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TOP CORN | Tra pugni e vita: perché Creed II è un sequel all’altezza di Rocky

La rivincita epica ed emozionante di Michael B. Jordan e Sylvester Stallone secondo Steven Caple Jr.

Prendere nota: i sequel – anzi, i finali – di saghe leggendarie come questa, dovrebbero essere tutti come Creed II. L’eredità pesante, arrivata al semi-sconosciuto Steven Caple Jr. e lasciatagli da Ryan Coogler volato, intanto, nel Wakanda di Black Panther, è stata spesa al meglio. Dollaro su dollaro, colpo su colpo. L’ultimo atto di Adonis figlio di Apollo, abbracciato a Rocky Balboa e alla sua Bianca, è un insieme di scene madri equilibratamente dosate. Come se fosse, appunto, un incontro di pugilato da dodici round. Dove ogni pugno è ancor più emozionante e decisivo dell’altro.

Una scena del film.

Ma, in Creed II, la boxe, diventa relativa. Perché c’è un percorso di accettazione, di rivincita personale, di redenzione e consapevolezza. Sia nell’Adonis di Michael B. Jordan che, ovviamente, in Sly Stallone, al fianco di quel pugile dalla faccia stropicciata che ha scritto pagine epiche di cinema popolare. Perché il rimando va alla storia: gli Stati Uniti, pur non avendo una propria epica, l’hanno creata grazie al cinema e allo sport. Unendo spesso le due correnti per narrare avventure, gesta e momenti rimasti impressi nella memoria di tutti.

Drago Vs. Creed.

Così, Rocky, dalla corsa sulle scale del Philadelphia Museum of Art, fino al ritorno in Russia faccia a faccia con il suo rivale-nemico di sempre Ivan Drago (un malinconico Dolph Lundgren, che con il tempo ha acquisito una capacità attoriale non indifferente) ha concluso quel viaggio durato quarantadue anni. Ma qui, il dualismo sudato tra USA e Russia, tra ideologie e metodologie, è solo un pretesto per parlare di qualcosa di ancora più profondo, come l’amore tra un padre e un figlio.

La famiglia di Adonis Creed e l’entrata sul ring sulle note di I Will Go to War cantata da Tessa Thompson.

C’è un conflitto interiore che ribolle in Adonis, sfidato – suo malgrado – da Viktor Drago (Florian Munteanu, poche parole ma tanta fisicità), figlio di Ivan. E la sfida arriva proprio mentre Bianca (Tessa Thompson, sempre più brava e sempre più magnetica) aspetta la loro prima figlia. Salire sul ring e cercare vendetta per quel papà morto trentatré anni prima, oppure gettare subito la spugna, perché adesso è tempo di cose più importanti. Dall’altra parte, i dubbi di uno stanco stallone americano: allenare Adonis, ripercorrendo il trauma di quella volta a Las Vegas, o fargli capire che non ne vale la pena. Che i ricordi restano ricordi se non li si va a toccare. Altrimenti, c’è il rischio che la memoria diventi un accecante dolore.

Allora, bisogna accettarsi e accettare il proprio destino. Adonis, come Apollo, è dipendente da quel sacco pieno di sabbia che “Lo fa ragionare”, dice. Cade, Adonis, assieme a Rocky e più di Rocky. Ma, spaccando pietre in mezzo al nulla, sulle note in crescendo di una Runnin suonata e cantata da A$AP Rocky & Jacob Banks (ma tutta la colonna sonora curata da Ludwig Göransson e Mike Will Made It è un tripudio R’n’B, Hip Hop e Soul da ascoltare rigorosamente in cuffia), stacca il biglietto di sola andata per il Paradiso con scalo all’Inferno. Del resto, non c’è vittoria più bella che quella stretta in pugno dopo averle prese da un pugile invincibile che si chiama vita. Prima di tornare, una volta per tutte, a casa. È così che si raccontano le emozioni.

Qui potete vedere il video di I Will Go to War cantata da Tessa Thompson:

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