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Hot Fuzz | La trilogia del cornetto, Edgar Wright e quello stile. Ma perché è un cult?

Simon Pegg e Nick Frost, Kieslowski, Cate Blanchett e quell’anima citazionista. Perché riscoprirlo?

Hot Fuzz
Simon Pegg e Nick Frost in azione in Hot Fuzz.

ROMA – Quello di Hot Fuzz è senza dubbio uno dei casi cinefili più interessanti degli ultimi quindici anni di cinema britannico (e non). Presentato a Londra il 13 febbraio 2007, permise al suo regista, l’inglese Edgar Wright, di mantenere le già altissime aspettative dopo quel gioiello di pura freschezza filmica che era stato L’alba dei morti dementi del 2004, più che perfetto punto d’incontro tra la parodia di Mel Brooks, gli zombie di George A. Romero e il British Humour. Non solo, con questo film riuscì anche a superare largamente quelle aspettative, seguendone il tracciato al fine di consolidare gli elementi tematici della cosiddetta Trilogia del Cornetto conclusasi poi, sei anni più tardi, con l’ultimo atto: La fine del mondo.

«Come Tre colori di Kieslowski, ma con i sapori…Tre sapori»

Per spiegarne il senso – della dicitura Trilogia del Cornetto, intendiamo – riportiamo le parole che disse lo stesso Wright durante la presentazione di Hot Fuzz che della trilogia tematica è l’elemento centrale e di congiunzione: «Come Tre colori di Kieslowski, ma con i sapori…Tre sapori del Cornetto Algida». Nel reinventarsi Kieslowski, Wright disegnò in quel decennio una trilogia tematica sui colori/sapori del Cornetto a cui associare – a ogni colore – la rilettura di un particolare genere cinematografico: L’alba dei morti viventi con il Cornetto alla fragola dal colore rosso vivace correlato agli schizzi di sangue del cinema horror; Hot Fuzz con il Cornetto originale dal colore blu come la divisa dei poliziotti del genere poliziesco; La fine del mondo, con il Cornetto alla menta con granella di cioccolato e quel verde marrone con cui Wright identificò il fantascientifico.

Hot Fuzz: Il cuore 'blu' della Trilogia del Cornetto
Hot Fuzz: Il cuore ‘blu’ della Trilogia del Cornetto

Oltre a questo però, le pellicole della Trilogia si caratterizzano di raccordi ed elementi ricorrenti – topos filmici wrightiani, in buona sostanza – come il bere al pub, una coppia di gemelli tra i personaggi e una sequenza in cui a un certo punto Simon Pegg (feticcio di Wright e co-sceneggiatore) esegue un salto della staccionata in campo lungo. Manco a dirlo in Hot Fuzz la prodezza è decisamente più riuscita, spontanea, magnetica. Il motivo? La valenza del suo sergente Nicholas Angel. Nel giocarsela tutta in contrasto tra la dimensione (quasi) supereroistica dell’eroe, ora con la normalità urbana di Londra, ora con la straordinaria rurale Sandford, l’impeccabile efficienza di azioni e intenzioni di Angel esplode in una trovata attraverso cui raccontare dell’inefficienza delle forze dell’ordine tra nepotismo, corruzione e burocrazia.

Simon Pegg è il Sergente Nicholas Angel in una scena di Hot Fuzz
Simon Pegg è il Sergente Nicholas Angel

Ma soprattutto di estetiche del cinema action. Wright le fa sue, ricalibrandole e facendole vivere del contrasto di cui vive la narrazione rurale di Hot Fuzz, raccontandoci di inseguimenti supersonici dopo un banale furto in un supermercato di periferia o di un’autentica caccia all’uomo – o per meglio dire, al cigno – dall’impressionante dispiegamento di forze, per poi dar forma a un solido intreccio narrativo capace di nascondere, dietro all’apparentemente pacifica Sandford, atmosfere da thriller-horror popolate di fiumi di sangue, proiettili, intrighi, depistaggi e un final-showdown fumettoso e caotico di pura adrenalina filmica. Il resto lo fa la regia, arte in cui Wright è già maestro, andando di rigore e ritmo, montaggio serrato e invenzioni leoniane, colorando il racconto di comicità figurativa (i primi quindici minuti di Hot Fuzz ne sono una masterclass) e citazioni.

Fan de L'alba dei morti dementi, Cate Blanchett chiese ad Edgar Wright di poter fare un cameo in Hot Fuzz
Fan de L’alba dei morti dementi, Cate Blanchett chiese ad Edgar Wright di poter fare un cameo…

E qui c’è del genio. I dichiarati intenti eccellenti di ricodifica del genere action operati da Wright con Hot Fuzz vengono potenziati da una dimensione cinefila sopraffina che va ben oltre il semplice omaggio finendo con l’arricchire le azioni dei personaggi e del contesto. A partire dalla narrazione ad esempio, perfetto punto di incontro tra l’esoterismo di The Wicker Man e il deserto di Terrore in città, o la caratterizzazione fumettosa di Angel a metà tra la solitudine dello sceriffo de Mezzogiorno di fuoco (di cui potete leggere qui) e le azioni super di Supercop, scomodando perfino capisaldi del genere buddy come Point Break – Punto di rottura (di cui potete invece leggere qui) e la saga di Bad Boys per colorare ora la dinamica relazionale tra Angel e Butterman (Nick Frost), ora tra lo stesso Butterman e la scomodissima figura paterna (Jim Broadbent).

Simon Pegg e Nick Frost

Del resto c’è sempre stato qualcosa nel genere poliziesco – e in particolare nel sottogenere buddy – ad attrarre magneticamente Wright e per una ragione molto semplice: «Non c’è una vera tradizione di film polizieschi nel Regno Unito. Sentivamo che ogni altra nazione cinematografica aveva la sua tradizione di grandi film d’azione polizieschi mentre noi niente». Nei successivi due anni Wright e Pegg lavorarono allo script di Hot Fuzz immergendosi in un mondo fatto di draft, maratone di film a tema (ben 138! E tutti provenienti dall’immensa videoteca di Wright) e una cinquantina di interviste di agenti di polizia. Poi la scelta del titolo. A detta di Wright doveva essere un gioco di parole basato sui titoli lapidari dei polizieschi hollywoodiani anni ottanta-novanta: «Volevo solo che avesse poco significato, come Arma letale, Point Break e Decisione critica». Ecco, è proprio questa l’essenza più pura del cinema di Edgar Wright.

Hot Fuzz: il cinema action secondo Edgar Wright

Una continua ricerca diretta alla giocosa-ma-attenta rilettura dei generi e delle estetiche, ora videoludiche come in Scott Pilgrim v The World ora cinematografiche tra il formidabile Baby Driver (di cui potete leggere qui) – in bilico tra Driver L’imprendibile e Drive – e l’onirico Ultima notte a Soho (di cui potete invece leggere qui) sullo sfondo di una Londra nostalgica e lontana autentico calderone culturale melting pop in continuo mutamento. Esattamente come la poetica di Wright evolutasi negli anni dall’interpretazione citazionista di uno specifico genere alla codifica di un proprio linguaggio filmico. Il merito della Trilogia del Cornetto e di Hot Fuzz quindi? Averci mostrato la freschezza di scrittura e l’originalità di Wright, giovane ma già grande, perché il talento, si sa, può sbocciare in qualsiasi momento…

Qui sotto potete vedere il trailer del film:

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