ROMA – Ėduard Limonov è stato, allo stesso tempo, attivista, rivoluzionario, dandy, delinquente, maggiordomo e senzatetto, poeta arrabbiato e bellicoso, agitatore politico e romanziere della sua grandezza. La vita di Limonov, come una scia di zolfo, è un viaggio tra le strade di Mosca e i grattacieli di New York, dai vicoli di Parigi al cuore della Siberia, dritto nel cuore storico e politico del XX secolo. Tratto dal bestseller di Emmanuel Carrère, ecco Limonov di Kirill Serebrennikov con un grande (come sempre) Ben Whishaw, Viktoria Miroshnichenko e Tomas Arana. Dopo essere stato presentato in concorso alla 77esima edizione del Festival di Cannes, il film arriverà al cinema con Vision Distribution a partire dal 5 settembre.
Un progetto chiacchierato e a lungo rincorso, Limonov, da quasi dieci anni. Undici per la precisione, cioè da quando Wildside riuscì ad aggiudicarsi i diritti di utilizzazione economica del romanzo di Carrère nel 2013 (edito in Italia da Adelphi nel 2012), con Saverio Costanzo scelto per adattarlo e trasporlo in materia filmica. Questo fino al 2015, quando Costanzo decise di fare un passo indietro perché non si sentiva «A proprio agio con un soggetto così russo» lasciando Limonov in un breve ma intenso limbo produttivo. Nemmeno due anni dopo, infatti, ecco Paweł Pawlikowski (Cold War, Ida) assieme allo sceneggiatore Ben Hopkins ripartire dal draft di Costanzo per poi andare verso territori altri.
Nel pieno della pre-produzione, però – con tanto di Grigorij Dobrygin scelto per prestare volto-e-corpo all’agente scenico principe – anche Pawlikowski decise inaspettatamente di fare un passo indietro. Infine proprio Serebrennikov che volle optare per una soluzione di rottura: realizzare il film in lingua inglese in modo da fornire la distanza necessaria a rappresentare Limonov alla maniera di Carrère che scrisse il romanzo per dei lettori occidentali: «Vorrei sottolineare ancora una volta che questo non è un film biografico su questo scrittore, Eduard Limonov, è un adattamento cinematografico del libro di Emmanuel Carrère ed Emmanuel Carrère ha creato questo personaggio basandosi sui personaggi lirici dei libri di Limonov».
Un espediente creativo così descritto da Serebrennikov: «Ha scritto lui stesso del suo personaggio, ha scritto di questi altri personaggi; quindi, se vuoi, è una tripla creazione: hai la creazione di Limonov, quella di Carrère e poi la mia. In tal senso, il film si intitola Limonov: The Ballad – con due L – perché per me è una vera ballata. Il nome è rimasto perché ci riferiamo, chiaramente, all’opera di Carrère, ma anche perché non volevo realizzare un semplice biopic: è una ballata basata sul romanzo», che a sua volta è tutt’altro che una semplice biografia: è una folle e immersiva raccolta di avventure al limite che Carrère riesce a far vivere al lettore in prima persona attraverso la sua prosa.
Il risultato è il ritratto caratteriale di un Eduard Limonov tanto eroe quanto carogna e capo carismatico, avvincente e nero, scandaloso e scapigliato, amaro e sorprendente – ma anche commuovente e ripugnante (ma mai mediocre e sempre nobile) nella sua anima di metallo – protagonista di una vita romanzesca e spericolata su cui si riflettono i mutamenti socio-culturali dell’Europa del Secondo Dopoguerra, restituitaci da Carrère senza filtri e senza mai prendere posizione alcuna. Da queste premesse, Serebrennikov costruisce un Limonov come poema filmico inciso di immagini come istantanee di un tempo perduto che viaggiano tra passato e presente – realtà, finzione e fantasiose intuizioni – nel caos di una narrazione di pura energia rock.
C’è tutto in Limonov d’altronde, c’è la politica, la guerra e la rivoluzione, l’amore che può corrodere fino a fare impazzire e la rinascita, la rabbia cieca e la pazzia, la New York di Taxi Driver e la Mosca di Putin. E la storia che scorre dinanzi ai nostri occhi, e la morte, la vita e le mille vite di Limonov rese arte dalla magia del cinema e da un Whishaw trasformista eccezionale, intenso e straripante. Ma soprattutto inedito, perché qui ha veramente alzato l’asticella verso qualcosa di veramente difficile da eguagliare in termini artistici e recitativi. A volervi cercare il pelo nell’uovo, però, a mancare nell’opera di Serebrennikov è forse una certa cura del dettaglio in termini di scrittura.
La scelta di un’impronta autoriale diretta verso un biopic che in verità non è un vero biopic ma un adattamento letterario viene tradotta da Serebrennikov in immagini lucide, nitide, senza filtri e censure, raccontate però attraverso un occhio esterno che resta in superficie, puntando più sulla spettacolarizzazione che non sul loro approfondimento. Ma non importa più di tanto, perché è una scelta dichiarata quella di Serebrennikov. Anche se tutto sembra dirci il contrario, ma non è un biopic Limonov, è un poema per immagini sulla vita di un uomo fatto di licenze poetiche, follia e intuizione come solo il grande cinema sa fare. Un sogno a occhi aperti, o per dirla ancora meglio: un’esperienza cinematografica che vi cambierà per sempre.
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