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Il Petroliere | Daniel Day-Lewis, Paul Thomas Anderson e l’ultimo kolossal americano

Paul Dano, Il tesoro della Sierra Madre, John Huston, Upton Sinclair e l’Oscar: cronaca di un capolavoro

Il petroliere
Daniel Day-Lewis in una scena de Il petroliere.

ROMA – Nell’agosto 2016 la BBC lanciò un sondaggio con l’obiettivo di individuare il più grande film del XXI secolo tra quelli distribuiti in sala tra il 2000 e il 2015. Interrogati 177 critici cinematografici da 36 paesi, stilarono una lista di trenta film chiave del primo decennio del Nuovo Millennio il cui podio era composto da: Mulholland Drive di David Lynch, In the Mood for Love di Wong Kar-wai e, non ultimo Il Petroliere di Paul Thomas Anderson. Opere uniche, irripetibili, capaci di raccontare di straniante meta-cinema in bilico tra sogno e realtà e di rimpianti e amor perduto. E poi c’è Il Petroliere che vive di un’inerzia filmica impareggiabile, senza tempo e fuori dal tempo, purissimo cinema postmoderno e contemporaneo che riecheggia suoni, sapori e immagini della Hollywood che fu.

Il petroliere
Il petroliere venne presentato a New York il 10 dicembre 2007.

Echi del cinema moderno americano di pellicole eccellenti come L’asso nella manica di Billy Wilder e Un volto nella folla di Elia Kazan. Ma soprattutto de Il tesoro della Sierra Madre di John Huston che per Anderson ha rappresentato molto più di un’ispirazione nel trovare il tono giusto de Il Petroliere: «Quando stavo scrivendo lo script mettevo tutte le sere quel film, Il tesoro della Sierra Madre, prima di andare a letto. Giusto per addormentarmi. È un film incredibile: riguarda l’avidità, l’ambizione, la paranoia e il trovare le parti peggiori di te stesso: tutte le domande e le risposte della vita credo siano ne Il tesoro della Sierra Madre». A quel tempo, in quella delicata fase di transizione tra il rigoroso classicismo hawksiano e la modernità disgregante post-Quarto potere, Hollywood sapeva raccontare della ferocia della natura umana e delle sue ossessione malevole attraverso agenti scenici devianti e marci.

Daniel Day-Lewis è Daniel Plainview

Uomini corrotti da ambizioni sfrenate dei Charles Tatum, Larry Rhodes e Fred C. Dobbs di cui il Daniel Plainview di Daniel Day-Lewis è il perfetto simulacro caratteriale ex-post, ma c’è di più. Perché attraverso Plainview, Anderson omaggia e rievoca il glorioso passato per proiettarsi nel presente-futuro del cinema alzando sensibilmente la cifra in termini di ambizione, ferocia e corruzione d’animo. Perché? Perché Il Petroliere non è solo l’epica del self-made-man di un anti-eroe machiavellico e bugiardo costruitosi da solo passo dopo passo nel rincorrere un Sogno Americano nero come il petrolio, ma è (anche) il racconto di un uomo che vive solo nelle zone d’ombra di chiaroscuri ontologici. Un uomo diabolico e raggiratore, abilmente nascosto da quei baffi spuntati e dal cappello, che si fa beffa dei valori familiari, che sceglie l’auto-isolamento piuttosto che la condivisione: «Vedo il peggio delle persone, la mia barriera di odio s’è innalzata».

Daniel Plainview de Il Petroliere vive solo nelle zone d'ombra di chiaroscuri ontologici
Daniel Plainview vive solo nelle zone d’ombra di chiaroscuri ontologici

Un uomo che finge perfino una conversione religiosa pur di mettere le mani su un terreno e che nel procurare una crisi d’identità – oltre che di fede – al (falso) profeta Eli Sunday (Paul Dano), sfida Dio inducendolo al Silenzio. E vince. Nel mezzo de Il Petroliere c’è l’abilità registica dell’Anderson narratore che nel raccontare dell’America e di civilizzazione e progresso a ovest, in California, là dove il Mito della Frontiera affonda le radici e diventa romantico e cinematografico, intesse immagini asciutte, fredde, fatte di costruzione kolossal e luce naturale. Arse vive dal calore di un Day-Lewis travolgente che Anderson lascia esplodere e rallentare in tutta la sua intensità recitativa avvolgendolo intorno all’obiettivo della cinepresa e di dissolvenze incrociate delicate la cui combinazione variopinta è custode stessa dei tesori e della magia del cinema: raccontare-e-disegnare immaginari tramite immagini.

