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Super Mario Bros. | Bob Hoskins, John Leguizamo e i trent’anni di uno (s)cult imperdibile

Dennis Hopper e Samantha Mathis, Roland Joffé e quella lavorazione da incubo: riscoprire un mito

Bob Hoskins e John Leguizamo in Super Mario. Era il 1993.

ROMA – Sembra quasi naturale immaginare oggi un film sulla saga videoludica di Super Mario Bros come quello diretto da Aaron Horvarth e Michael Jelenic: animato, giocoso, ricco di spunti comici, pieno zeppo di espliciti omaggi ad alcuni dei titoli chiave dell’impressionante franchise targato Nintendo (Super Smash Bros, Mario Kart, Super Mario Galaxy) e soprattutto: «Un film per famiglie». Nel lontano 1993 però – praticamente un’altra era – qualcuno pensò bene che il modo migliore per raccontare l’epica videoludica di Mario fosse quello di avvolgerla in una narrazione distopica, cyberpunk, cupa nelle atmosfere ma giocosa nei toni. «Un film per adulti». O, per meglio, dire inquietante. Di che parliamo? Di Super Mario Bros. di Rocky Morton e Annabel Jankel naturalmente, imperfetto punto di incontro tra Blade Runner (qui per il nostro Longform) e Il Mago di Oz. Un’opera affascinante, creativamente coraggiosa, di magnetica follia, appartenente a quelle terra di confine tra cult e (s)cult.

Super Mario Bros. fu distribuito nei cinema statunitensi il 28 maggio 1993
Super Mario Bros. di Rocky Morton e Annabel Jankel fu distribuito nei cinema statunitensi il 28 maggio 1993

E soprattutto ad un’epoca in cui non era ancora chiaro il modo giusto di adattare un videogame al cinema. Scordatevi l’acume narrativo di Sonic – Il film o del valido (e dimenticato troppo presto) Ratchet & Clank – guarda caso tutti animati – del resto la tagline di Super Mario Bros. (lo trovate su CHILI) che campeggiava sulla locandina statunitense parlava chiaro, anzi, chiarissimo: «This is ain’t a game/Questo non è un gioco». Il risultato? Distribuito in sala il 28 maggio 1993 incassò 39 milioni di dollari world-wide a fronte di un budget di quasi 50. Un flop conclamato, più artistico che commerciale. Il tonfo al box-office di Super Mario Bros. infatti abortì sul nascere i piani di un ipotetico Nintendo Cinematic Universe che avrebbe visto, di lì a poco, un live action ispirato alla saga di Metroid di prossima realizzazione: fu stoppato, non arrivò nemmeno in pre-produzione.

Yoshi secondo Super Mario Bros.
Yoshi secondo Super Mario Bros.

Facciamo un passo indietro. Perché la suggestione Super Mario Bros. nacque quasi per caso durante una riunione tra il regista Roland Joffé (Urla del silenzio, Mission) e la società di produzione Lightmotive. Poco dopo, incuriosito, provò a sondare il terreno con Minoru Araka, al tempo presidente della Nintendo of America nonché genero di Hiroshi Yamauchi che della sede centrale giapponese della Nintendo – il cuore dell’industria insomma – è stato il presidente più longevo avendo ricoperto la carica dal 1949 al 2002, presentandogli una bozza di sceneggiatura preliminare. Circa un mese dopo Joffé volò fino a Kyoto per incontrare proprio Yamauchi. Il risultato? Tornò in America con un contratto da 2 milioni di dollari che gli concedeva il controllo temporaneo del personaggio Mario. Nintendo mantenne i diritti di merchandising del film attraverso una partnership creativa con Lightmotive.

Toad il Goomba

Quando Yamauchi chiese a Joffé perché mai Nintendo avrebbe dovuto cedere i diritti alla Lightmotive, Joffé rispose che in questo modo avrebbe avuto un controllo maggiore sul film. Ma a Nintendo non interessava la cosa. Il motivo? Credeva che il marchio Mario fosse abbastanza forte da consentire un esperimento al cinema: «Penso che abbiamo visto Super Mario Bros come una sorta di strana creatura filmica piuttosto intrigante, era interessante capire se potevamo, o meno, camminare da soli» disse poi Joffé. Il quesito però era: «Come possiamo catturare questa meravigliosa miscela di immagini, input e stranezze?». La risposta la diede loro lo sceneggiatore Barry Morrow, quello di Rain Man per intenderci, che in un paio di mesi buttò giù un draft insolito da lui ribattezzato Drain Man: «Uno studio in contrasto, come Laurel e Hardy o Abbott e Costello. Un’odissea e una ricerca, come il gioco stesso».

