ROMA – Nel seguito dell’indimenticabile Inside Out, Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto, che a detta di tutti gestiscono da tempo un’attività di successo, non sanno come comportarsi quando arrivano Ansia, Invidia, Ennui e Imbarazzo. Nella versione italiana del film – oltre al ritorno di Stella Musy (Gioia), Paolo Marchese (Rabbia), Melina Martello (Tristezza), Daniele Giuliani (Paura) e Veronica Puccio (Disgusto) – ecco le nuove emozioni, perfettamente adatte all’età dell’adolescenza, con le voci di Pilar Fogliati (Ansia), Deva Cassel (Ennui), Marta Filippi (Invidia) e Federico Cesari (Imbarazzo), insieme a Sara Ciocca nel ruolo di Riley. Ad arricchire il cast il cameo di Stash (Lance Slashblade). Inside Out 2 è diretto da Kelsey Mann, al cinema dal 19 giugno con Walt Disney Pictures.
Un progetto a lungo rincorso, ma soprattutto chiacchierato tra gli executives della Pixar, Inside Out 2, in particolare da Pete Docter – regista del primo che qui figura come produttore – che iniziò a buttare giù un paio di idee preliminari per il sequel già nel gennaio 2016. Quando Inside Out era già in odore di Oscar al Miglior film animato e aveva da poco concluso la sua trionfale cavalcata al box-office incassando quasi 860 milioni di dollari world-wide. Quindi gli annunci, al D23, con Mann alla regia, Mark Nielsen in produzione, Meg LeFauve ancora allo script come nel caso del fortunato (e bellissimo) predecessore e un primo draft che ha visto Mann riformulare l’idea originale di Docter delle Dalle 5 alle 27 emozioni.
Erano nove le emozioni che Mann voleva introdurre in Inside Out 2, ognuna con un proprio colore identificativo: Libertà, Amore, Passione, Forza, Schadenfreude (ovvero provare gioia a spese di qualcuno), Gelosia (che Mann aveva immaginato come due gemelle), Colpa, Ansia e Imbarazzo. L’obiettivo era quello di sopraffare Gioia, ad ogni costo, ma più andava avanti la stesura di questo draft più Mann e la LeFauve sentivano che non funzionava del tutto. Ha cercato, quindi, di ridurre il numero delle emozioni. La Gelosia divenne l’Invidia, la Colpa venne depotenziata e infine assorbita dall’Ansia – a cui il draft definitivo di Inside Out 2 ha dato molto più spazio scenico -, lo Schadenfreude è diventato Ennui (ovvero un misto di noia e stanchezza) e infine Nostalgia.
Tutto in funzione di un world-building che apparisse autentico e stratificato. Perché in un concept come quello di Inside Out 2, dove l’arena scenica in cui lo spettatore si muove è la mente della Riley neo-adolescente, e aumentare le emozioni significa produrre ancora più conflitti interiori all’agente scenico-Riley che affiorano sino a diventare esteriori (qui appare forse la più bella espressione filmica di un attacco di panico nda), nel mondo reale, Mann sceglie di affrontare la sfida della pubertà, tra trasformazioni e incertezze, evoluzioni e salti nel vuoto, ricalcando la struttura narrativa e i sapori scenici del predecessore nei tempi, nel ritmo, nei colori, perfino nei picchi emotivi e nelle dinamiche. Ed è comprensibile, perché nove anni fa Inside Out fu un autentico fenomeno mediatico oltre che filmico.
Un capolavoro da Oscar che ha fatto dell’originalità del suo concept il proprio tratto distintivo. In Inside Out 2, in tal senso, Mann riprende i concetti di ricordi base, delle isole della personalità, di memoria a lungo termine, di inconscio e subconscio, ampliandoli e ramificandone gli effetti dove necessario, sino a condurci al Senso di Sé, ovvero l’insieme dei ricordi e sentimenti formativi che costituiscono la personalità centrale di Riley (e di ognuno di noi di riflesso). E quindi raccontare ancora – si – di integrazione, di amicizia, di coscienza di sé e di identità, di trovare il proprio posto nel mondo a qualsiasi età, che siano undici, tredici o ventinove anni, nelle forme di un insolito coming-of-age sportivo, ma anche di salute mentale e di come gestirla in modo sano.
In questo Inside Out 2 rasenta la perfezione. Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che nel 2024, forse, Mann avrebbe dovuto focalizzarsi su altro. Su identità di genere e tematiche queer, sulle prime cotte o sugli ostacoli della vita da liceale. Ma in fondo, cosa c’è di più coraggioso, a questo mondo, di realizzare un film animato per tutti – adolescenti e non – che ci ricorda di quanto è importante essere noi stessi, di accettarci fino alla fine, di avere paura e di chiedere aiuto quando tutto appare nero? Inside Out 2, un grande sequel, ma soprattutto un grande film. Per tutto il resto ci sarà tempo…
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