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Dagli arrondissement di Parigi a Black Tide | L’eterna evoluzione di Romain Duris

“Romain Duris en loser magnifique”: da Klapisch all’amico Cassel, il lungo viaggio di un antidivo

Stile perfetto: Messieur Romain Duris.

PARIGI – Mentre le strade degli arrondissement sono coperte dai manifesti del suo Vernon Subutex (di cui avevamo scritto qui) e Le Monde titola “Romain Duris en loser magnifique”, per chi è cresciuto negli anni Novanta e inizia a sentire il peso del tempo, diventa quasi d’obbligo una riflessione davanti a quella faccia deliziosamente stropicciata, ricordo analogico in epoche digitali. Perché? Perché, in fondo, Duris è oggi il riflesso di quasi due generazioni cresciute con i suoi film, dalle prime cose con il socio Cédric Klapisch (avete mai visto Ognuno cerca il suo gatto? Era il 1995) fino alla saga de L’appartamento spagnolo. Grande amante di Marcello Mastroianni, in Italia Duris non ha mai davvero avuto successo, mentre in Francia è un divo assoluto, riconosciuto (giustamente) per il suo talento.

Romain Duris in Vernon Subutex, la serie tratta da Virginie Despentes.

Vernon Subutex è l’ultimo atto, mentre Black Tide a fianco del vecchio amico Cassel e diretto da Érick Zonca (che potete vedere su CHILI qui) è una delle ultime cose girate per il cinema, un polar choc, ma dietro gli ultimi due titoli c’è una filmografia intera da riscoprire pezzo per pezzo, un mosaico che riletto oggi assume un senso definito non solo per l’arte del buon Romain Duris, ma per tutti i quarantenni di oggi. Voleva diventare pittore, aveva cominciato all’École Duperré qui, poi fu proprio Klapisch a notarlo per strada e portarlo sul set di Le péril jeune. Era il 1994, Duris aveva vent’anni e accettò la proposta per curiosità, ma di fare l’attore proprio non voleva saperne. Lui sarebbe diventato un pittore.

1994: Duris in Le péril jeune con Vincent Elbaz, Nicolas Koretzky, Julien Lambroschini e Joachim Lombard.

La storia poi la conosciamo, la pittura e i dipinti un sogno rimasto tale, il cinema un’ossessione che cresce sempre di più negli anni grazie a autori che diventano anche amici con cui condividere affanni di vita: Klapisch, e poi il folle gitano Tony Gatlif (rivedetevi Exils), Olivier Dahan, Raphaël Fejtö fino all’incontro con Audiard che cambia le regole del gioco: Tutti i battiti del mio cuore fa capire che il buon Romain è destinato a prendersi un posto tra i grandi del cinema francese e che non è solo una bella faccia. Per capirlo? Sono sufficienti le scelte che fa, ruoli come Molière e Léon Morin alternati a commedie romantiche con Michel Gondry o buffi ruoli all’americana come nel delizioso Il truffacuori (ripescatelo, godibilissimo).

Duris ne La confession, da Léon Morin, prete di Béatrix Beck e già di Melville.

Affatto amante dei social, molto geloso della sua privacy (ha due figli con Olivia Bonamy), Romain. Duris la differenza l’ha fatta sempre scegliendo, scegliendo bene, scegliendo di testa sua. «L’America?», ci disse una volta, «non mi interessa andarci per fare il ruolo del playboy francese o interpretare un cliché vivente. Preferisco rimanere a Parigi». Promessa mantenuta, ha ceduto solo alla chiamata di Ridley Scott per Tutti i soldi del mondo (ruolo da italiano), altrimenti ha sempre fatto come ha voluto. Per Black Tide ha risposto alla telefonata di Érick Zonca –  di cui aveva amato La vita sognata degli angeli – e ha ritrovato un altro compare degli anni Novanta: Vincent Cassel.

Duris con Vincent Cassel in Black Tide.

Nel film Cassel interpreta il disilluso detective Francois Visconti, un uomo alla deriva tra bottiglie e dubbi, mentre Duris è il preciso Yann Bellaile, insegnante dalle molte facce dentro un noir affascinante e cupo (e fate caso al direttore della fotografia, un italiano, Paolo Carnera) che cresce minuto dopo minuto, portando lo spettatore a fondo di un’anima nera. Un film da vedere anche per ammirare il notevole duello attoriale dei due reduci anni Novanta Duris & Cassel, amici dentro e fuori del set, due parigini che si ritrovano sullo stesso set a più di vent’anni da Dobermann e che in realtà a inizio carriera volevano fare altro. Oggi, invece, sono diventati due simboli del french cinema e di un modo unico di intendere il cinema. E non è poco.

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