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Philip Seymour Hoffman e l’assenza incolmabile di un talento straordinario

Da Truman Capote a L’arte di vincere: 7 film con cui ricordare l’attore a dieci anni dalla scomparsa

Philip Seymour Hoffman non è più con noi, ma il suo talento e le sue performance restano un imprescindibile punto di riferimento artistico
Philip Seymour Hoffman non è più con noi, ma il suo talento e le sue performance restano un imprescindibile punto di riferimento artistico

ROMA – C’era una parte che Philip Seymour Hoffman adorava della recitazione e del ruolo dell’attore: «La cosa che preferisco della recitazione? Stare da solo, leggere le sceneggiature, lavorarci sopra, prendere idee e pormi domande, cercarle fuori da me stesso, ricercare, arrivare al fondo di qualcosa ed essere creativo con esso come attore e come farlo. esprimerlo in modo creativo. Questa è la mia parte preferita. E la sua effettiva recitazione». Un artista, ma soprattutto un uomo, complesso, stratificato, eccezionale sullo sfondo (come dimenticare il suo Brandt in Il Grande Lebowski, o il fluffer Scotty J. in Boogie Nights), formidabile nel corale (I Love Radio Rock), come antagonista machiavellico (L’arte di vincere – Moneyball e The Master) e come protagonista umano e denso (Truman Capote, Synecdoche – New York).

Quella scena di The Master, Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman, un dialogo serrato e una gara tra talenti
Quella scena di The Master, Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman, un dialogo serrato e una gara tra talenti

Una mole spirituale e artistica, quella di Hoffman, messa in funzione di un talento mutevole e colorato, incapsulato, però, nelle forme di un uomo dannatamente fragile: «Probabilmente sono più personale quando recito che in qualsiasi altro momento. Più aperto, più diretto. Perché mi permette di essere qualcosa con cui non riesco sempre a sentirmi a mio agio quando vivo la mia vita, sai? Perché è finto». In quella vita non riuscì mai a trovarcisi a suo agio Hoffman. Esattamente dieci anni fa, il 2 febbraio 2014, scomparve all’età di 46 anni per gli effetti di un’overdose da speedball. Un mix di eroina, cocaina e benzodiazepine. Dieci anni dopo, noi di Hot Corn vogliamo ricordarlo con una selezione di film con cui provare a tamponare il dolore dell’assenza…anche solo per un po’.

Synecdoche, New York: forse la migliore performance di Philip Seymour Hoffman
Synecdoche, New York: forse la migliore performance di Philip Seymour Hoffman

numero uno_cinema TRUMAN CAPOTE – A SANGUE FREDDO, di Bennett Miller – Non si può non iniziare dalla performance che gli valse l’Oscar al Miglior attore protagonista nel 2006. Philip Seymour Hoffman alla prova del nove: Truman Capote, e con esso tutto il bagaglio di talento, maestria e fragilità di una delle figure più importanti del XX° Secolo. Fu inevitabile consacrazione. Il film di Miller resta, diciannove anni dopo, una delle pellicole più interessanti del genere biopic, canonico quanto basta, incisivo dove necessario, specie nell’approfondire il processo creativo dietro alla genesi di A sangue freddo, l’ultimo atto letterario di Capote. Dove vederlo? Prime Video

numero due BOOGIE NIGHTS, di Paul Thomas Anderson – Ascesa e caduta di Eddie Adams aka Dirk Diggler (Mark Wahlberg). Forse il meno chiacchierato dei film di Anderson, eppure uno dei più fantasiosi nel raccontare di meta-cinema, pornografia e sogni cinematografici in videocassetta. Fu la seconda collaborazione tra Anderson e Hoffman (per la prima chiedere a Sydney, l’esordio del 1996). A rubare la scena fu il Jack Horner di Burt Reynolds, ma il fluffer Scotty J. resta uno dei personaggi più curiosi mai apparsi nella sterminata (e bellissima!) filmografia dell’autore losangelino. Qui per il nostro Longform. Dove vederlo? Prime Video

