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Mezzogiorno di Fuoco | Gary Cooper e un western politico e antimaccartista

Stanley Kramer e Carl Foreman, Un dollaro d’onore, il disprezzo di John Wayne

Mezzogiorno di Fuoco, il lato politico del West
Mezzogiorno di Fuoco, il lato politico del West

MILANO – Nel 1951, dopo oltre venticinque anni nel mondo dello spettacolo, Gary Cooper non era più Gary Cooper: non era più un artista da botteghino, e a dirlo era il sondaggio annuale della Motion Picture Herald in cui negli ultimi anni era presenza fissa nel ballottaggio sulle dieci stelle dell’anno. Il disastro commerciale di film come Il comandante Johnny e It’s a Big Country: An American Anthology fecero circolare la voce che per Cooper era ormai giunto il declino. Le cose cambiarono con il Western atipico Tamburi lontani di Raoul Walsh, l’apripista de Mezzogiorno di fuoco/High Noon di Fred Zinnemann del 1952: l’inizio di uno dei più grandi coming-back della storia del cinema hollywoodiano che porterà Cooper alla vittoria dell’Oscar 1953 per il Miglior attore protagonista, il secondo dopo quello vinto per nel 1942 Il sergente York di Howard Hawks (di cui potete leggere qui).

Gary Cooper in una scena di Mezzogiorno di fuoco
Gary Cooper in una scena di Mezzogiorno di fuoco

E non solo, perché Mezzogiorno di fuoco riuscì a essere, contemporaneamente, uno dei più importanti Western revisionisti del cinema moderno americano e un grande caso politico, ma andiamo con ordine. La produzione di Mezzogiorno di fuoco andò ad intersecarsi a due degli eventi più rilevanti degli anni cinquanta americani: il maccartismo e la Guerra in Corea. Durante la pre-produzione del film lo sceneggiatore Carl Foreman – detentore dei diritti di utilizzazione economica del racconto originale del 1947 (The Tin Star) di John W. Cunningham – fu convocato dal Comitato per le attività antiamericane della Camera (HUAC) durante la sua indagine Propaganda e influenza comunista nell’industria cinematografica. Foreman fu per davvero membro del partito comunista, ma si rifiutò di identificare altri membri così da non dare adito alla caccia alle streghe del Senatore McCarthy, e per questo fu bollato come testimone non collaborativo.

I titoli di testa

Il risultato fu che il produttore Stanley Kramer chiese l’immediato scioglimento della partnership di lunga durata. Il motivo? Foreman lo aveva minacciato di chiamata all’HUAC. Non vedrete mai il nome di Foreman nei credits come produttore. Rimase però come sceneggiatore tanto da azzardare come la caratterizzazione del personaggio di Will Kane (in origine Will Doane ma Katy Jurado trovava difficile pronunciarlo) e le cupi atmosfere di Mezzogiorno di fuoco dall’inerzia filmica alla last-man-standing fossero direttamente ispirate alle esperienze maccartiste di Foreman e alle richieste di aiuto negategli da amici e colleghi. Esperienze rese poi cinematograficamente immortali – oltre che da un bianco e nero nichilista e registicamente claustrofobico scelto da Zinnemann – da un Cooper intenso e pauroso che, reduce da un intervento chirurgico di rimozione di un’ulcera sanguinante, scelse di non usare nemmeno un filo di trucco così da enfatizzare attraverso la mimica rugosa il dolore del suo personaggio.

Gary Cooper è Will Kane in Mezzogiorno di fuoco
Gary Cooper è Will Kane

Eppure non fu Cooper la prima scelta di Kramer, ma John Wayne, che da buon Repubblicano conservatore anticomunista capì immediatamente che lo script che aveva tra le mani era una palese allegoria antimaccartista. Chi proprio non se ne rese conto fu la seconda scelta Gregory Peck che rifiutò il ruolo solo perché lo ritenne troppo similare al recente Romantico avventuriero di Henry Hathaway del 1950. Dopo il rilascio in sala (Mezzogiorno di fuoco fu presentato il 24 luglio 1952) capì di aver fatto un errore. Da attivista Democratico antimaccartista qual era, si rese conto che quello di Will Kane sarebbe potuto essere un grande ruolo per la sua carriera. Wayne invece rincarò la dose definendolo come: «Il film più antiamericano che abbia visto in tutta la mia vita», al punto che nell’ex-URSS finì con l’essere considerato come una glorificazione dell’individualismo.

La solitudine antiamericana dello Sceriffo Kane di Mezzogiorno di fuoco
La solitudine antiamericana dello Sceriffo Kane

Gli fece eco Howard Hawks che arrivò a dire: «Non penso che un buon Sceriffo sarebbe andato in giro per la città come un pollo con la testa tagliata chiedendo a tutti di aiutarlo. E chi lo salva, sua moglie quacchera? Non è la mia idea di un buon western». Quel senso di malessere finì con il generare quel grandioso Un dollaro d’onore/Rio Bravo del 1959 (di cui potete invece leggere qui) sul valore della buona amicizia virile come orgogliosa risposta americana agli intenti filmici di Mezzogiorno di fuoco. Dal canto suo Zinnemann rimase deluso dal pensiero di Hawks e Wayne affermando come: «Gli sceriffi sono persone e non ci sono due persone uguali. La storia si svolge nel Vecchio West ma è in realtà la storia di un conflitto di coscienza dell’individuo».

A sinistra c’è Lee Van Cleef al suo primo ruolo Western

Ironicamente, in quella notte degli Oscar del 19 marzo 1953 che vide Cooper infine premiato come Miglior attore protagonista, fu proprio il vincitore più atteso il grande assente della serata: era impegnato sul set del Western Il prigioniero della miniera di Henry Hathaway. Ad accettare l’Oscar per suo conto fu proprio John Wayne che nel discorso di ringraziamento disse: «Sono felice di vedere che stiano dando questo premio a un uomo che non solo è molto meritevole, ma che si è comportato nel corso degli anni in un modo di cui tutti possiamo essere orgogliosi. Ora, se non vi spiace, chiamerò il mio agente per scoprire perché non ho fatto io Mezzogiorno di fuoco invece di Cooper!», un’altra grande storia Western (e di politica) del nostro amato cinema.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film:

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