John Leguizamo e Bob Hoskins in una scena di Super Mario Bros.
John Leguizamo e Bob Hoskins sono Luigi Mario e Mario Mario

A detta del co-produttore Fred Caruso il draft di Morrow era «Più un dramma serio che una commedia divertente», qualcuno pensò bene che fosse quella la via da seguire per Super Mario Bros. Qui entrarono in scena gli sceneggiatori Jim Jennewein e Tom S. Parker a cui fu chiesto, invece, un adattamento più tradizionale: «Capimmo subito che il modo migliore per farlo era essenzialmente fare in questo mondo, il Regno dei Funghi, in modo non dissimile da Il Mago di Oz». Nel loro draft la coppia di sceneggiatori sovvertì i cliché della fiaba rendendoli satira concentrandosi sulla coppia Mario e Luigi: «Facemmo essenzialmente quello che poi fu fatto con Shrek. La storia e la trama emotiva avrebbe dovuto riguardare i fratelli». Per la regia fu ingaggiato Greg Beeman ma il flop conclamato di Mom and Dad Save the World lo rese un investimento rischioso.

Dennis Hopper è il Re Koopa/Bowser in una scena di Super Mario Bros.
Dennis Hopper è il Re Koopa/Bowser

La seconda scelta di Joffé corrispose al nome del compianto Harold Ramis che, sebbene fosse un grande fan della saga di Mario, rifiutò l’opportunità per concentrarsi sulla lavorazione di Ricomincio da capo: «La decisione di carriera più intelligente che abbia mai preso» commentò poi, ex-post, l’Associated Press. L’assenza di una solida guida registica per Super Mario Bros. gettò nello sconforto Joffé: «Provammo alcune strade, diverse tra loro, che non hanno funzionato. O erano troppo medievali, o non-giuste. Sentii che il progetto stava prendendo una strada sbagliata. È allora che ho iniziato a pensare al serial Max Headroom». Volò così sino a Roma per incontrare gli ideatori dello show: Rocky Morton e Annabel Jankel. Figli creativi del cinema di Tim Burton, immaginavano l’adattamento dei videogiochi sulla scia di Batman e Tartarughe Ninja: «Questo non era Biancaneve e i sette di dinosauri. Il mondo dei dinosauri era oscuro: non volevamo trattenerci».

Samantha Mathis è la Principessa Daisy in una scena di Super Mario Bros.
Samantha Mathis è la Principessa Daisy ispirata al personaggio di Super Mario Land

A detta di Morton, Super Mario Bros. non era da intendersi tanto come l’adattamento della saga di Mario, quanto come un prequel: «L’ispirazione, cioè, la storia vera dietro l’intuizione della Nintendo. Una miscela di fiabe giapponesi e frammenti dell’America moderna» – parole a cui fecero eco gli sceneggiatori Parker Bennett e Terry Runte  – «La nostra opinione è stata che Nintendo ha interpretato gli eventi della nostra storia e ha inventato il videogioco: abbiamo lavorato a ritroso». Un adattamento concettuale insomma. Non l’opera videoludica in sé ma la possibile (e potenziale) storia dietro a quell’intenzione, una scelta originale volta ad interpretare, per certi versi, il tono giocoso del videoludico Super Mario Bros. come un’esorcizzazione della ferocia del cinematografico (vero) Super Mario Bros. Di per sé un’intenzione filmica geniale ispirata, peraltro, dal livello Dinosaur Land di Super Mario World, non adatta però ad un film per famiglie.

Uno squadrone di Koopa e Goomba in una scena di Super Mario Bros.
Uno squadrone di Koopa e Goomba

«Un mondo intero con un punto di vista rettiliano, dominato da aggressività e istinti primordiali. Una meravigliosa parodia di New York e dell’industria, lo chiamiamo New Brutalism. Ghostbusters era il modello. Con Super Mario Bros puntavamo su qualcosa di divertente, ma anche un po’ strano e oscuro» disse la Jankel. Poi, di colpo, i primi problemi. Bennett e Runte furono sostituiti in corsa da Dick Clement e Ian La Frenais al fine di dare al racconto un tono più adulto e femminista (fu ampliato il ruolo della Principessa Daisy di Samantha Mathis) a cui Joffé aggiunse Ed Solomon e Ryan Rowe per delle riscritture che alleggerissero il tono: «Per me una sceneggiatura non è mai finita, ci si lavora sempre, continuamente. Quando gli attori la portano in scena poi subisce un’ulteriore evoluzione».

