in

Baby Driver | L’irresistibile talento di Edgar Wright e quel mosaico pop da riscoprire

Musica, colori, iPod, Jon Spencer. Un film? No, un tripudio pop in cui tutto è incastrato alla perfezione

Baby Driver
Ansel Elgort e Lily James, la coppia di Baby Driver.

ROMA – Instant cult, fenomeno, one shot. Insomma, definitelo pure come volete, ma da quella prima scena girata tutta in piano sequenza sulle note soul di Harlem Shuffle del duo Bob & Earl – una chicca datata 1965 – si capiva subito che Baby Driver era un film destinato, a suo modo, a lasciare un segno forte e a rimanerci addosso. A restare. Così, Edgar Wright, regista intelligente e ad alto tasso cinematografico, spara subito il primo colpo, presentandoci Baby, personaggio con la faccia da schiaffi interpretato da Ansel Elgort, occhiali scuri e cuffie sempre nelle orecchie mentre volteggia leggero come un ballerino per le strade di Atlanta, quasi come quelle strade fossero un palco. Il suo palco. E forse lo sono davvero.

Ansel Elgort in una scena del film.

La camera non stacca mai, lo segue, quasi a fatica, perché Baby è veloce, sincopato, nervoso ma calmo allo stesso tempo. Ha tutto sotto controllo, Baby. Tranne quando fuori dal bar vede passare una ragazza bionda in giacca di jeans, Debora, cameriera dai sogni troppo grandi e belli per un posto come quello. Debora, come la canzone. Però, Baby, per le ragazze di tempo non ne ha: c’è da fare un altro colpo commissionato da Doc. Bisogna cominciare a premere l’acceleratore, a scaldare il motore, a pigiar play sull’iPod mandando Bell Bottoms di Jon Spencer a tutto volume. Perché, in città, nessuno guida come lui. Nessuno corre come lui.

Ansel Elgort e Jamie Foxx in azione

È un tripudio pop, Baby Driver – che ora trovate in streaming a noleggio un po’ ovunque, su Prime Video, Rakuten, CHILI e Apple – un giro sulla giostra del cinema che fa dello spettacolo il suo credo, la sua missione, il suo senso. Tutto è incastrato alla perfezione, i dettagli di regia e sceneggiatura sono coesi. Come se fosse un brano funky ballato in pista, come una playlist, dove ogni movimento dipende da quello precedente, in diretta dipendenza dalla musica. E proprio la musica, così come il montaggio – che ottenne anche una candidatura all’Oscar nel 2017 – è la protagonista assoluta delle due ore in cui Baby quasi non spiccica una parola, ma parla attraverso le canzoni, cita canzoni, respira canzoni.

Mad Men? Jon Hamm in un altro passaggio di Baby Driver.

Perché se parla poco, Baby ascolta, eccome se ascolta. Corre come nessuno, sincronizzato con le playlist che non smettono di suonare, in una soundtrack semplicemente perfetta: i Beach Boys, T. Rex, i Commodores, Barry White, Sam & Dave, Beck e ancora Carla Thomas, Young MC, i Blur. Ascolta, guida forte, e registra, per poi remixare, le conversazioni nel quartier generale di Doc, interpretato da Kevin Spacey, con cui ha un debito che pare non finire mai,  e che lo tiene stretto in mano. Perché Doc è cattivo – quasi da fumetto – così come sono cattivi gli altri membri della banda, Pazzo, Buddy, Darling, Griff, interpretati da un pugno d’attori formidabili: Jon Hamm, Jamie Foxx, Jon Bernthal, Eiza Gonzalez.

Lily James ovvero Debora, come il pezzo di T-Rex

Colorato, elettrico, cool. Baby e il suo sogno di libertà, per mano di quella cameriera con gli occhi verdi di Lily Collins, in una storia d’amore e di fuga che ricorda tanto i film di una volta. In fondo, Edgar Wright, nella modernità con cui costruisce il film, l’occhio lo tiene al passato, tenendo ben illuminati gli archetipi che hanno fondato il cinema: il gangster, la rapina, l’eroe buono, la pupa dolce ma forte, con cui ripartire verso una strada nuova, una vita nuova. Senza mai abbassare il volume, si intende. Cult assoluto.

  • RE-VISIONI | Hot Fuzz e la trilogia del cornetto
  • VIDEO | Qui il trailer di Baby Driver:

Lascia un Commento

Tra l’Iran, Ben Affleck, Casanova e Ingeborg Bachmann | Ecco cosa vedremo al Bif&st

Un uomo felice

Un uomo felice | Fabrice Luchini, Catherine Frot e quella transizione di genere