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Pulp Fiction e quella volta che Samuel L. Jackson rimase quasi senza parte

Il primo incontro con Tarantino, Le Iene e quindi il provino per Pulp Fiction. Che stava saltando…

Jules e Vince: Samuel L. Jackson e John Travolta in Pulp Fiction.

LONDRA – Il cinema, si sa, è da sempre leggenda mescolata sapientemente alla realtà e quindi è inevitabile che anche (anzi, soprattutto) decenni dopo l’uscita di un film continuino a girare storie e aneddoti sui cult di ieri e di oggi, quasi come fosse un modo per riviverli. Da questo punto di vista, Pulp Fiction (che trovate su Netflix e Paramount+) – come molti film diretti da Quentin Tarantino, forse quasi tutti – non è una semplice pellicola, ma una miniera di racconti, battute, gossip e notizie che vengono riprese e tramandate, spesso trasformate. In mezzo a tante cose false però, molte sono vere e la più clamorosa (soprattutto per come sarebbe diventato il film) è quella che riguarda Samuel L. Jackson.

pulp fiction
Il personaggio di Jules dipinto su un muro a Charleston.

Andiamo con ordine. Nel film l’attore interpreta Jules Winnfield, apparentemente solo un sicario di Inglewood (lo dice lui stesso), che riscuote e non fa troppe domande. In realtà conosceremo poi il suo aspetto mistico, le citazioni della Bibbia e il suo destino. Il personaggio di Jules – per cui Jackson prese la sua unica nomination all’Oscar, poi andato a Martin Landau per Ed Wood – è uno dei punti di forza di Pulp Fiction, un ruolo talmente solido da valere da solo un pezzo di film e capace poi di contaminare trent’anni di cultura pop, tra graffiti e citazioni in film e canzoni (perfino versione COVID-19). Peccato però che la parte era già praticamente assegnata a qualcun altro: Paul Calderón.

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Un’altra apparizione: a Londra, a Marylebone.

Fu lo stesso Jackson a ricordare tutto qualche anno fa in un’intervista: «Conobbi Tarantino nel 1992 al provino per Le Iene», ricordò, «Provai ad avere la parte di Holdaway, il poliziotto che addestra Mr Orange sul terrazzo e gli insegna la storia della droga. Andò poi a Randy Brooks, ma con Quentin ci siamo piaciuti immediatamente e abbiamo cominciato a frequentarci a Los Angeles per discutere soprattutto di film asiatici, una comune passione. Poi, un giorno, mi dice che sta scrivendo un ruolo nel suo nuovo film, Pulp Fiction, un ruolo che sarebbe perfetto per me e che in parte è ispirato a me». Tutto a posto, quindi? No. Siamo nel 1993 e Jackson ha già 45 anni, è reduce da molti piccoli ruoli (lo ricordate in Fa’ la cosa giusta di Spike Lee?) e da una tossicodipendenza che lo ha quasi ucciso.

A Madrid, Jules & Vince in Pulp Fiction versione Coronavirus.

Passano un paio di settimane e Tarantino spedisce la sceneggiatura a Jackson che rimane folgorato. Quel ruolo è perfetto. Le cose sembrano ormai decise, ma un mese dopo Jackson ritrova Lawrence Bender, produttore e socio di QT, sul set di un altro film. Gli confida che lui e il regista hanno visto anche un altro attore per il ruolo di Jules: si chiama Paul Calderón e Tarantino lo aveva notato ne Il cattivo tenente di Abel Ferrara. «Quando l’ho saputo sono andato su tutte le furie: io pensavo che il provino fosse solo una formalità», ha ricordato Jackson. «Quindi cosa ho fatto? Ho preso il primo aereo per Los Angeles, l’ho chiamato per farmi fare un secondo provino e mi sono ripreso la mia fottuta parte». Il resto della storia lo conoscete…

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