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Un Dollaro d’onore | John Wayne e i sessantacinque anni del western di Howard Hawks

Dean Martin, John Carpenter e Quentin Tarantino, Elvis, Mezzogiorno di fuoco: Da rileggere oggi

John Wayne, Dean Martin e il cuore western di Un dollaro d'onore, un film di Howard Hawks del 1959
John Wayne, Dean Martin e il cuore western di Un dollaro d'onore, un film di Howard Hawks del 1959

ROMA – Nonostante gli anni Cinquanta di Howard Hawks fossero iniziati alla grande con La cosa da un altro mondo per poi proseguire inanellando un cult dietro l’altro come Il grande cielo e la doppietta Il magnifico scherzo/Gli uomini preferiscono le bionde che rivelò al mondo la stella in odor di consacrazione di Marilyn Monroe (il resto lo fecero Niagara e Come sposare un milionario), il film successivo, La regina delle piramidi – ambiziosa epopea spada-e-sandalo ambientata nell’Antico Egitto con protagonisti Jack Hawkins e Joan Collins – del 1955 ne segnò una dolorosa battuta d’arresto. Al botteghino, il peplum non riuscì a rientrare nemmeno dei costi di produzione di poco più di 3 milioni di dollari, costringendo Hawks a prendersi una pausa da Hollywood. Nei successivi quattro anni Hawks viaggiò per l’Europa interessandosi molto alla televisione come medium e alle sue narrazioni.

John Wayne ed Angie Dickinson in un momento di Un dollaro d'onore
John Wayne ed Angie Dickinson in un momento di Un dollaro d’onore

Notò in particolare come, Oltreoceano – lato Europa – il pubblico fosse più interessato ai personaggi che non alle trame degli spettacoli. Iniziò così a immaginare un film incentrato su una trama principale con diverse sottotrame legate alle caratterizzazioni dei singoli personaggi che lo attraversarono contemporaneamente. Un western per la precisione, ovvero «Il genere americano per eccellenza» per usare le immortali parole del critico dei Cahiers du cinéma, André Bazin, e poi perché serviva una risposta. Nemmeno tre anni prima, nel 1952, con Mezzogiorno di fuoco Fred Zinnemann e Gary Cooper raccontarono il fallimento di Hollywood ad opporsi alla Lista Nera di Joseph McCarthy. Un western politico dichiaratamente antimaccartista reso nelle forme di una narrazione allegorica dall’inerzia filmica alla last-man-standing e tutto percorso di un bianco e nero nichilista e registicamente claustrofobico. Quindi un western: Un dollaro d’onore per la precisione.

Dean Martin nel prologo del film
Dean Martin nel prologo del film

Su diretta ammissione di Hawks: «Ho realizzato Un dollaro d’onore nel 1959 perché non mi era piaciuto Mezzogiorno di fuoco. Non pensavo che un buon sceriffo sarebbe andato in giro per la città come un pollo con la testa staccata chiedendo aiuto con alla fine sua moglie quacchera che arriva a salvarlo. Non è questa la mia idea di buon sceriffo occidentale. Credo che un buon sceriffo si volterebbe e direbbe: Quanto sei bravo? Sei abbastanza bravo da prendere l’uomo migliore che hanno? Quel tipo probabilmente direbbe di no e direbbe: Bene, allora dovrei semplicemente prendermi cura di te. E quella scena era nel mio film». Nemmeno John Wayne poté definirsi un fan di quel film. Da buon Repubblicano conservatore anticomunista non accettò mai l’idea di un film con un concept come quello di Zinnemann, tanto da rifiutare il copione quando gli fu offerta la parte di Willy Kane.

Un dollaro d'onore di Howard Hawks fu presentato nelle sale statunitensi il 18 marzo 1959
Un dollaro d’onore di Howard Hawks fu presentato nelle sale statunitensi il 18 marzo 1959

Capì immediatamente che da quello script avrebbe preso forma una narrazione antimaccartista in piena regola e Wayne fu da sempre un fiero sostenitore della Lista Nera. Per lui Mezzogiorno di fuoco era semplicemente un film comunista e antiamericano. Accettò al volo la parte di John T. Chance quando Hawks gli sottopose lo script di Un dollaro d’onore, e non solo per semplice spirito patriottico. Dopo Sentieri Selvaggi, il western classico americano per eccellenza targato John Ford del 1956, Wayne aveva deciso di appendere pistola e cinturone al chiodo per dedicarsi al cinema d’avventura. Nessuno di quei film (Le ali delle aquile, Il pilota razzo e la bella siberiana, Timbuctù, Il barbaro e la geisha), però, lo premiò al botteghino. Quindi proprio Un dollaro d’onore come necessario ritorno al western. Un ritorno dichiarato e celebrato da Hawks, tra le righe, in termini di costruzione d’immagine nel climax.

