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Maestro | Bradley Cooper, Carey Mulligan e la storia di un amore che supera il tempo

La storia, la musica, l’icona Leonard Bernstein e un bianco e nero da favola. Ecco perché vederlo

Bradley Cooper e Carey Mulligan sono Leonard Bernstein e Felicia Montealegre per Maestro, disponibile su Netflix
Bradley Cooper e Carey Mulligan sono Leonard Bernstein e Felicia Montealegre per Maestro, disponibile su Netflix

ROMA – Un biopic su storia e gloria di Leonard Bernstein dalla prospettiva del matrimonio con Felicia Montealegre, dal loro primo incontro ad una festa nel 1946 al turbolento fidanzamento che porterà alle nozze il 10 settembre 1951, sino alla nascita dei tre figli: Jamie, Alexander e Nina. Parte da qui Maestro, il nuovo film di Bradley Cooper presentato in concorso a Venezia 80 e adesso disponibile su Netflix. Si tratta della seconda ambiziosa regia di Cooper dopo l’indimenticabile quarta rilettura del mitologico A Star Is Born, che lo vede ancora una volta nel doppio ruolo dietro-e-davanti la macchina da presa, e stavolta per volere delle circostanze. Perché in origine, quando la Paramount Pictures mise in cantiere Maestro nel 2018, a dirigerlo ci sarebbe dovuto essere Martin Scorsese.

Bradley Cooper è volto e corpo di Leonard Bernstein in Maestro
Bradley Cooper è volto e corpo di Leonard Bernstein in Maestro

Proposta poi declinata per concentrarsi maggiormente sulla lavorazione – e ambiziosa post-produzione – di The Irishman e le prime fasi di scrittura dell’altrettanto immenso Killers of the Flower Moon. In seconda battuta si fece il nome di Steven Spielberg con Cooper che parallelamente venne annunciato come interprete di Leonard Bernstein. A cambiare le carte in tavola ci pensò A Star Is Born di cui Cooper stava ultimando il montaggio definitivo. Mostrò infatti a Spielberg una working-print per chiedergli un parere sul risultato ottenuto. Il risultato? Dopo la scena-madre di Shallow rimase a bocca aperta: «Ok, lo dirigi tu Maestro» disse a Cooper. In questo modo, oltre a lasciare il film in ottime mani, poté celebrare il genio di Bernstein a modo suo: attraverso il (sottovalutato) remake dell’immortale West Side Story.

Maestro di e con Bradley Cooper e Carey Mulligan, disponibile su Netflix
Maestro di e con Bradley Cooper e Carey Mulligan, disponibile su Netflix

Nei successivi due anni accadde letteralmente di tutto. Per rendere lo script di Josh Singer più adatto alle sue esigenze, Cooper lavorò a stretto contatto con gli eredi di Bernstein, i figli Jamie, Alexander e Nina, da cui strappò un accordo di esclusiva per l’utilizzo delle incisioni originali del padre Leonard in Maestro. Una mossa geniale che, oltre a causare la sospensione a tempo indeterminato del progetto parallelo della BRON Studios The American (con Cary Joji Fukunaga alla regia e Jake Gyllenhaal come Bernstein), fece drizzare le orecchie ai dirigenti di Netflix che da Roma a Mank passando per Storia di un matrimonio e The Irishman, videro in Maestro il perfetto proseguo. Un’offerta irrinunciabile alla Paramount fece il resto: per gennaio 2020 il film divenne parte del catalogo di Netflix.

Maestro: un ritratto di Leonard Bernstein non completo, ma mosso da affetto sincero
Maestro: un ritratto di Leonard Bernstein non completo, ma mosso da affetto sincero

E d’altra parte, con un concept così, non sarebbe stato possibile altrimenti per Maestro. Leonard Bernstein debuttò come direttore d’orchestra alla New York Philarmonic all’età di 25 anni, fu accusato di simpatie comuniste e infine inserito nella black-list maccartista poco prima di ricevere la nomination agli Oscar 1955 per la colonna sonora di Fronte del Porto. Fu inoltre uno strenuo sostenitore dei diritti civili, uno dei più piccati oppositori alla Guerra in Vietnam, oltre che la ragione dietro la locuzione radical chic ideata dallo scrittore Tom Wolfe. La visione di Cooper fece da amalgama. Un film profondamente personale per il regista: «A casa mia si ascoltavano molti album di musica lirica e classica. Passavo ore a immaginare di dirigere un’orchestra, mettendoci tutto l’impegno di un bambino di otto anni. In particolare, ascoltavamo di continuo un’incisione di Leonard Bernstein».

In origine il film sarebbe dovuto essere diretto da Martin Scorsese prima e Steven Spielberg poi (con sempre Cooper come interprete principe)
In origine il film sarebbe dovuto essere diretto da Scorsese prima e Spielberg poi, che qui figurano come produttori

Qualcosa che parte da molto lontano: «Quindi la luce di cui avevo bisogno per realizzare Maestro si era in realtà accesa molti anni prima di imbattermi nel progetto. Dopo un anno di ricerche su Lenny e sulla sua famiglia, e dopo aver preso del tempo per rielaborare il tutto, ho capito che l’aspetto che più mi colpiva era il matrimonio tra Lenny e Felicia. È stato un amore vero, non convenzionale, che ho trovato infinitamente affascinante: ecco la storia che volevo raccontare. Sarò sempre grato a Jamie, Nina e Alex per avermi fatto entrare nella loro famiglia e nei loro cuori: è stata una delle gioie più grandi della mia carriera». E con essa della performance della vita perché la caratterizzazione di Cooper come Leonard Bernstein è allo stato dell’arte: quanto di più vicino a una mimesi recitativa.

