi anni prima, precisamente al 1971 de Le due inglesi. Durante la post-produzione immaginò un film che potesse fare ciò che ha fatto il suo Fahrenheit 451 per i libri, ovvero: «Mostrare perché è bello amare il cinema». Gli venne subito in mente il suo film preferito, Cantando sotto la pioggia e per un motivo ben preciso: «Sapeva mostrare come tutte le persone coinvolte in un film non fossero solo il regista e la star», manco a dirlo, l’ispirazione principale di Effetto notte al pari del felliniano e dell’irresistibile Il bruto e la bella di Vincente Minnelli. Ciò che voleva Truffaut da Effetto notte però è che venisse realizzato: «Con uno spirito di amicizia per tutte le persone nel mondo del cinema».

La memorabile sequenza dei libri di cinema di Effetto notte tra Luis Buñuel, Carl Theodor Dreyer e Jean-Luc Godard
La sequenza dei libri di cinema di Effetto notte tra Luis Buñuel, Carl Theodor Dreyer e Godard

Negli anni le voci circa l’idea alla base del film andarono a moltiplicarsi. Come sul finire degli anni Settanta, quando i rumors davano Truffaut vicinissimo alla regia di Professione Pericolo – poi diretto da Richard Rush nel 1980 – e per un motivo ben preciso. Il romanzo da cui era tratto (The Stunt Man di Paul Brodeur del 1970) si diceva fosse la causa indiretta dello script di Effetto notte per via di similitudine tematiche ed eventi scenici, manco a dirlo erano tutte fandonie. Perché Effetto notte è l’espressione del pensiero critico di Truffaut del cinema come opera d’arte, discendente diretto della tradizione dei vari Luis Buñuel, Carl Theodor Dreyer, Ingmar Bergman, Alfred Hitchcock, Jean-Luc Godard suo malgrado, Ernst Lubitsch, Roberto Rossellini – il cui Roma Città Aperta rappresentò i natali tematici della Nouvelle Vague – e Robert Bresson, tutti espressamente citati in forma letteraria.

«Appartengo alla generazione che ha capito di voler fare il regista vedendo Quarto potere»
«Appartengo alla generazione che ha capito di voler fare il regista vedendo Quarto potere»

Non ultimo Orson Welles che in Effetto Notte è il protagonista indiretto di quella meravigliosa sequenza del sogno ricorrente di Ferrand/Truffaut dal bianco-e-nero sgranato e onirico, che nel sognare sé stesso da bambino che ruba avidamente dalla bacheca di un cinema parigino foto di frame di Quarto potere, va a cristallizzare su immagine la più pura e geniale manifestazione d’amore e di riconoscenza possibile verso Welles e il suo credo artistico, il vero Maestro dietro alla chiamata di Truffaut: «Appartengo alla generazione che ha capito di voler fare il regista vedendo Quarto potere». Dalla loro, i cinquant’anni di Effetto notte – e il suo gioco di parole tra La nuit américaine (la notte americana) e L’ennui américain (la noia americana) del titolo originale – hanno il merito di scuotere le coscienze critiche invitandoci a riconoscere l’artificiosità del cinema.

François Truffaut e Jacqueline Bisset in una scena del film
François Truffaut e Jacqueline Bisset

Ma soprattutto, come tutte le opere di metacinema nate dalla spontanea esigenza del regista-autore di testimoniare ciò che lo ha fatto innamorare del mezzo filmico, ci ricordano come il cinema a volte sia più importante della vita per chi lo fa, o per dirla con la frase-manifesto della sua scena madre: «I film sono più armoniosi della vita, non ci sono intoppi, non ci sono rallentamenti, i film vanno avanti come i treni, capisci? Come i treni nella notte. La gente come me, come te, siamo fatti per essere felici nel nostro lavoro nel cinema». E in fondo anche come noi, oggi come ieri, mezzo secolo dopo, con la testa ancora dentro un film sul cinema e la sua essenza.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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