Le dolci (e calcolate) dissolvenze di Paul Thomas Anderson ne Il Petroliere
Le dolci (e calcolate) dissolvenze di Paul Thomas Anderson

Un’opera unica e preziosa Il Petroliere che oggi come ieri quindici anni dopo – fu presentato a New York il 10 dicembre 2007, in Italia fu distribuito il 15 febbraio 2008 – non smette di stupire per la forza delle immagini nel suo essere erede spirituale della tradizione dei grandi kolossal d’autore moderni. Ciliegina sulla torta cinefila di un’annata, il 2007, ritenuto in via unanime da critica-e-pubblico come una delle stagioni cinematografiche più floride di sempre, capace di regalare agli spettatori autentiche gemme filmiche del calibro di – per citarne alcune – Non è un paese per vecchi, Zodiac, Onora il padre e la madre e Hot Fuzz (qui per il nostro Revisioni). Un’autentica folgorazione che affonda le radici creative in un’epoca lontana – non dissimile dal contesto scenico in cui Il Petroliere è ambientato – l’America alle soglie della Grande Guerra.

In Italia Il Petroliere fu invece distribuito il 15 febbraio 2008
In Italia fu invece distribuito il 15 febbraio 2008

Epoca di tumulti e trasformazioni abilmente raccontata da Upton Sinclair nel romanzo Petrolio! del 1927 liberamente ispirato alla vita di Edward L. Doheny, co-fondatore della Pan American Petroleum & Transport Company e sull’alleanza strategica Union-Independent Producers Agency sancita nel 1910 per portare il petrolio dalla contea di Kern sino alle coste del Pacifico. Il romanzo, scritto all’indomani dello scandalo Teapot Dome – che prima del Watergate veniva ricordato come «Il più grande e sensazionale scandalo della storia della politica americana» –, coinvolse l’amministrazione Harding nella persona del Segretario degli Interni Albert Bacon Fall, il quale aveva conferito ad alcune compagnie petrolifere private la concessione di estrazione a tassi bassi e senza offerte competitive nella riserva petrolifera di Teapot Dome, in Wyoming e in altre due riserve della California: il viaggio de Il Petroliere parte da qui.

Il Petroliere è liberamente ispirato a Oil! di Upton Sinclair e alla vita del magnate Edward L. Doheny
Il Petroliere è liberamente ispirato a Oil! di Upton Sinclair e alla vita del magnate Edward L. Doheny

Nello specifico da quando Anderson acquistò Petrolio! in una libreria di Londra per un motivo casuale: «Perché avevo nostalgia di casa (è nativo di Studio City, California) e il libro aveva un quadro della California in copertina…». Ne rimase subito impressionato. Quasi in contemporanea il giornalista Eric Schlosser aveva appena finito di scrivere Fast Food Nation ed era in cerca di un nuovo progetto e rimase colpito dalla prosa di Sinclair. Sebbene avesse letto solo La giungla fino a quel momento, rimase estasiato da Petrolio!, al punto da acquistarne i diritti di utilizzazione economica, per un motivo ben preciso: sapeva che avrebbe trovato un regista altrettanto appassionato. Trovò Anderson. Anzi, fu Anderson a trovare Schlosser visto che fu lui a contattarlo, perché il progetto a cui stava lavorando al tempo, un soggetto su due famiglie in lotta, non era ben calibrato.

