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Avatar | James Cameron, quella folle scommessa e l’inizio del viaggio su Pandora

Sam Worthington e Zoe Saldana, i Navi’i, Project 880, e quell’assalto (respinto) della Disney,

L'inizio di tutto.

ROMA – A volte basta poco perché un film lasci il segno nella storia del cinema. Può riuscirci grazie ad una scena memorabile o con un’interpretazione da sogno. Poi c’è chi decide di osare prendendosi un posto nella storia entrando direttamente dalla porta principale. Avatar di James Cameron fece esattamente questo: divenne memorabile in un batter d’occhio. E non soltanto per la pionieristica tecnica 3D (Reality Camera System) con cui è stato girato – tecnica sviluppata dallo stesso Cameron con cui simulare lo sguardo umano in un gioco di prospettive leggermente diverse attraverso due cineprese – Avatar è il più grande incasso della storia, di tutti i tempi, e lo è da almeno dieci anni. Certo è un titolo mellifluo, ma ci sono (ad oggi) 2.847.397.339 di buone ragioni (e di dollari) per cui il kolossal fantascientifico di Cameron è da prendere in seria considerazione.

Benvenuti su Pandora

Tornato in auge nel 2019 dopo la rincorsa al botteghino di Avengers: Endgame (a cui Avatar ha prontamente risposto nel 2021 grazie ad una ri-distribuzione ad hoc nel sempre florido e ricco mercato cinese) e nuovamente sulla cresta dell’onda grazie all’attesissimo primo dei quattro sequel in programma da qui al 2028 (Avatar – La via dell’acqua) arrivato finalmente al cinema dopo oltre dieci anni di attesa, c’è in realtà tanto altro da raccontare a proposito di Avatar (lo trovate su CHILI), o di quello che Cameron ebbe romanticamente a definire come «Un totale tuffo nell’ignoto. Come gettarsi da un dirupo nel buio con indosso soltanto un paracadute: è divertente essere al limite e sapere che stai facendo qualcosa che nessuno ha mai fatto prima», facciamo un passo indietro però, esattamente fino al 1994.

Sam Worthington e Zoë Saldana sono Jake Sully e Neytiri in una scena di Avatar
Sam Worthington e Zoë Saldana sono Jake Sully e Neytiri

In quell’anno Cameron scrisse un trattamento di 80 pagine su di un soggetto dal titolo non ben precisato ma che possiamo serenamente definire come l’antenato di Avatar traendo ispirazione da «Ogni singolo libro di fantascienza che ho letto da bambino, e alcuni non erano di fantascienza (Edgar Rice Burroughs, H. Rider Haggard). Volevo fare un’avventura nella giungla vecchio stile, ambientata però su di un altro pianeta giocando secondo quelle regole», più o meno lo stesso modus operandi d’ispirazione eccellente che portò George Lucas agli inizi degli anni settanta a dar vita alla genesi di Star Wars (di cui potete leggere qui). Il progetto fu poi messo in stand-by da Cameron per concentrarsi sull’imminente pre-produzione di Titanic. C’era però l’ambizione di voler andare avanti e la consapevolezza che il non-ben-definito-Avatar sarebbe stato il suo progetto successivo. Nel 1996 però i suoi sogni di gloria a tecnica mista live action/cgi dovettero ridimensionarsi.

«Un totale tuffo nell’ignoto. Come gettarsi da un dirupo nel buio con un paracadute»

Mancava la tecnologia giusta per realizzare Avatar. Al punto che, solo per la scenografia e i caratteri galattici necessari a rendere credibile la narrazione, la Digital Domain preventivò un budget di oltre 400 milioni di dollari: per intenderci, la metà del budget che la 20th Century Fox stanziò per Titanic. Passati circa dieci anni, in un’intervista sui suoi progetti futuri Cameron affermò di volersi dedicare ad un adattamento di Alita: Angelo della battaglia (di cui potete leggere qui), e ad un curioso progetto segreto intitolato Project 880 incentrato su un ex-marine di nome Josh Sully e ambientato in una Terra selvaggiamente industrializzata, in pieno caos, in cui gli esseri umani si sarebbero cibati di alghe marine. Inoltre, Project 880 avrebbe raccontato di un pianeta satellite noto come Pandora, dove i suoi abitanti (i Na’vi) sarebbero stati addestrati dagli umani tramite appositi avatar.

L’origine della vita su Pandora

Vi dice qualcosa? Era pur sempre il primissimo draft del resto, o come lo definì ex-post Cameron agli executives della Fox per cui realizzò nel 2005 una clip esplicativa: «Una versione diversa e riorganizzata di Avatar». In quei dieci anni cambiò l’intera percezione tecnica del progetto. Dopo aver visto i progressi compiuti dalla Disney per la morfologia di Davy Jones in Pirati dei Caraibi – La maledizione del forziere fantasma, e da Peter Jackson tra le sequenze belliche della trilogia de Il Signore degli Anelli e la cura scenografica di King Kong, Cameron sentì che era giunto il momento di provare a fare sul serio con Project 880/Avatar: «Ho aspettato che la tecnologia della grafica computerizzata avanzasse sempre più, facendo si che che i costi non sarebbero lievitati troppo. Voglio creare una nuova grafica virtuale aiutandomi con l’animazione del motion capture».

«Volevo fare un’avventura nella giungla vecchio stile, ambientata però su di un altro pianeta»

Iniziò così a strutturare uno script sempre più corposo e denso che nel delineare le atmosfere di un Pandora selvaggio e solo apparentemente inospitale vide al suo interno ispirazioni eccellenti e per certi versi spiazzanti: «Pocahontas e Giocando nei campi del signore sono stati tra i film che usato come riferimento. Anche La foresta di smeraldo che forse non è poi così tematicamente connesso con un racconto che è storia di civiltà e culture» – per poi aggiungere – «Ho raccolto tutto questo materiale per guardarlo attraverso la lente della fantascienza e ne è uscito un aspetto diverso ma molto riconoscibile di una storia universale e alla portata di tutti». La Fox stanziò per Avatar un budget di 387 milioni di dollari di cui solo 237 di produzione e marketing. Quando la lavorazione sembrava prossima ad avere il semaforo verde, Cameron decise di fermarsi.