«Questo non è un biopic su Leonard Bernstein, è l'anatomia di un matrimonio e l'anatomia dell'osservazione di sé stessi» (Spielberg a proposito di Maestro)
«Questo non è un biopic, è l’anatomia di un matrimonio e dell’osservazione di sé stessi» (Steven Spielberg su Maestro)

Un accenno di protesi prostetica sul naso, una sigaretta sempre penzolante tenuta tra le labbra, e poi la gestualità, il carisma, le fragilità, la presenza. Tutto ci dice Bernstein nella magnetica fisicità di un Cooper ispirato che ne incarna volto, corpo e anima tra passato e presente narrativo, raccontandone l’effige di puro talento geniale attraverso l’esteriorizzazione di un dilaniante conflitto interiore: quello tra interprete e compositore. L’uno dedito alla vita pubblica, estroversa, l’altro, è qualcosa di diverso: «Una persona creativa siede da sola in uno studio e scrive in solitudine, e comunica con il mondo in modo strettamente privato e vive creando una grande vita interiore più che una grande vita esteriore». La convivenza tra le due componenti è praticamente impossibile: «…e se ti porti dietro le due personalità è probabile che si diventi schizofrenici».

«L'estate ha cantato in me per poco, e ora in me non canta più» (Edna St. Vincent Millay)
«L’estate ha cantato in me per poco, e ora in me non canta più» (Edna St. Vincent Millay)

Un conflitto reso in Maestro nel racconto di scampoli di processo creativo alimentato da una socialità caotica, individualista, figlia di impulsi che non di vero desiderio, alternato da lunghe sessioni – sempre individuali – di composizione. Per il Bernstein di Cooper però, questo si traduce nell’impossibilità di relazionarsi con una vita tremendamente seria e con esso lo smarrimento – «L’estate ha cantato in me per poco, e ora in me non canta più» recita un verso di Quali labbra baciarono le mie labbra, una poesia di Edna St. Vincent Millay citata nel film – e l’incapacità di ritrovare sé stesso se non attraverso l’amore di quella Felicia resa forma e vita da una Carey Mulligan di commuovente bravura che ruba (facilmente) la scena a tutti nel terzo atto con intensità e maestria.

La scena madre del film: il concerto del 1973 alla Cattedrale di Ely sulle note di Mahler
La scena madre di Maestro: il concerto del 1973 alla Cattedrale di Ely sulle note della Sinfonia n°2 di Mahler

E badate bene, non si tratta nemmeno di un amore non convenzionale quello raccontatoci da Cooper in Maestro, ma di amore puro, fatto di premure e reciprocità. Un amore da favola, capace perfino di superare tradimenti e dolori e che dopo anni, alla fine del tempo, nonostante tutto, non viene minimamente toccato da sentimenti malevoli. «Non c’è odio nel tuo cuore» dice Felicia a Lenny dopo che i due si sono cinti in un abbraccio conciliatorio nella linea dialogica in chiusura della macro-sequenza del concerto leggendario alla Cattedrale di Ely che Bernstein tenne, nel 1973, dirigendo la Sinfonia n°2 di Gustav Mahler. Un momento – riproposto filologicamente da Cooper – che di Maestro è il cuore, l’essenza e la rappresentazione dei dichiarati intenti filmici: una celebrazione affettuosa dell’icona Bernstein che non lascia spazio a scandali, dipendenze e nemmeno molta musica scenica.

Maestro è stato presentato in concorso all'80esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia
Maestro è stato presentato in concorso all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

Forse una visione semplificata se non perfino semplicistica della figura di Leonard Bernstein, eppure non priva di grazia artistica. Perché dalla sua, alla seconda prova dietro la macchina da presa – e sempre raccontando di uomini fragili, ossessionati dalla creatività e della musica, ma guidati dall’amore – Cooper realizza un Maestro popolato di costruzioni d’immagine ricercate (i chiaroscuri di un bianco-e-nero così sgranato e delicato si è visto solo in Cold War in tempi recenti), semi-soggettive in movimenti di macchina fluidi, zoomate dolcissime, transizioni poetiche e soluzioni registiche che nei momenti topici lasciano sempre a bocca aperta lo spettatore. E tanto basta per attirare l’attenzione della comunità cinefila e con essa il grande pubblico in cerca di grandi emozioni.

  • SOUNDTRACK | West Side Story, Newman, Sondheim, il genio di Bernstein
  • OPINIONI | Killers of the Flower Moon, la grande sfida di Scorsese
  • LONGFORM | The Killer, Fincher, Fassbender e la solitudine dell’assassino

Qui sotto potete vedere il trailer del film 

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