Paul Dano fu la rivelazione de Il Petroliere

Cestinato, si mise al lavoro su Petrolio!, ma più andava avanti con la lettura, più si rese conto di come: «Non c’era abbastanza del libro per sentirsi come se fosse un adattamento adeguato. Petrolio! è stato un grande trampolino di lancio, ma alla fine abbiamo usato solo le prime duecento pagine, siamo stati molto infedeli al libro» tanto da poter dire che di Petrolio! ne Il Petroliere ci sono appena i contorni narrativi, poi si va verso altre direzioni, tanto da prenderne le distanze rinominando lo script come There Will Be Blood. Non ebbe comunque vita produttiva facile. A detta della produttrice JoAnne Sellar, che di Anderson ha prodotto tutti i suoi film da Boogie Nights – L’altra Hollywood in poi: «Le case di produzione non pensavano avesse la portata di un film importante» tanto che per un certo periodo lo script viaggiò nel mare nero della black-list.

Cupo, nero, magnifico: Il Petroliere è un capolavoro assoluto
Cupo, nero, magnifico: un capolavoro assoluto

Ci vollero due anni prima che Miramax e Paramount Vantage entrassero in scena mettendo sul piatto 25 milioni di dollari di budget. Sarà un successo, ne incasserà oltre 76 in tutto il mondo di cui 40 in terra statunitense. Grande merito alla presenza nel cast – oltre che alla performance sontuosa – di Daniel Day-Lewis a cui Anderson aveva sempre pensato come perfetto Daniel Plainview tanto da consegnargli uno script incompleto. Non ci volle molto a convincerlo, specie perché Day-Lewis, dalla sua, ammirava Anderson scoprendosi fan del precedente Ubriaco d’amore. Fu attrazione magnetica tra i due. Ma al punto che poco prima del rilascio in sala Day-Lewis spiegò in un’intervista come ciò che lo ha spinto a prendere parte al film fosse: «La comprensione che Anderson di quel mondo. Non lo stava osservando: ci era entrato e lo popolava di personaggi che sentiva avevano una vita propria».

«Non lo stava osservando: ci era entrato e lo popolava di personaggi che sentiva avevano vita propria»

Per costruire la voce di Plainview, Day-Lewis si dedicò per un anno intero alla visione di registrazioni dalla fine del XIX secolo al 1927, al film Il tesoro della Sierra Madre, oltre che di documentari riguardanti le vite di Edward L. Doheny e John Huston. Ma soprattutto alla lettura di molta corrispondenza di quel periodo su cui si espresse così: «Le dignitose vite della classe media con mogli e figli furono abbandonate per perseguire questa sfuggente possibilità. Erano impiegati di banca, spedizionieri, insegnanti. Tutti fuggiti a Ovest per annusare soldi a buon mercato solo che nessuno sapeva come trivellare il petrolio». Gli sforzi e la devozione al Metodo furono ripagati. Daniel Plainview e Il Petroliere varranno a Daniel Day-Lewis il secondo Oscar al Miglior attore protagonista dopo il primo del 1990 grazie a Il mio piede sinistro di Jim Sheridan, ma non sarà l’ultimo.

Il 24 febbraio 2008 Daniel Day-Lewis vinse il suo secondo Oscar come Miglior attore protagonista grazie a Daniel Plainview e a Il Petroliere
Il 24 febbraio 2008 Daniel Day-Lewis vinse il suo secondo Oscar come attore protagonista

Cinque anni dopo, grazie al Lincoln di Steven Spielberg e all’omonimo e brillante Presidente a cui deve il titolo (qui per il nostro Longform), Day-Lewis andrà a ripetersi per una terza-e-ultima volta in una performance stratosferica dove il Metodo finisce con il raggiungere lo stadio dell’autentica possessione. Le strade di Day-Lewis e Anderson andranno a incrociarsi esattamente dieci anni dopo Il Petroliere con Il filo nascosto prima del prematuro ritiro dalle scene nel giugno 2017. Un’altra performance di livello ma nessun riconoscimento stavolta. Per la statuetta chiedere a Gary Oldman e il suo Winston Churchill ne L’ora più buia. Ma poco importa, perché fu l’ennesima espressione di un talento purissimo destinato per sempre all’immortalità.

  • LONGFORM | Vizio di forma, PTA e un adattamento (quasi) impossibile
  • REVISIONI | Cupo, nero, magnifico, Il Petroliere è un capolavoro 
  • LONGFORM | Boogie Nights, PTA e il mondo del Porno

Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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