numero tre_cinema ONORA IL PADRE E LA MADRE, di Sidney Lumet – Qui si viaggia veramente su vette di cinema altissime. Hoffman veste i panni di Andy Hanson, dirigente immobiliare disperatamente in cerca di denaro che convince il fratello minore Hank (un grande Ethan Hawke), divorziato e pieno di debiti, a rapinare la gioielleria dei genitori Charles (Albert Finney) e Nanette (Rosemary Harris) a Westchester. L’atto finale del cinema di Lumet è senz’altro uno dei più grandi e preziosi film degli ultimi quindici anni per ritmo e cura scenica. Dove vederlo? Prime Video

numero quattro I LOVE RADIO ROCK, di Richard Curtis – Il 1966 inglese, una radio pirata che trasmette ventiquattr’ore al giorno da una nave ancorata nel mare del Nord, la musica migliore di sempre (e che ancora oggi ascoltiamo, tutti nda) e un cast stellare formato da Bill Nighy, Rhys Ifans, Nick Frost, Kenneth Branagh, Tom Sturridge, Chris O’Dowd, Rhys Darby, Gemma Arterton, Emma Thompson, ma soprattutto Philip Seymour Hoffman nei panni del mitologico speaker Il Conte, uno dei più grandi feel-good-movie della sua epoca (e forse di tutti i tempi). Qui per il nostro RockCorn. Dove vederlo? Apple Tv+

numero cinque_cinema THE MASTER, di Paul Thomas Anderson – Cinque anni dopo Il Petroliere (ve ne avevamo parlato qui) Anderson realizza un’opera strabiliante liberamente ispirata alla vita di L. Ron Hubbard, fondatore di Scientology, a quella di John Steinbeck e da alcune storie che Jason Robards gli aveva raccontato nei suoi giorni in Marina durante la guerra. Il resto è un’autentica gara di talento tra Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman culminata in quella straordinaria scena della macchina della verità che li vede lì, faccia a faccia, come fosse un incontro di boxe dialogico. Tra i momenti di cinema più strabilianti del secondo decennio degli anni Duemila. Nei panni di Lancaster Dodd, Hoffman ottenne la quarta nomination agli Oscar. Dove vederlo? NOW

numero sei SYNECDOCHE, NEW YORK, di Charlie Kaufman – Philip Seymour Hoffman veste qui i panni di Caden Cotard. Un regista teatrale con sintomi da ipocondriaco alternati a manifestazioni di patologie reali. La sua vita familiare, lavorativa e nel rapporto con sé stesso presenta conflitti e problematiche, che si evolvono e mutano lungo un percorso privo di riferimenti spazio-temporali, durante il quale si sviluppa il suo cambiamento, interno ed esterno. L’ennesima grande pellicola fluviale di Kaufman qui all’esordio da regista. Una performance straordinaria quella di Hoffman, poco celebrata, totalmente al servizio di una narrazione tipicamente Kaufman: spiazzante, straniante, onirica e colorita quanto basta. Dove vederlo? CHILI

numero sette_cinema L’ARTE DI VINCERE, di Bennett Miller – La storia la conosciamo bene. Il baseball, ovvero lo sport più romantico di tutti i tempi, la parabola di Billy Beane (un Brad Pitt da Oscar), general manager degli Oakland Athletics, la dolcissima Enjoy The Show cantata nei titoli di coda dalla figlia Casey (Kerris Dorsey) e la magia degli outsider resa grande a mezzo filmico. Quello che forse non tutti ricordano, però, è che nel cast c’era anche Hoffman nei panni del burbero coach degli Athletics, Art Howe, che ingaggerà una guerra all’ultimo inning con Beane e i suoi metodi di lavoro rivoluzionari. Qui per il nostro SportCorn. Dove vederlo? Netflix

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