MILANO – Ma cosa ci fa un ragazzone inglese del Dorset come Edgar Wright ad Atlanta, lontano migliaia di miglia dai pub e dalle birre della sua Trilogia del Cornetto? Dopo il tris con L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz e La fine del mondo, Wright decide di titolare un film come una vecchia canzone di Simon & Garfunkel (Baby Driver, che era su Bridge over Troubled Water, 1970) e firma un action che fa genere a sé inventando uno dei personaggi migliori visti al cinema negli ultimi dieci anni, senza esagerare. Colonna sonora cult, dialoghi formidabili e apparizioni notevoli (vedi Jon Hamm di Mad Men e Flea dei Red Hot Chili Peppers), ma il film da un certo punto in poi se lo mangia Ansel Elgort con il suo Baby.
Harlem Shuffle di Bob & Earl nelle orecchie, occhiali da sole, giacca e scarpe da ginnastica, per lui il mondo è un palco su cui deve suonare sempre una canzone, a tutto volume. Può essere triste o allegra, reggae o soul, ma c’è sempre, altrimenti non c’è vita, altrimenti non c’è ritmo. Non è un caso quindi che Baby tenga in un cassetto una lunga serie di iPod, trovati nelle (molte) macchine che ha rubato. Un giorno incontra Deborah, come la canzone dei T.Rex di Marc Bolan, e la sua vita cambia. Per sempre.
Prima di trovarsi sul set di Baby Driver, Ansel Elgort e Lily James erano stati in due film a loro modo romanticamente cult, come Colpa delle stelle e Cenerentola, ma in Baby Driver diventano una perfetta coppia pop digitale grazie allo script di Wright che affida loro due personaggi fragili quanto affascinanti, figli delle loro debolezze e di una nuova, inattesa, forza una volta uniti. «Come ti chiami? Deborah? Conosco alcune canzoni con quel titolo». «E tu invece come ti chiami?». «Baby». «Ma non vale, tutte le canzoni parlano di te, non c’è proprio gara…». E tra Dave Brubeck, Carla Thomas, Beck e Brighton Rock dei Queen l’amore si trasforma in una lunga playlist. Cult assoluto.
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