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Elf | Will Ferrell, Jon Favreau e quell’intramontabile fiaba di Natale

La genesi, l’ipotesi sequel, Chris Farley e quella nomination agli Oscar mancata. Riscoprire un mito

Will Ferrell al centro della scena di Elf - Un elfo di nome Buddy, un film di Jon Favreau del 2003
Will Ferrell al centro della scena di Elf - Un elfo di nome Buddy, un film di Jon Favreau del 2003

ROMA – Non fosse stato per il suo netto no senza timore di ripensamento, oggi parleremmo di un sequel di Elf – Un elfo di nome Buddy esattamente come avvenne per il suo altro grande successo da protagonista principe: Anchorman – La leggenda di Ron Burgundy. Perché l’offerta arrivò per davvero a Will Ferrell: 29 milioni di dollari per riprendere i panni di Buddy nel 2014. Un’offerta praticamente irrinunciabile figlia dei 173 milioni di dollari e mezzo al botteghino di Anchorman 2 – Fotti la notizia. Poteva esserlo per tutti, ma non per Ferrell, che a quarantasei anni proprio non riusciva a immaginarsi con quel buffo costume da elfo di nuovo indosso: «Assolutamente no…penso solo che sembrerebbe un po’ patetico se provassi a infilarmi la calzamaglia da elfo. Sarei Buddy – L’elfo di mezza età».

Elf - Un elfo di nome Buddy di Jon Favreau è stato presentato in terra statunitense il 9 ottobre 2003
Elf – Un elfo di nome Buddy di Jon Favreau è stato presentato in terra statunitense il 9 ottobre 2003

Di tutt’altro parere invece il regista di Elf (lo trovate su Netflix). Quel Jon Favreau che in realtà un sequel l’avrebbe anche girato e pure volentieri (c’era già un titolo nella sua testa: Elf 2 – Buddy salva il Natale), serviva solo trovare la giusta chiave di lettura: «Si potrebbe giocare con la struttura narrativa in un modo da realizzare una versione interessante per i fan e affascinante per chi ne è stato coinvolto». Perché in fondo è stato un instant-classic come pochi altri nella sua generazione Elf. Un successo strepitoso da quasi 225 milioni di dollari world-wide (il film fu distribuito nei cinema statunitensi il 7 novembre 2003) fatto di spontaneità, semplicità, momenti toccanti e grandi risate, adagiate su di una narrazione fantasy natalizia in perfetto bilico tra rom-com, commedia d’equivoci e screwball-comedy.

Will Ferrell è l'irresistibile elfo Buddy (qui alle prese con un procione)
Will Ferrell è l’irresistibile elfo Buddy (qui alle prese con un procione)

Talmente riuscita che secondo alcuni agli Oscar 2004 ci sarebbe dovuto essere anche Will Ferrell nella rosa di candidati al Miglior attore protagonista. Parola di Richard Curtis, uno che tra gli script di Notting Hill, Il diario di Bridget Jones e War Horse, e la regia di Love Actually, I Love Radio Rock e Questione di tempo, non si può di certo ritenere poco avvezzo alle dinamiche dell’ambiente: «Sono un po’ nervoso se penso che Ferrell non sia stato nemmeno nominato agli Oscar per Elf. È il prezzo che paghi, per così dire, nel fare una commedia. Le commedie tendono a fare un po’ di soldi…e poi non ottieni premi!». Non del tutto vero però. In realtà è già successo che un interprete vincesse un Oscar (da non protagonista però) recitando in una commedia.

Un piccolo (dichiarato) omaggio al cinema di Ray Harryhausen
Un piccolo (dichiarato) omaggio al cinema di Ray Harryhausen

Di chi parliamo? Di Walter Matthau (Non per soldi…ma per denaro), George Burns (I ragazzi irresistibili), Kevin Kline (Un pesce di nome Wanda) e Jack Palance (Scappo dalla città – La vita, l’amore e le vacche). Casi talmente rari, letteralmente uno per decennio, da non poter essere considerati nemmeno un’eccezione alla regola (drammatica), ma una semplice occasione dettata dal caso, da uno script eccellente e un ruolo irresistibile. Ferrell in Elf, in fondo, sarebbe rientrato pienamente in questi canoni. Solo che l’avversario da battere era Sean Penn in Mystic River, vale a dire una delle performance di rilievo degli ultimi vent’anni di Hollywood. E dire che sarebbe potuta andare diversamente, specie considerando che lo spec-script di David Berenbaum datato 1993 in origine avrebbe visto uno fra Chris Farley e Jim Carrey come Buddy.