Walter Brennan in una scena di Un dollaro d'onore
Walter Brennan in una scena di Un dollaro d’onore

Nei momenti che precedono quel final-showdown che di Un dollaro d’onore è l’espressione massima degli intenti politici di celebrazione del buon agire americano comune, Hawks inserisce una scena piccola, quasi impercettibile, eppure emblematica e di grande potenza filmica. In un casolare vicino alla tana della banda dei Burdette, vediamo Chance/Wayne uscire, varcando la soglia della porta, a testa alta, passo lento e carabina in mano. Hawks lo cattura in campo lungo mantenendo l’inquadratura quanto e più possibile, finché il sole non lo colpisce e l’ombra della sua figura si allunga. Ma in quel momento, chi conosce e ama il cinema western, sa che in quei pochi secondi c’è il sapore del passato fordiano rievocato. C’è il finale di Sentieri Selvaggi e con esso Wayne che da Ethan Edwards a John T. Chance esce per sempre dal cinema western per poi tornare in gioco rientrandovi nel modo migliore possibile.

Un dollaro d'onore: il ritorno al western di John Wayne
Un dollaro d’onore: il ritorno al western di John Wayne

Perché non è solo un semplice western Un dollaro d’onore. Si, c’è la componente ideologica. Wayne e Hawks scelsero di confutare la tesi antiamericana di Mezzogiorno di fuoco raccontando una storia in qualche modo simile, ma in maniera differente. L’eroe tragico, pauroso e timoroso Willy Kane lascia qui il posto a un John T. Chance sereno, pacifico e coraggioso, senza paura e conflitti – forse perfino bidimensionale nel suo sviluppo caratteriale – ma che non ripudia mai il suo impegno verso il dovere pubblico e il fare la cosa giusta, e che sceglie di allearsi con persone capaci. Qui però entra in gioco il cuore di Un dollaro d’onore, o del perché il critico cinematografico Robin Wood lo definì come: «Il film che giustifica l’esistenza stessa di Hollywood», ovvero il suo essere una commedia di conversazione a cornice western.

Angie Dickinson in una scena del film
Angie Dickinson in una scena del film

Sono i dialoghi la vera forza di Un dollaro d’onore: comici, drammatici, sempre brillanti, che raccontano di emozioni esposte, dell’incompatibilità tra uomini e donne, e di fragilità umane. Quindi i suoi agenti scenici: Feathers (Angie Dickinson), un’affascinante e scaltra bara dal passato oscuro in cerca del proprio posto nel mondo e di un’occasione per tornare ad amare; Colorado (Ricky Nelson), giovane dal grilletto facile, dalla mente svelta e dalla voce melodiosa; Stumpy (Walter Brennan), un vecchio sciancato a cui non è rimasto altro che il proprio fucile e appena un paio di denti dopo che i Burdette hanno dato fuoco alla sua fattoria e ucciso il fratello; e Dude (Dean Martin), un tempo vice-sceriffo glorioso e ora dilaniato dal dolore di un amore perso e dal demone della bottiglia. Ecco, se Chance può apparire bidimensionale, non lo sono di certo il resto dei protagonisti di Un dollaro d’onore.

Dean Martin nella scena della svolta di Dude
Dean Martin nella scena della svolta di Dude

Ognuno di loro, nelle relazioni intessute con il valoroso Sceriffo, cresce, evolve, prende consapevolezza di sé, diventa qualcos’altro. In ognuno di quegli archi narrativi Hawks instilla umanità, dolcezza, senso di lealtà, riflessioni sulla dignità umana. In particolare in quello del Dude di uno straordinario Dean Martin per mimica e intensità, a cui Hawks regala cadute e risalite, fino a quella scena – e chi ha visto Un dollaro d’onore sa già di cosa parliamo – quando, umiliato dai Burdette per l’ennesima volta, con l’anima in pezzi, con Colorado pronto a prendere il suo posto accanto a Chance, decide di abbandonarsi all’alcool per poi ravvedersi nel momento decisivo riversando nella bottiglia ogni goccia di whiskey contenuta nel bicchiere: «Finché non ho udito quella canzone avevo dimenticato come mi sono rovinato, comunque vadano le cose ora non credo che me lo dimenticherò».