Avatar: molto più di un 'remake in blu' di Pocahontas
Avatar: molto più di un ‘remake in blu’ di Pocahontas

Nonostante fosse tutto pronto, con tanto di casting annunciato di Sam Worthington (che al momento dell’audizione era praticamente un senzatetto), Zoe Saldana e quella Sigourney Weaver con cui non lavorava dai tempi di Aliens – Scontro finale (di cui potete leggere qui) come protagonisti, dopo alcuni test sugli effetti speciali Cameron si rese conto che Avatar non sarebbe stato ancora dotato di quell’estetica da lui ricercata. Decise così di sospendere la lavorazione, ancora una volta: «L’aspirazione è di raccontare una storia sul piano mitologico. Ho creato un’intera cultura aliena, un linguaggio (fu ingaggiato il linguista Paul Frommer). Per questo voglio personaggi in cgi fotorealistici. Ho speso gli ultimi 14 mesi lavorando al performance capture, spenderò i prossimi mesi completando gli effetti visivi. È una sfida ed è per questo che ho deciso di farlo: non uscirà prima dell’estate 2009».

«L’aspirazione è di raccontare una storia sul piano mitologico. Ho creato un’intera cultura aliena, un linguaggio. È una sfida ed è per questo che ho deciso di farlo»

Manco a dirlo nei corridoi della Fox iniziò a serpeggiare il malumore. Memori della difficile esperienza avuta con Titanic in cui la lavorazione subì contraccolpi e ritardi, il rischio che Avatar potesse essere una sorta di versione 2.0 de I cancelli del cielo (di cui potete leggere qui) era realmente altissimo. Per placare gli animi dei suoi produttori Cameron promise loro che se il film si fosse rivelato un flop avrebbe rinunciato al proprio ingaggio. Servì a poco. Lo slittamento di tre anni rispetto ai piani originari spinsero la Fox nella figura dell’allora presidente Dick Cook a cederne i diritti. Si fece sotto (ironicamente) la Walt Disney Company che propose un’offerta sostanziosa per acquistare Avatar. Quando l’affare sembrava sul punto di concludersi Cook cambiò idea esercitando il suo diritto di prelazione: Avatar rimase saldamente nelle mani della Fox.

La primissima scena di Avatar
La primissima scena di Avatar

Il motivo del passo indietro? La Ingenious Media entrò in co-produzione accettando di ridurre l’esposizione finanziaria della Fox a meno della metà del budget di Avatar. Salvando così la criticità produttiva di una narrazione preziosa nella sua mistura chimica di sapori filmici incastonata tra passato e presente. È un’identità narrativa variegata quella di Avatar. Un’opera che è western spaziale protorevisionista e kolossal ecologico-sociale, acuta riflessione sull’insensata ferocia dell’Imperialismo europeo in terra americana tra Maya e Indiani d’America, formidabile allegoria antibellica nel rievocare fantasmi al sapore di sconfitta tra Vietnam e l’Iraq e perfino – rivisto oggi – indiretto anticipatore del metaverso e del Web 4.0. Tutte atmosfere cucite addosso a quel viaggio dell’eroe del soldato Sully semplice ma dagli intenti potenziati nella riscoperta di sé come Na’vi, che della narrazione universale (e viscerale) dell’eccezionale Avatar è cuore e anima.

La scena finale di Avatar
Quell’ultimo, formidabile, shot

Originariamente pensato per essere distribuito nel maggio 2009, alcuni ritardi sulla post-produzione – nonché il permettere ai cinema di attrezzarsi per la proiezione in 3D – spinsero la Fox a rimandare la distribuzione di un paio di mesi. Avatar sarà presentato a Londra in anteprima mondiale il 10 dicembre 2009 per poi essere lanciato nelle sale di tutto il mondo quasi una settimana dopo (nelle sale italiane il 15 gennaio 2010). Ora per la tecnica 3D in dote, ora per la solo apparente semplicità narrativa, ma nell’aria si respirava come del tagliente scetticismo attorno ad Avatar che finì con il generare aspettative squilibrate e smisurate in eccesso (di chi lo attendeva come la più grande esperienza filmica mai realizzata) e in difetto (di chi invece lo bollò come sterile remake in blu di Pocahontas).

«Le persone vogliono una realtà alternativa persistente in cui investire sé stesse. Vogliono che valga il loro tempo: vogliono vivere da un’altra parte, come su Pandora»

Cameron era ben consapevole di come si fosse polarizzata l’attenzione attorno ad Avatar. Che ci crediate o meno vedeva nel fervore intorno al film una sfida affascinante: «Bisogna competere a testa alta con gli Star Wars, gli Star Trek, i Il Signore degli Anelli. Le persone vogliono una realtà alternativa persistente in cui investire sé stesse. Vogliono i dettagli. Vogliono che valga il loro tempo: vogliono vivere da un’altra parte, come su Pandora» e a giudicare dall’elettricità nell’aria nella frenetica attesa che si sta creando attorno ad Avatar – La via dell’acqua, l’impressione è che il ritorno su Pandora regalatoci da Cameron durerà molto più di un semplice viaggio di qualche ora, piuttosto l’inizio di un’intera decade in cui sarà colonizzatore assoluto dell’immaginario collettivo e protagonista impareggiabile della stagione cinematografica.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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