MILANO – Desta sempre curiosità quando un intellettuale sfrutta canali alternativi a quelli che gli son più congeniali per dare enfasi a quanto racconta. È questo probabilmente il motivo di maggior interesse di Tra due mondi, il nuovo film di Emmanuel Carrère che, a dire il vero, è ben più noto per la sua attività letteraria. Alla sua terza regia, Carrère adatta per lo schermo il romanzo-inchiesta di Florence Aubenas La scatola rossa (edito in Italia da Piemme). Più di un decennio fa, Aubenas si fece assumere, sotto mentite spoglie, come donna delle pulizie sui traghetti che attraversano la Manica per indagare sulle condizioni lavorative di chi vi operava. Ne emerse un best-seller che fece luce su una situazione penosa, oggi finalmente trasposta sullo schermo in tutta la sua drammaticità.

La protagonista Marianne (Juliette Binoche) è una scrittrice affermata che, per il suo libro successivo, prende la decisione radicale di presentarsi all’ufficio di collocamento, senza dichiarare la sua identità e facendosi così assumere come donna delle pulizie sul traghetto della Manica. Lavorare lassù sarà l’occasione per conoscere i ritmi massacranti di un’attività estenuante e umiliante, ma sarà al contempo motivo di incontro con la più alta e pura solidarietà femminile, che mai conosce confini. A volere ardentemente questa pellicola è stata in origine la leggendaria Juliette Binoche, unica attrice ad aver vinto l’Oscar e i premi per la miglior interpretazione femminile a Venezia, Cannes e Berlino. Son passati più di dieci anni dalla pubblicazione del libro-inchiesta, ma lei ha tenacemente resistito alle ritrosie della Aubenas a concederle i diritti, finché la scrittrice non ha accettato, auspicando tuttavia fosse il collega Carrère a dirigerne l’adattamento.

Pur con l’impiego di attori non professionisti a fianco della Binoche, nasce dunque un film che, nella poetica del regista, non vuole essere strettamente documentaristico, ma volto altresì a indagare le emozioni di chi si muove sulla scena. La scelta di rendere Marianne una scrittrice più che una giornalista è anch’essa motivata dall’esigenza di Carrère di sentire il personaggio più vicino a se stesso e al suo modo di raccontare. Tra i punti di interesse de Tra due mondi figura la necessità di dare voce a chi non la ha. Il film, come il recente Parigi, tutto in una notte, cerca perlappunto di rendere manifesto (o perlomeno possibile) un incontro tra il mondo che Marianne abitualmente frequenta e quello in cui, con coraggio, decide di installarsi. Sono due realtà che coesistono (anche a bordo dello stesso traghetto), ma che spesso si ignorano del tutto: da un lato c’è chi ha il privilegio di potersi dedicare ad un mestiere intellettuale, dall’altro c’è chi deve accettare un lavoro massacrante e malretribuito, perché impossibilitato a far altro.

Ma accanto alla vocazione sociale della pellicola che la avvicina al cinema di Loach, Cantet e Brizé, non è meno importante la dimensione emotiva che Carrère è interessato a rappresentare. Se infatti inevitabile sarà per Marianne instaurare dei rapporti di vera sorellanza con le colleghe, altrettanto vibrante e complessa dovrà essere la tensione creata dal non poter mostrarsi del tutto trasparente rispetto alla sua missione e alla sua identità. Vale la pena in ultimo registrare quanto la produzione francese più recente si stia tanto focalizzando su tematiche sociali, testimonianza di una sentita necessità da parte della cultura di farsi portavoce del forte disagio della società francese meno abbiente. Se il cinema si conferma dunque un perfetto narratore dei nostri tempi, è parimenti doveroso porre l’attenzione sui segnali che sta al momento lanciando al suo pubblico.
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Tra Due Mondi, il trailer del film:
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