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Qualcuno volò sul nido del cuculo | Jack Nicholson, Miloš Forman e la cinquina perfetta

Louise Fletcher e Brad Dourif, il rifiuto di Ellen Burstyn e gli Oscar: alle origini di un capolavoro

Qualcuno volò sul nido del cuculo
Jack Nicholson e Will Sampson in una scena di Qualcuno volò sul nido del cuculo.

ROMA – Provocatorio, dolorosamente umano, unico. È il 18 marzo 1976 quando nelle sale italiane arriva Qualcuno volò sul nido del cuculo. Inarrivabile opera al sapor di consacrazione dopo il caustico e innovativo Taking Off del 1971 con cui Miloš Forman scriverà una delle pagine più belle della storia del cinema e della stessa Academy. Una decina di giorni dopo l’arrivo nelle sale italiane – precisamente il 29 marzo 1976 – contro gioielli del calibro di Barry Lyndon, Quel pomeriggio di un giorno da cani, Lo squalo (qui per il nostro Longform) e Nashville, Forman fece filotto alla 48esima edizione degli Oscar. Vincitore del Miglior film, regia, attore protagonista, attrice protagonista, sceneggiatura: in quella sera Forman realizzò per la seconda volta nella storia degli Oscar la cosiddetta cinquina perfetta.

La scena finale e l’abbraccio tra McMurphy e Bromden.

Evento degno di una congiunzione astrale che in quasi un secolo di Academy Awards s’è saputo ripetere soltanto tre volte. Una volta ogni trent’anni a livello statistico, le altre due corrispondevano al nome di Accadde una notte e Il silenzio degli innocenti. Tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey del 1962 a seguito della sua esperienza da volontario nel Veterans Administration Hospital di Palo Alto, il suo colorito titolo è figlio di un particolare gioco di parole. Cuckoo’s nest/Nido del cuculo è uno dei tanti modi che la lingua anglosassone ha per chiamare i manicomi. Non solo, esiste anche una filastrocca in merito: «Three geese in a flock/Uno stormo di tre oche. One flew East/Una volò ad Est. One flew West/Una volò ad Ovest. And one flew over the cuckoo’s nest/e una volò sul nido del cuculo».

Qualcuno volò sul nido del cuculo fu presentato negli Stati Uniti il 19 novembre 1975
Il film fu presentato negli Stati Uniti il 19 novembre 1975

Pur non essendo mai citata in forma dialogica nell’opera di Forman, nel romanzo assume una valenza simbolica ontologicamente basilare. Il cuculo infatti non costruisce nidi per deporre uova, nel farlo utilizza spesso quelli costruiti dai volatili di altre specie. Nel caso de Qualcuno volò sul nido del cuculo s’intende quel Qualcuno (ovvero il Randy McMurphy di Jack Nicholson) che con la sua presenza (a)normale smaschera la repressione carceraria volando sul Nido del Cuculo/manicomio. Eppure, incredibile a dirsi, nonostante l’opera sia indissolubilmente associata alla performance stratosferica di Nicholson – che come McMurphy ottenne il primo Oscar come attore protagonista – questi ha rischiato di non prendere parte al progetto tanto che in origine volto e corpo di McMurphy sarebbero dovuti essere di Kirk Douglas, che lo interpretò già a Broadway alla metà degli anni Sessanta su regia di Dale Wasserman.

Jack Nicholson è Randy McMurphy in una scena de Qualcuno volò sul nido del cuculo
Jack Nicholson è Randy McMurphy

Acquistati i diritti di utilizzazione del romanzo di Kasey, per circa un decennio Douglas cercò invano produttori disposti a finanziare Qualcuno volò sul nido del cuculo per poi – arresosi – scelse di vendere i diritti al figlio Michael (qui nelle vesti di produttore). Per Douglas, al tempo sessantenne, sarebbe stata quindi l’agognata possibilità di coronare un sogno tanto seguito e cullato. L’ironia del destino volle però che la United Artists lo ritenne troppo anziano per la parte, tanto da dirigere le proprie attenzioni verso James Caan, Marlon Brando e Gene Hackman. A spuntarla invece fu Jack Nicholson, appena trentottenne, fresco del successo di Chinatown. Scelta, quest’ultima, non del tutto figlia del caso. Nelle prime fasi creative infatti, ancor prima che venisse scritturato Forman, il regista favorito dalla produzione era Hal Ashby.

