MILANO – Ci sono film che riscaldano il cuore. Richard Curtis, sceneggiatore di Quattro matrimoni e un funerale e Notting Hill e regista di Love actually e I love Radio Rock, ha avuto la possibilità di girare la storia che ha sempre sognato, tenuta per anni nel cassetto tra tante bozze di sceneggiature. Perché sì, Questione di tempo è una delle più belle commedie degli ultimi anni, dotata di una grazia, di una profonda leggerezza che non può non ricordare quella di alcune commedie degli anni Cinquanta, firmate da signori come Frank Capra o Vincent Minnelli. Ci sono tutti gli ingredienti essenziali per giustificare l’accostamento di questi nomi a Curtis: divertimento, una dinamica narrativa perfetta, personaggi che già dopo venti minuti sembra di conoscere da una vita. E un tocco di magia, di fantastico, che rende ancora più incantevole la visione.
Il ventunenne Tim Lake scopre dal papà che gli uomini della loro famiglia hanno sempre avuto la possibilità di viaggiare nel tempo, seppur soltanto a ritroso. Per un ragazzo timido e un po’ imbranato come lui, si tratta di una incredibile possibilità per rimediare alle tante occasioni perdute con il sesso femminile. In realtà, questo clamoroso potere si renderà davvero utile quando tre anni più tardi incontrerà a Londra la bella Mary, destinata a essere la donna della sua vita. Ciononostante, con il passare degli anni e la nascita del suo primo figlio, viaggiare nel tempo non potrà risparmiargli alcune inevitabili sofferenze, dal momento che ciò che può cambiare sono esclusivamente le singole situazioni e non gli eventi ineluttabili dell’esistenza. La forza principale della commedia di Curtis è la sua gentilezza, il suo garbo e, in fondo, la sua classicità.
Il modo con cui il regista si serve del travel time è talmente poco invasivo che passa in secondo piano di fronte alla caratterizzazione dei suoi personaggi e all’attenzione che dedica alla costruzione delle singole scene, all’utilizzo della ripetizione in funzione puramente comica e alla sensibilità con cui vengono introdotti i passaggi drammatici. Al centro di Questione di tempo (lo trovate su Prime Video) non si trova soltanto la storia d’amore tra Tim e Mary, perché il rapporto che emoziona di più è tra il protagonista e suo padre, che raggiunge un livello emotivo addirittura struggente nel momento in cui il primo sarà costretto a compiere una scelta che metterà la parola fine ai loro incontri.
Oltre alla scrittura di Curtis, il merito della riuscita del film va individuato nei suoi protagonisti: l’irlandese Domhnall Gleeson, al suo primo vero ruolo da protagonista, dona all’imbranato Tim una purezza d’animo davvero sorprendente e affettuosa; Rachel McAdams è talmente bella e luminosa che sembra abitare in un sogno; il grande Bill Nighy è un papà elegantissimo e brillante. Nel cinema contemporaneo, Questione di tempo è l’esempio raro di un cinema all’apparenza commerciale ma che possiede una sincerità di intenti e una profondità introspettiva che è merce rara anche nella maggior parte delle opere rivolte ai cinefili più esigenti. Può entusiasmare o meno, a seconda dell’umore. Ma, sicuramente, può commuovere. E in tal caso sareste, come noi, degli inguaribili romantici.
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