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Batman – Il ritorno | Tim Burton, Catwoman e il cuore nero di un sequel unico

Keaton, Pfeiffer, DeVito, Walken e la genesi di un film unico. E poi? Le atmosfere natalizie…

Tris d'assi: Keaton, Pfeiffer & DeVito.

ROMA – Dopo il successo di Batman, quinto al botteghino del 1989 con i suoi 411 milioni e mezzo di dollari, alla Warner Bros tutti volevano un sequel sulla gesta del Crociato Incappucciato di Michael Keaton, al punto che, piuttosto che distruggere il set della gotica Gotham dei Pinewood Studios, preferirono acquistarli (e preservarli) per la modica cifra di 2 milioni di dollari. Tutti lo volevano, dicevamo. Tutti, eccetto uno: Tim Burton, il regista, che nel suo credo registico riteneva valesse la pena di fare un sequel solo se c’era la possibilità di fare qualcosa di nuovo: «Devi andare oltre, davvero, perché il primo film lo si fa per il brivido dell’ignoto ma un sequel azzera tutto, lì devi esplorare il livello successivo». Da queste parole prende via il nostro viaggio di Batman – Il ritorno del 1992, nuova puntata della nostra amata serie di Longform (qui le altre) in cui vi raccontiamo del livello successivo del Cavaliere Oscuro burtoniano.

Danny DeVito, il pinguino geniale (e l’ombrello…).

La Warner aveva già una buona idea alla base. Al primo draft, lo script dello sceneggiatore del film precedente, Sam Hamm, oltre ad ampliare la dimensione narrativa del procuratore distrettuale Harvey Dent (Billy Dee Williams) e sviluppare il rapporto tra Bruce Wayne e Vicki Vale (Kim Basinger), avrebbe introdotto il personaggio di Robin (il sidekick di Batman), e di Oswald Cobblepot come cattivo principale con al suo fianco Edward Nygma, l’Enigmista con, rispettivamente, Dustin Hoffman e Robin Williams (!) come interpreti. La rinuncia di Williams al progetto per dedicarsi a Risvegli di Penny Marshall, comportò la sostituzione del personaggio con Selina Kyle su suggerimento di Burton, concepita da Hamm dalla caratterizzazione iper-sessualizzata. Inoltre settò sin da subito la caratteristica atmosfera natalizia, arricchendola di una banda di Babbi Natale armati di fucili d’assalto, poi rimossi.

Villa Wayne illuminata dal bat-segnale

Nonostante la ricchezza di particolari di un’idea filmica quasi definitiva, o comunque molto simile a quella che sarà poi l’inerzia narrativa di Batman – Il ritorno, Burton non fu convinto particolarmente dallo script di Hamm. Non lo sentiva suo e non lo riteneva nemmeno particolarmente innovativo. Del resto non è che avesse amato il precedente Batman, tanto da arrivare a definirlo: «A tratti noioso, il mio film meno amato». Il risultato? Contro i voleri della Warner rinunciò al progetto per dedicarsi alla regia di Edward mani di forbice e alle prime fasi di The Nightmare Before Christmas (di cui potete leggere qui). Accettò di tornare? Ovviamente sì, a condizione di poter sostituire Hamm con lo sceneggiatore Daniel Waters che si occupò di dare spessore alla dimensione narrativa di Catwoman in modo che fosse qualcosa in più di una fantasia sessuale feticcia come nella visione di Hamm, piuttosto una forte eroina femminista.

Michelle Pfeiffer è Selina Kyle/Catwoman in una scena di Batman - Il ritorno
Michelle Pfeiffer è Selina Kyle alias Catwoman

Non è che a Waters importasse particolarmente di Batman, dei suoi fili narrativi o del concetto stesso di sequel: «Burton e io non abbiamo mai pensato a cosa penseranno i fan dei fumetti, ci occupavamo solo dell’arte. Credo che il personaggio dovrebbe riflettere i più oscuri tempi contemporanei. L’idea di un eroe che lascia i cattivi catturati per le autorità è obsoleta». Ovvero: Batman avrebbe ucciso solo se quel gesto fosse stato significativo nell’economia del momento narrativo. Va da sé come lo script da lui redatto di Batman – Il ritorno si caratterizzò inizialmente di dialoghi amari e cinici per l’oscuro protagonista. Di tutt’altro avviso Keaton – che riteneva che come Batman il suo agente scenico dovesse parlare a monosillabi – e lo stesso Burton che vedeva in Batman: «Un’anima ferita, non un vigilante nichilista e vendicativo».