In origine ci sarebbe dovuto essere Hal Ashby alla regia

Il regista di Harold & Maude (qui per il nostro Longform) – che con Nicholson lavorò nell’immortale L’ultima corvè – non esitò a indicarlo alla United Artists come perfetto McMurphy perché incuriosito dalla semplice idee. Parallelamente uno degli executives della United Artists, Saul Zaentz, da avido lettore, propose a Kesey di scrivere lo script. L’autore prese parte alle prime fasi di sviluppo del progetto creativo senza mai, purtroppo, portarlo a termine, tanto da arrivare a dissociarsi dal lavoro finito e da scegliere di non vedere mai Qualcuno volò sul nido del cuculo. Sembrerebbe infatti che si fosse ritirato dall’adattamento filmico del suo capolavoro letterario per divergenze creative relative a casting e punto di vista narrativo. Il tutto si concluse con una causa intentata contro la United Artists conclusasi con un accordo in suo favore: nei credits sarebbe figurato come solo soggettista.

Louise Fletcher è l'infermiera Ratched in una scena de Qualcuno volò sul nido del cuculo
Louise Fletcher è l’infermiera Ratched

La paternità dello script di Qualcuno volò sul nido del cuculo è invece attribuibile a Bo Goldman e Lawrence Hauben. Per la celebre villain scenica invece, l’infermiera Ratched, non fu affatto facile trovarvi l’adeguata interprete. All’epoca infatti molte molte attrici si rifiutarono di prestare le proprie fattezze a un personaggio dalla simile caratura morale. Tra i rifiuti celebri citiamo quelli di Anne Bancroft, Tippi Hedren, Geraldine Page e della compianta Angela Lansbury. Il più iconico è però ascrivibile ad Ellen Burstyn che rifiutò e per una motivazione plausibile e toccante. All’epoca doveva prendersi cura del marito Neil Nephew sofferente di un’acuta forma di schizofrenia violenta. Il ruolo, cucito su misura per lei – specie dopo il successo de L’Esorcista (qui per il nostro Longform) – portò molti spettatori a confondere la Burstyn con l’effettiva attrice scelta: Louise Fletcher, notata da Forman nell’altmaniano Gang.

Uno dei momenti chiave del film: la sequenza dell’elettroshock

Per un’opera da cinquina perfetta, Qualcuno volò sul nido del cuculo, di quei capolavori capaci di lasciare il segno ancora e ancora, oggi come ieri, (quasi) cinquant’anni dopo, infarcita di riflessioni sui diritti dell’individuo e la contestazione all’autorità, di denuncia verso la violenze sessuali sui minori e sulle intolleranze etnico-culturali, di disequilibrio e follia biologica, ma soprattutto dell’handicap e il modo in cui questo viene percepito dalla società. Una carica tematico-valoriale densa e stratificata che per Forman ha rappresentato molto più di questo: «Per me (la storia) non era solo letteratura, ma vita reale. La vita che ho vissuto in Cecoslovacchia dalla mia nascita nel 1932 sino al 1968. Il Partito Comunista era la mia infermiera Ratched. Dicendomi quello che potevo e non potevo fare, quello che mi era e non mi era permesso dire, dove mi era permesso andare, anche semplicemente chi ero e chi non ero».