Bob Newhart e Will Ferrell in un momento di Elf - Un elfo di nome Buddy
Bob Newhart e Will Ferrell in un momento di Elf – Un elfo di nome Buddy

L’idea alla base del concept poi, nacque dal bisogno di Berenbaum di ricongiungersi con suo padre, scomparso quando lui non aveva nemmeno che otto anni, e infine concepito come un lungo omaggio a La storia di Lumetto (noto anche come Rudolph – La renna dal naso rosso) di Arthur Rankin Jr. e Jules Bass. Elemento quest’ultimo riproposto interamente nella sua resa filmica, traslando la solitudine di Rudolph tra le renne sue simili in quella di Buddy, uomo tra gli elfi del Polo Nord. A Berenbaum suonava male l’idea di Farley come Elf. Il suo casting avrebbe stravolto il tono del film trasformandolo in una commedia fisica dalle gag d’impatto. D’altra parte erano queste le volontà della Motion Picture Corporation of America (MPCA) che opzionò lo script.

Amy Sedaris, James Caan e Will Ferrell in un momento del film
Amy Sedaris, James Caan e Will Ferrell in una scena del film

Berenbaum, senza il cui assenso non si sarebbe potuti procedere con la pre-produzione, lasciò cadere l’opzione per poi rivolgersi verso altre major. Passati un paio d’anni lo script finì nelle mani dell’executive Jon Berg della New Line Cinema che convinse i suoi capi ad acquisire i diritti di utilizzazione economica di Elf, indicando Ferrell per il ruolo principale. Con lui tutto di Elf lasciò intendere che si sarebbe trattato di una classica commedia SNL: esattamente quello che ci voleva per convincere Favreau a dirigerlo (prima di lui Terry Zwigoff che vi preferì Babbo Bastardo). Non sarebbe bastato però il singolo talento di Ferrell a rendere grande il film: «Se non hai una buona storia e un aspetto emotivo della storia, le persone si stancano di un solo pezzo comico dopo l’altro. Serve che la storia coinvolga».

La magia del Natale (e Zooey Deschanel)
La magia del Natale (e Zooey Deschanel)

Dalla sua poi Favreau applicò un metodo infallibile per capire se lo script sarebbe stato o meno accessibile a tutti. Usò suo figlio Max di appena un anno al tempo, come barometro per capire quanto fossero credibili le buffonate di Buddy. Che per la cronaca erano autentiche, lasciarono segni evidenti sul corpo di Ferrell. Tipo la scena in cui Buddy mangia spaghetti alle caramelle e sciroppo d’acero – una delle scene cult di Elf – dovette essere girata due volte perché Ferrell vomitò tutto al primo ciak. E questa era la norma in ogni sequenza in cui Ferrell si trovò costretto a ingurgitare zuccheroso cibo per elfi. Il risultato fu che passò metà della lavorazione con un mal di testa lacerante a causa dell’aumento esponenziale del livello di glicemia nel sangue.

Nei cinema italiani Elf - Un elfo di nome Buddy fu distribuito il 21 novembre 2003
Nei cinema italiani Elf – Un elfo di nome Buddy fu distribuito il 21 novembre 2003

Non ultimo un paio di note di casting. Per la parte di Jovie la New Line Cinema spinse per Katie Holmes che rifiutò l’offerta. Al suo posto Favreau propose Zooey Deschanel che si rivelò strabiliante nel suo essere tanto eccentrica quanto secca all’occorrenza. Con lei il personaggio divenne molto più canterino. Come Walter Hobbs si pensò al comico Garry Shandling, prima che James Caan accettò la parte. Infine Papà Elfo per cui in origine ci sarebbe dovuto essere Chevy Chase. A opporsi fu Ferrell la cui unica esperienza con Chase al SNL si rivelò un disastro. Al suo posto Bob Newhart che alla lettura dello script colse subito la sua aura da Classico di Natale senza tempo. E noi con lui, perché di film come Elf c’è solo da innamorarsene e senza pensarci troppo.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film 

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