«Batman è un'anima ferita, non un vigilante nichilista e vendicativo»
«Batman è un’anima ferita, non un vigilante nichilista e vendicativo»

Il suo script finì con il raccontare la storia dal punto di vista dei cattivi e il suo retaggio trentennale non mente in merito. Fu presentato al Chinese Theatre il 16 giugno 1992, sequel segnato dall’innovazione. Come il Pinguino, ad esempio, che se nello script di Hamm era nulla di più che «Un gangster con una sigaretta e un cappello a cilindro» con Waters divenne «Un essere animalesco, una figura tragica. Un uomo abbandonato da bambino dai genitori, un riflesso del trauma infantile di Bruce Wayne». Questo influì anche sulla scelta dell’interprete: da Hoffman si passò a Danny DeVito come unica scelta. Inizialmente riluttante, accettò il ruolo su suggerimento dell’ex-Joker Jack Nicholson. Discorso diverso per Max Shreck (Christopher Walken) chiamato così in onore del mitologico Max Schreck del Nosferatu di Murnau (di cui potete leggere qui).

Danny DeVito è Oswald Cobblepot alias il Pinguino in una scena di Batman - Il ritorno
Danny DeVito è Oswald Cobblepot alias il Pinguino

Fu ideato da Waters e Burton per sostituire l’Harvey Dent del capitolo precedente in modo da rimarcare il senso di distacco narrativo di Batman – Il ritorno da Hamm e dal suo Batman. Il risultato? Un villain formidabile, tridimensionale, satirico, voluto da Waters per un motivo specifico: «Perché i veri cattivi del nostro mondo non indossano costumi». Rimossero, inoltre, il personaggio di Vicki Vale per giocare maggiormente sulla dualità caratteriale dentro-e-fuori la maschera della dinamica relazionale Batman/Bruce Wayne e Catwoman/Selina Kyle. Robin arrivò sino all’ultimo per poi essere rimosso da Waters perché ritenuto: «Il personaggio più inutile del mondo», per cui, in realtà, era previsto che Marlon Wayans vi prestasse volto e corpo. In realtà lo fece ma solo virtualmente. Per quando Robin fu fatto fuori dalla visione narrativo-burtoniana infatti la Warner aveva già realizzato il costume, finanziato action figures e messo sotto contratto l’attore.

Christopher Walken è Max Shreck in una scena di Batman - Il ritorno
Christopher Walken è Max Shreck

Quel Wayans che rivelò anni dopo di aver ricevuto per una buona fetta di tempo assegni forfettari come risarcimento per il ruolo mancato. A proposito di Catwoman invece, incredibilmente non fu Michelle Pfeiffer – che la rese perfetta e iconica – la prima scelta di Burton. In origine infatti il ruolo fu assegnato ad Annette Bening che dovette rinunciarvi dopo che rimase incinta della prima figlia Kathlyn (oggi Thomas). Fece un tentativo Sean Young, con tanto di costume da Catwoman in un’audizione improvvisata, ma convinse poco. Infine la formidabile Pfeiffer che tra un uccello vivo in bocca, colpi di frusta e stunt compiuti personalmente, impressionò non poco Burton tanto da fargli esclamare: «Lasciò tutti a bocca aperta, il lavoro e la sua performance furono impressionanti» guadagnandosi una buona fetta di immortalità cinematografica. Poi accadde l’impensabile: sul finire della pre-produzione Burton e Waters arrivarono ai ferri cortissimi.

Come Catwoman Michelle Pfeiffer lasciò tutti a bocca aperta

Il motivo? La Warner gli impose una semplificazione dei dialoghi oltre che un lieve alleggerimento del tono di un Batman – Il ritorno che, fino a quel punto, si caratterizzava di una spaventosa densità narrativa. Ma soprattutto di una maggior focalizzazione sul Pinguino e su un piano generale che avvolgesse tutto il racconto. Cosa che effettivamente accade ora nello sviluppo della dinamica caratteriale con Shreck che diede alla narrazione un certo retrogusto politico-sociale, ora nella coesione tra Pinguino e Catwoman contro il nemico Batman. Non saranno impiantate però da Waters – che dalla sua sbottò, urlando a Burton: «Ma che ca**o è questa me*da!?!» finendo con l’essere allontanato dalla produzione (pur risultando nei credits) – ma da Wesley Strick. Dello script originale di Hamm rimase solo un elemento che ha finito però con il rendere Batman – Il ritorno un’opera di indubbio interesse: il Natale sullo sfondo.