«Per me (la storia) non era solo letteratura, ma vita reale. La vita che ho vissuto in Cecoslovacchia dalla mia nascita nel 1932 sino al 1968. Il Partito Comunista era la mia infermiera Ratched»

Cucire quindi addosso alla valenza sociale di un’opera che è puro e crudo atto di denuncia nei confronti degli abusi psichiatrici condotti dal sistema sanitario e delle sue strutture riabilitative, una significazione allegorica con cui rileggerne e al contempo valorizzarne e caricarne di senso l’inerzia. Non a caso, citata al quinto posto nella AFI’s 100 Years…. 100 Heroes & Villains, nella repressione carceraria del regime imposto da una Ratched la cui carica valoriale non è affatto dissimile da quella di una dittatrice disumana si leggono un’infinità di abusi e annientamenti dell’individuo sin nelle sue più naturali e semplici libertà. Emblematica, in tal senso, la sequenza che precede il climax di Qualcuno volò sul nido del cuculo: la regressione di un ormai sicuro di sé e toccato dall’amore Billy (Brad Dourif) da parte della Ratched con una sola, semplice, minaccia di riferirlo a sua madre.

Brad Dourif è il giovane Billy in una scena de Qualcuno volò sul nido del cuculo
Brad Dourif è il giovane Billy

Nella maestria recitativa di due magnifici interpreti Forman aggiunge quella nota di dolore in più di un racconto di suo già caustico, dalla composizione d’immagine fluida e senza filtri, che trova qui il definitivo punto di rottura di un equilibrio malsano e dall’inerzia caotica, nonché il conclamato fallimento del sistema psichiatrico americano di cui l’istituto mentale di Salem ne è simulacro scenico-narrativo. Prima di tutto però c’è l’arrivo di McMurphy in apertura di Qualcuno volò sul nido del cuculo turning point che è pietra narrativa posta alle pendici della base drammaturgica del racconto – dà il via al dispiego dell’intreccio scenico, esattamente come ci viene indicato nella sopracitata filastrocca. Con il suo volare sul nido del cuculo infatti, l’oca/agente scenico di Nicholson rompe l’equilibrio narrativo togliendo il velo di ipocrisia intessuto e adagiato dalle istituzioni sulla gestione degli individui sofferenti di disagio psichico.

«Ma che cosa vi credete di essere, vac*a tro*a? Pazzi? Davvero? Invece no»

Sullo sfondo della dinamica relazionale principe McMurphy-Ratched – rilettura sfumata della dicotomia bene/male dalla carica valoriale-caratteriale opposta e antitetica – prende così vita un racconto dalla mutevolezza dolce e delicata. Una frase che sembra perfino una provocazione se associata alla tematica di Qualcuno volò sul nido del cuculo. Ma in fin dei conti c’è dolcezza nei tentativi di McMurphy di voler istillare nuovamente l’umanità in individui depersonalizzati e resi omogeneamente privi di colore. Involucri (non)viventi ingozzati di pillole, legati al letto, annientati nello spirito da pratiche terapeutiche umilianti. Uomini con cui Forman ci fa entrare in empatia tra lacrime di dolore e di gioia attraverso un costante annacquamento del tono marcatamente drammatico. Espediente ontologicamente basilare con cui alleggerire il pathos della narrazione attraverso punte di vivace cameratismo e gioiosa allegria.

Qualcuno volò sul nido del cuculo: un film sul valore della vita
Qualcuno volò sul nido del cuculo: un film sul valore della vita

Momenti scenici ribelli di contestazione all’autorità/Ratched, figli del contesto storico-sociale di riferimento, che vanno in aperto (e necessario) contrasto con le immagini di insita violenza tra elettroshock e lobotomia. Quest’ultima da intendersi, nell’economia del racconto de Qualcuno volò sul nido del cuculo, un’estrema ratio dalla duplice valenza: annientare definitivamente la personalità dell’individuo e al contempo semplificare il lavoro di infermieri pigri e inutilmente disumani. I mille e uno motivi stratificati per cui, giunti quasi al mezzo secolo di vita, non si può smettere di parlare del capolavoro da Oscar di Miloš Forman. Un gioiello destinato a risplendere – e il cui eco perdurare – nelle decadi successive.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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