Fisher Stevens e Richard Edson sono Iggy e Spike in una scena di Super Mario Bros.
Fisher Stevens e Richard Edson sono Iggy e Spike

È con questo script – acquistato dalla Disney per curarne la successiva distribuzione in sala – che Bob Hoskins fu convinto a vestire i panni di Super Mario spuntandola su Dustin Hoffman e Danny DeVito. La differenza la fece la sua esperienza in film per famiglie come Chi ha incastrato Roger Rabbit e Hook – Capitan Uncino, la stessa ragione per cui, in un primo momento, pensò di rifiutare la parte: «Non voglio diventare come Dick Van Dyke!». Per prepararsi al ruolo Hoskins si calò completamente nella parte: «Sono della forma giusta, ho i baffi e ho lavorato per circa tre settimane come apprendista idraulico…dando fuoco agli stivali dell’idraulico con una fiamma ossidrica». Non aveva la minima idea però che Super Mario Bros. fosse ispirato a un videogioco, fu il figlio di sette anni Jack a mostrargli quel magico mondo platform in 8-bit.

«Sono della forma giusta, ho i baffi e ho lavorato per tre settimane come apprendista idraulico»

Per Luigi la spuntò John Leguizamo sul ben più quotato Tom Hanks che dopo Turner e il casinaro e Joe contro il Vulcano fu ritenuto da Joffé poco appetibile al box-office. Hanks si consolò (si fa per dire) con Philadelphia – l’inizio della sua ascesa filmica – dove, a sua volta, avrebbe dovuto lavorare Leguizamo nei piani proprio del suo compagno scenico: una delle tante sliding doors di cui è fatto il cinema. Dalla sua Leguizamo apprezzò dello script di Super Mario Bros. l’aspetto action e un ruolo – quello di Luigi – che vide come potente, di enorme riscatto sociale: «Vedi sempre molti italiani che interpretano latini, come ha fatto Al Pacino con Scarface (e farà poi con Carlito’s Way ndr), ora tocca a noi!». Ben presto però, con l’inizio della lavorazione, un’esperienza potenzialmente curiosa e originale finì con l’assumere le forme di un incubo.

Il cameo di Lance Henriksen in Super Mario Bros. come Re dei Funghi
Il cameo di Lance Henriksen in Super Mario Bros. come Re dei Funghi

Il motivo? L’atteggiamento della coppia di registi – sul set e nella vita – Morton e Jankel, odiosi e autoritari. Non solo compirono regolari riscritture dello script senza riferirlo alla troupe, al cast, ai membri della produzione e perfino senza comunicarselo, ma non avevano il benché minimo rispetto nei confronti dei propri collaboratori. Come raccontato da Leguizamo nella sua autobiografia, nel pieno di un normale giorno di lavorazione, Morton, in uno scatto d’ira, versò del caffè bollente su di un runner semplicemente perché non-zuccherato e lui l’aveva espressamente chiesto zuccherato. Il risultato? La troupe si riferiva alla coppia con il simpatico doppio soprannome ideato da Hoskins («Il ca**one e la vac*a») che fu poi stampato su delle magliette promozionali. Il meglio deve ancora venire però, perché l’atmosfera sul set di Super Mario Bros. fu per davvero incandescente. Non ci credete? Provate a chiederlo a Dennis Hopper.

Leguizamo e Hoskins capirono presto che l'unico modo per uscire vivi dal Regno dei Funghi di Super Mario Bros. era...da ubriachi!
Leguizamo e Hoskins capirono presto che l’unico modo per uscire vivi dal Regno dei Funghi era…da ubriachi!

L’interprete di Bowser/Re Koopa, talmente era stufo dello stato di continuo e totale impasse sul set da piantare tutto e mettersi a urlare ai registi per ore. Leguizamo e Hoskins invece capirono ben presto che l’unico modo per uscire vivi dal cinematografico Regno dei Funghi sarebbe stato in totale stato confusionale, da ubriachi! È così che girarono quasi tre quarti di film e non per mancanza di professionismo: quella di Super Mario Bros. era una Waterloo di cui il mondo non si sarebbe più dimenticato. Specie perché, quando accettarono il ruolo di Mario e Luigi, credettero sarebbe stato un film per famiglie, o per dirla con le parole di Leguizamo: «Sono i bambini di otto anni che giocano a Super Mario Bros ed è lì che il film doveva essere diretto, ma i registi continuavano a inserire nuovo materiale, girarono perfino una scena sessualmente esplicita con delle spogliarelliste».