Michael Keaton veste nuovamente i panni di Bruce Wayne/Batman dopo il film del 1989
Michael Keaton veste nuovamente i panni di Bruce Wayne/Batman dopo il film del 1989

Quello per cui, nel fervore dei giorni antecedenti al Natale, Pinguino avrebbe voluto avere «L’occasione di trovare mia madre e mio padre. Un’occasione per accertare chi essi siano e, di conseguenza, chi sono io», dopo essere stato abbandonato nel prologo proprio il giorno di Natale. Lo stesso per cui Shreck – autoribattezzatosi Papà Natale – avrebbe voluto: «Poter donare di più che dei costosi giocattoli. Un mondo di pace e un incondizionato amore confezionati con un grande fiocco!». Badate bene però perché Batman – Il ritorno, pur essendo del tutto saturo dell’energia del Natale, è tutt’altro che un film natalizio nel senso più comune del termine. Del resto la ricerca d’amore familiare del Pinguino finisce con l’essere sublimata e sotterrata dai bramosi piani di conquista, mentre Shreck/Papà Natale ne sfrutta cinicamente i luoghi comuni per dipingersi falsamente come altruista e benevolo solo per ottenere consensi elettorali.

Il Natale nella gotica Gotham di Tim Burton

Un’opera dalla scrittura intelligente e che desta curiosità Batman – Il ritorno, ieri come oggi, trent’anni dopo, che nell’avvolgersi di un tono dark grondante di fogne puzzolenti, omicidi vividi e sanguinosi, sequenze spiazzanti (una su tutte la genesi di Catwoman e quei peluche squarciati), sessualità BDSM, un Pinguino inquietante ed animalesco e quei Batman/Bruce Wayne e Catwoman/Selina Kyle angosciosi solitari isolati nella dualità delle loro vite, ribalta del tutto le convenzioni della festività ibridandole con le estetiche e le inerzie del cinecomic così da consegnarci – se non il definitivo anti-film di Natale – uno dei sequel più riusciti della storia del cinema nell’arricchire di colore e immagini la riuscita componente gangster del predecessore: il livello successivo per l’appunto. Fissato il budget a 80 milioni di dollari in modo che fosse «Più un film di Tim Burton» rispetto al precedente del 1989, ne incassò 266 in tutto il mondo.

«La verità è che Batman - Il ritorno non fu mai presentato come un film adatto ai bambini»
«La verità è che Batman – Il ritorno non fu mai presentato come un film adatto ai bambini»

Una cifra importante per Batman – Il ritorno ma non sufficiente ad eguagliare Batman visti i 150 milioni di dollari in meno nelle casse che fecero crollare le previsioni di incasso, tanto da far esclamare ad un anonimo executive: «Troppo oscuro quel film e in effetti nemmeno molto divertente». Nonostante il rating PG-13 infatti i contenuti violenti e sessualizzati fecero piovere migliaia di lettere di reclamo negli uffici Warner, a detta di Waters: «È come se i bambini piangessero e gli adulti si comportassero come se fossero stati aggrediti. La verità è che non fu mai presentato come film adatto ai bambini». Questo spinse la Warner a voltare pagina, si, ma non a dichiarare conclusa l’esperienza di Batman. Per il successivo Batman Forever infatti si puntò sul compianto Joel Schumacher per un’impronta registica più family-friendly e fumettosa, o per meglio dire kitsch.

Michael Keaton nei panni di Bruce Wayne in una scena di Batman - Il ritorno
Michael Keaton nei panni di Bruce Wayne. Notare i graffi.

Schumacher che – quando fu annunciato come regista di Batman Forever – raccontò con queste parole della volta in cui andò al cinema a vedere Batman – Il ritorno: «Vidi il pubblico spiazzato dal Pinguino di DeVito. E poi c’era la Pfeiffer, favolosa, si, ma forse un po’ troppo sadomaso per certe persone». Tornando a Burton invece – che nell’infelice ma brillante Batman Forever figurerà come produttore esecutivo – dalla sua non si stupì più del cambio di rotta: «Penso che la Warner Bros. abbia pensato che fosse troppo strano. Volevano qualcosa più adatto alle famiglie, ai bambini. In altre parole? Volevano che facessi un altro film». Ma per quel che vale è già bellissimo così per noi di Hot Corn e ci ha anche lasciato un’altra grande storia del nostro amato cinema.

  • INTERVISTE | Tim Burton: «Il cinema? Il mio sogno più grande»
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Qui sotto potete vedere il trailer del film:

 

 

 

 

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