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HOT CORN PICKS | Gary Cooper, quel primo Oscar e l’importanza del Il sergente York

Una storia vera, due Oscar, la guerra, un film indimenticabile: perché riscoprirlo in streaming

Gary Cooper in uno dei poster americani de Il sergente York.

MILANO – «Questa uniforme non è in vendita». Fu con queste parole che il Sergente Alvin C. York, pluridecorato soldato dell’esercito americano rispose al produttore Jesse Lasky. Era dal 1919 che Hollywood spingeva per portare sul grande schermo le gesta eroiche del soldato York. A fargli cambiare idea fu la minaccia della Seconda guerra mondiale e York acconsentì. Vedeva nella trasposizione delle sue gesta un dovere morale verso la Nazione, come ispirazione per i soldati americani. Prima di dare il benestare alla lavorazione però York pose tre condizioni. Primo, una parte dei profitti avrebbe finanziato una Scuola Biblica che voleva costruire. Secondo, nessuna attrice fumatrice scritturata. Terzo, Gary Cooper protagonista. Così prese forma nel 1940 Il sergente York di Howard Hawks.

I titoli di testa de Il sergente York.

Il risultato fu un capolavoro da Oscar, perfetto punto d’incontro tra esigenze artistiche e propagandistiche. Vincitore di 2 Oscar nel 1942 (Miglior attore e montaggio) a fronte di 11 nomination tra cui Miglior film e Miglior regia, Il sergente York racconta del suo protagonista omonimo: Alvin York (Gary Cooper). Un contadino del Tennessee ubriacone e attaccabrighe. Dalla sua però, Alvin ha la fama di tiratore eccezionale. Con la madre (Margaret Wycherly), i fratellini George (Dickie Moore) e Rosie (June Lockhart) e il Pastore Pile (Walter Brennan) ormai rassegnati alla sua anima ribelle e senza meta, una sera Alvin subisce un risveglio religioso: un fulmine lo centra in pieno. Una folgorazione, fisica oltre che spirituale, che indirizza la sua vita verso pascoli di sacrificio e rettitudine.

La guerra in arrivo: una scena de Il sergente York.

Prossimo al matrimonio con Gracie (Joan Leslie), tutto cambia con l’avvento della Grande Guerra. Nonostante le credenze religiose, l’Esercito ne scopre il talento balistico arruolandolo come caporale. Per Alvin ha così inizio un’avventura destinata a renderlo uno dei più grandi eroi che la storia americana ricordi. Prodotto da Warner Bros, con 16 milioni di dollari d’incasso Il sergente York – che oggi trovate in streaming qui su CHILI – fu il successo di quell’annata. Questo per via del tempismo con cui arrivò in sala. L’opera di Hawks riuscì a cogliere l’elettricità nell’aria di un’entrata in guerra che al momento della lavorazione e del rilascio in sala (27 settembre 1941) sembrava prossima si, ma non certa. Nemmeno due mesi dopo, l’America fu scossa dall’attacco di Pearl Harbor (7 dicembre 1941) segnando il definitivo ingresso in guerra.

Gary Cooper con Walter Brennan, il pastore.

Un’inerzia impareggiabile e irripetibile quella de Il sergente York. Capace di potenziare gli intenti retorici e velatamente allegorici di una narrazione i cui fini propagandistici pro-interventisti funsero da entusiastica chiamata alle armi che spinse numerosi giovani americani ad arruolarsi appena usciti dalla sala. Passato alla storia come il primo dei due Oscar vinti da Gary Cooper – il secondo sarà con Mezzogiorno di fuoco (di cui potete leggere qui) nel 1953 – nonostante il punto fermo “imposto” da York nelle trattative con Warner, Cooper non era del tutto convinto della parte perché riteneva i suoi quarant’anni “di troppo” per interpretare uno York che quando incise il suo nome nella storia militare americana era poco più che trentenne. L’incontro con l’eroe di guerra spinse Cooper a riconsiderare la decisione. Si sentì onorato di poter vestire i panni del pluridecorato Sergente.

Sul fronte: Gary Cooper in una scena.

Per via della sua età e di un vecchio infortunio all’anca, Cooper non poté prendere parte alla guerra. Sotto un certo punto di vista quindi la benevola carica valoriale del suo agente scenico infarcita di cristianità, rettitudine e una morale positivamente americana, ebbe come una funzione taumaturgica per il suo animo. Il sergente York e l’arco di trasformazione dell’eroe – pura esaltazione del self-made-man sullo sfondo di un sogno americano speranzoso e mitologico – gli permise di poter fare la sua parte attraverso una performance misurata ed intensa. Cooper arrivò a definire Il sergente York il suo film preferito tra quelli realizzati. E tutto grazie al soldato Alvin York su cui Cooper spese parole al miele all’indomani dell’Oscar: «Mi piaceva il ruolo, per via dello sfondo del film, e perché stavo interpretando un buon personaggio americano».

Cooper in un altro momento: fu il suo primo Oscar.

Il sergente York ha però soprattutto rappresentato (incredibilmente!) la prima e unica nomination agli Oscar in oltre quarant’anni di carriera per l’innovatore e sperimentatori di generi Howard Hawks. Ironia della sorte agli albori della pre-produzione non era lui il regista scelto dalla Warner per consegnare all’immortalità cinematografica le gesta di Alvin York: era Michael Curtiz. A Hawks sarebbe toccata la regia di Casablanca – poi proprio di Curtiz – da lui immaginato come una commedia musicale. Durante un pranzo, confrontando le idee, capirono che l’uno stava realizzando il film dell’altro. Si scambiarono così i copioni e fecero capo a Jack Warner che, dal canto suo, appoggiò la scelta – e le ispirazioni – dei due cineasti. Ottant’anni dopo la storia ha dato ragione ad entrambi.

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