I Koopa secondo Super Mario Bros.
I Koopa secondo Super Mario Bros.

Joffé e la Lightmotive, resisi conto che con il girato (e le idee) di Morton e Jankel Super Mario Bros. sarebbe colato a picco, cercarono di salvare il salvabile estromettendo la coppia di registi dalla post-produzione, o così credevano, come raccontato da Morton: «Fummo chiusi fuori dalla sala di montaggio. Dovemmo chiedere al DGA (Director’s Guild of America) di aiutarci ad entrare. A quel punto provammo a convincere Joffé a tagliarlo digitalmente ma rifiutò, volevano la moviola, quindi fu un processo laboriosamente lento» con una particolare curiosità nell’edizione italiana del film. Arrivato nelle sale l’8 ottobre dello stesso anno, non solo fu barbaramente tranciato di quel finale aperto tristemente mai sfruttato ma – in maniera del tutto incomprensibile – fu sostituita la canzone dei titoli di coda: da Almost Unreal dei Roxette a Speed of Light di Joe Satriani, già presente nel film peraltro.

«Dannati idraulici!» è l'esclamazione-tipo di Bowser/Hopper in Super Mario Bros.
«Dannati idraulici!» è l’esclamazione-tipo di Bowser/Hopper

Fu tutto inutile. Anche se Joffé, dalla sua, ancora oggi continua a difendere l’idea originale e il risultato finito: «A suo modo è un film straordinario, interessante e ricco, si, si è guadagnato il suo posto nel mondo, è uno strano e affascinante cult». Dello stesso avviso il creatore di Mario, Shigeru Miyamoto, che al riguardo ha usato parole curiose che ci fanno pensare che lui, Super Mario Bros., non l’abbia nemmeno mai visto: «Alla fine è stato un progetto molto divertente in cui hanno messo impegno. L’unica cosa di cui ho ancora qualche rimpianto è che il film potrebbe aver cercato di avvicinarsi un po’ a quello che erano i videogiochi Mario Bros e in questo senso è diventato un film che parlava di un videogioco piuttosto che un film divertente in sé e per sé». Coloro invece che proprio non sono mai riusciti a fingere interesse furono Hoskins e Hopper.

«È stata in assoluto la cosa peggiore che abbia mai fatto»

Per l’ex-regista di Easy Rider (qui per leggere il nostro Storie) l’esperienza di Super Mario Bros. è stata quanto di più vicino a «Un incubo, a essere onesti. Avrei dovuto rimanere lì per cinque settimane che alla fine sono diventate diciassette. Quando mio figlio mi chiese perché avessi deciso di interpretare un cattivo come Re Koopa io gli ho detto: Beh così posso comprarti le scarpe, e lui mi ha risposto: Non ne ho bisogno». Per Hoskins invece, molto peggio. Nel 2007, in un’intervista al The Guardian, affermò come: «È stata in assoluto la cosa peggiore che abbia mai fatto. L’intera esperienza è stata un incubo. Avevamo come squadra di regia una coppia la cui arroganza fu scambiata per talento. Un fot*uto incubo. Fot*uti idi*ti!». C’è però un membro della famiglia Hoskins che non ha mai rinnegato del tutto l’esperienza di Bob come Mario.

In Italia Super Mario Bros. fu distribuito l'8 ottobre 1993
In Italia Super Mario Bros. fu distribuito l’8 ottobre 1993

Di chi parliamo? Del figlio Jack, che dalla sua ha sempre apprezzato la devozione del padre in un film che, da giovane com’era quando lo vide, non era riuscito a inquadrare appieno. Tra le pagine di SMBArchive.com, il sito web ufficiale della fanbase di Super Mario Bros. – del film naturalmente – ha provato a indicare la giusta percezione da avere nei confronti di un’opera tanto curiosa, sbagliata e sopra le righe quanto affascinante e originale: «Se ricordi i tuoi piaceri, mantieni i ricordi della tua infanzia al sicuro nella tua testa, per sempre», un po’ come dire: ricordati la gioia che hai provato nel vederlo da bambino perché da adulto la percezione sarà diversa, la regola aurea di ogni (s)cult che si rispetti. Non per Super Mario Bros. però, oggi più di ieri, bello da morire nella sua totale imperfezione.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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