«My Rifle, My Pony, and Me...»
«My Rifle, My Pony, and Me…»

Scena fondamentale per lo sviluppo caratteriale di Dude e della dinamica relazionale con Chance – che di Un dollaro d’onore è il cuore narrativo – che fa da contraltare alla dolorosa e disperata sequenza d’apertura. Quei 4 minuti e mezzo fatti di nessuna componente dialogica e azioni sceniche in synch sonoro che del film è prologo silenzioso e che Hawks inserì come (meraviglioso) omaggio all’era del muto. Ma soprattutto, nel suo picco drammatico, è geniale in termini analitici vedere come la scena successiva a questa sia proprio quella musicale, armoniosa e bellissima del medley My Rifle, My Pony And Me/Cindy che del film è quella che lo ha consegnato di diritto alla storia del cinema. D’altronde non poteva essere altrimenti quando nel cast figuravano un crooner e una rockstar emergente. E dire che in origine non dovevano essere Martin e Nelson i volti-e-corpi di Dude e Colorado.

All'inizio della lavorazione le gambe di Angie Dickinson furono assicurate presso la Lloyd's di Londra
All’inizio della lavorazione le gambe di Angie Dickinson furono assicurate presso la Lloyd’s di Londra

Per il primo inizialmente si fece il nome di Frank Sinatra. Sfumata l’opportunità, fu proprio l’agente di Martin a proporlo per la parte. Hawks accettò di incontrare Martin alle 9:30 del mattino successivo. Poco dopo venne a sapere che Martin si trovava a Las Vegas per uno spettacolo notturno. Lo stesso crooner noleggiò un aereo in modo che potesse portarlo all’incontro. Quando Hawks lo venne a sapere rimase talmente colpito dai suoi modi che gli diede la parte con una sola avvertenza: «Procurati un costume e ci vediamo sul set». E Martin lo fece. Il primo giorno di riprese si presentò con un costume da cowboy talmente ridicolo che Hawks ebbe a esclamare: «Guarda che non devi interpretare un cowboy, semplicemente un ubriaco». Per il secondo, invece, il sogno artistico di Hawks era di affidare la parte a Elvis Presley.

Ricky Nelson in un momento del film
Ricky Nelson in un momento del film

E sarebbe andata così se il Colonnello Parker non si fosse messo in mezzo chiedendo un ingaggio triplicato e una commissione con fatturazione superiore. La presenza di Nelson, in ogni caso, pur considerato da Hawks come un piano B, diede a Colorado imprevedibilità e una grossa mano al box-office. Distribuito nelle sale statunitensi da Warner Bros. Pictures il 4 aprile 1959, Un dollaro d’onore incassò quasi 6 milioni di dollari al botteghino a fronte di un budget di poco meno di un milione e mezzo. Un successo clamoroso per un film che agli albori del revisionismo western, vide Hawks mettere da parte i topos classici del genere per raccontare della vita, dell’amicizia e delle ragioni per cui vale la pena vivere e rischiare tutto, in una narrazione atipica, molto verbale, dal ritmo dosato e girato (quasi) tutto in interni.

Dean Martin in una scena di Un dollaro d'onore
Dean Martin in una scena di Un dollaro d’onore

Un autentico capolavoro Un dollaro d’onore (lo trovate oggi su Tim Vision, Prime Video e Apple TV+), che al pari del precedente de Il Fiume Rosso del 1948 e di quel cuore pulsante fatto di cupidigia, violenza, Frontiera, brama di potere, sogni dissolti, amicizia virile, amori date alla fiamme e di un Sogno Americano reso arido e spietato dal viaggio narrativo, è espressione tangibile dell’Hawks linguista e innovatore cinematografico. Eppure non rimase pienamente soddisfatto dal risultato ottenuto: «Dopo aver finito abbiamo scoperto che avremmo potuto farlo molto meglio. È per questo che siamo andati avanti e abbiamo realizzato El Dorado». Un remake a pieno titolo, datato 1967, dal tono drammatico più marcato a firma Leigh Brackett e con Robert Mitchum e James Caan nei ruoli che furono di Martin e Nelson. Niente momenti musicali però. Quelli sono solo di Un dollaro d’onore e della sua ineguagliabile magia filmica.

Nei cinema italiani Un dollaro d'onore fu distribuito il 10 settembre 1959
Nei cinema italiani Un dollaro d’onore fu distribuito il 10 settembre 1959

Talmente irripetibile che, oltre a essere il dichiarato film del cuore di John Carpenter – che ne omaggiò le dinamiche in Distretto 13 – Le Brigate della Morte accreditandosi come montatore sotto lo pseudonimo di John T. Chance – è il film-test di Quentin Tarantino. Su sua stessa ammissione: «Ogni volta che faccio sul serio con una ragazza, le mostro Un dollaro d’onore, ed è meglio che le piaccia». E ci fu anche un secondo remake, per la cronaca. L’ultima regia di Hawks, Rio Lobo del 1970, è da intendersi come un dichiarato omaggio al film ma soprattutto a El Dorado. Nel cast, come sempre, John Wayne nei panni del fiero uomo di legge, ma quella è tutta un’altra storia…

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