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Viale del Tramonto | Billy Wilder, Gloria Swanson e i desideri irrealizzati di Norma Desmond

William Holden, Erich Von Stroheim, le parole d’amore di David Lynch. Riscoprire una leggenda

Gloria Swanson è l'intramontabile Norma Desmond per Billy Wilder in Viale del Tramonto, un film del 1950
Gloria Swanson è l'intramontabile Norma Desmond per Billy Wilder in Viale del Tramonto, un film del 1950

ROMA – Il meta-cinema. Arriva sempre un momento nella carriera di un cineasta in cui, a un certo punto, si realizza un’opera meta-cinematografica. Per intenderci, fattezze narrative di gioielli filmici del calibro di , Effetto notte, Lo stato delle cose, The Fabelmans, tutte nate con l’obiettivo di raccontare il cinema attraverso il cinema e per certi versi anche un modo per i vari Fellini, Truffaut, Wenders e Spielberg di provare a restituire qualcosa allo stesso cinema. Per Billy Wilder quel momento arrivò nel 1950 con Viale del tramonto. Un capolavoro di quelli veri, pervaso di meta-cinema nostalgicamente romantico che ancora oggi risulta, a più di settant’anni dall’approdo in sala (10 agosto 1950) difficilmente eguagliabile.

Viale del Tramonto di Billy Wilder fu presentato in terra statunitense il 10 agosto 1950
Viale del Tramonto di Billy Wilder fu presentato in terra statunitense il 10 agosto 1950

Al centro del racconto wilderiano infatti la transizione tra muto e sonoro. Evento di fondamentale importanza per le sorti dell’industria hollywoodiana che Wilder affrontò di petto declinando Viale del tramonto in un tono malinconico grottesco con punte d’umorismo nero al limite del surreale tra partite a carte con Buster Keaton, un cameo di Cecil B. DeMille e drink serviti con rassegnazione dal maggiordomo Erich Von Stroheim. Facciamo un passo indietro però. Perché fu soltanto nel 1927 che Hollywood si accorse del sonoro. Della possibilità di realizzare non più film muti per lasciar posto al parlato accantonando così la pantomima iper-espressiva e i cartelli per lasciar posto al recitato. A inaugurare la rivoluzione cinematica fu Il cantante di jazz di Alan Crosland – oggi celebre, più che altro, per la blackface di Al Jolson – ma che resta tra le più importanti opere del decennio di riferimento.

Il cameo strepitoso di Buster Keaton in Viale del Tramonto
Il cameo strepitoso di Buster Keaton

Circa venticinque anni più tardi, Hollywood rievocò con nostalgia quel periodo di transizione. Realizzando, proprio tra Viale del tramonto (in streaming su Paramount+) e Cantando sotto la pioggia di due anni più tardi di Stanley Donen, uno splendido manifesto bivalente di proto-nostalgia filmica hollywoodiana. Fu un successo strepitoso Viale del tramonto e lo sarebbe potuto esserlo ancora di più. Come agli Oscar 1951 dove, pur presentandosi con 11 nomination, dovette vedersela contro un avversario di tutto rispetto: l’altrettanto meta-cinematografico – seppur dall’inerzia differente – Eva contro Eva di Joseph L. Mankiewicz che dal canto suo di nomination ne aveva ben 14. Il risultato? Nonostante i favori della critica Wilder dovette accontentarsi di sole 3 vittorie (Miglior sceneggiatura originale, Miglior scenografia, Miglior colonna sonora) cedendo il passo all’opera di Mankiewicz che di Oscar ne vinse 6 quella notte.

«Eccomi, DeMille, sono pronta per il mio primo piano»
«Eccomi, DeMille, sono pronta per il mio primo piano»

Nonostante tutto, però, nulla ha scalfito il retaggio lungo le decadi di Viale del tramonto, a partire dall’eco mitologico assunto dalla frase di chiusura di racconto. La celebre: «Eccomi DeMille, sono pronta per il mio primo piano», divenuta talmente iconica da esser stata inserita dalla AFI (American Film Institute) nella 100 Years…and 100 Movie Quotes al settimo posto delle più celebri battute della storia del cinema. Linea dialogica con cui Wilder pose il sigillo sul definitivo crollo psichico della sua delirante protagonista cullandone dolcemente i pochi pezzi integri della psiche per poi avvolgere il climax di un sogno macabro. Uno scendere lungo la scalinata facendosi ammaliare dalle cineprese dei cinegiornali che è puro delirio psicotico di dolore e sangue mimetizzato dal non-arrendersi all’illusione diabolicamente costruita o per meglio dire, auto-indotta.

La celebre via di Los Angeles che dà il titolo al film
La celebre via di Los Angeles che dà il titolo al film

E poi il titolo originale, Sunset Boulevard, di cui quello italiano – Viale del tramonto – ne rappresenta la sua traduzione letterale. L’idea di Wilder di utilizzare la celebre arteria stradale che si estende tra Figueroa Street sino alla Pacific Coast Highway attinge a molto lontano, per la precisione al 1911. In quell’anno il primo studio cinematografico della città, il Nestor, vi aprì. Il celebre Boulevard divenne una sorta di luogo di ritrovo per i mestieranti del cinema. Una via che vide la propria popolosità crescere di pari passo con l’esplosione dei profitti e dello Star System Hollywoodiano. Negli anni Quaranta, circa dieci anni dopo il suo arrivo ad Hollywood, l’allora losangelino Wilder scoprì che molte ex-star del cinema muto vivevano ancora lì nonostante fossero del tutto inoperose. Iniziò ad immaginare quindi in che modo le vecchie glorie hollywoodiane passassero le proprie giornate.

Erich Von Stroheim, William Holden e Gloria Swanson in un momento del film
Erich Von Stroheim, William Holden e Gloria Swanson in un momento del film

Wilder e Charles Brackett iniziarono così a lavorare allo script. Il primo draft tuttavia, datato 1948, non fu per niente soddisfacente. Nell’agosto dello stesso anno poi, la svolta. Dopo le critiche non proprio entusiastiche de Il valzer dell’imperatore venne assunto D.M. Marshman Jr. di Life per sviluppare meglio trama e personaggi. Il risultato? per via della tematica meta-cinematograficamente spinosa tra reference e rimandi specifici – che di Viale del tramonto sono il corollario perfetto – Wilder e Brackett inviavano giusto poche pagine per volta alla censura così da aggirare la scure del Codice Hays. Poi la scelta dell’interprete, perché nella testa di Wilder c’era solo e soltanto un nome per dare volto e corpo a Norma Desmond: Gloria Swanson, o perlomeno così ci piacerebbe pensare, perché la prima scelta corrispose al nome di Mae West.

In origine il ruolo di Norma Desmond fu proposto a Mae West
In origine il ruolo di Norma Desmond fu proposto a Mae West

Quest’ultima tuttavia – complice la sua aura da sex symbol (decaduta) – fece parlare l’ego al suo posto. Rifiutò la parte sentendosi offesa da una simile offerta: di fatto la perfetta Norma Desmond! Altre candidate eccellenti corrispondevano al nome di Greta Garbo, Mary Pickford, Pola Negri e perfino Norma Shearer: tutte rifiutarono. La Shearer – al pari della West – si sentì offesa giudicando lo script di Viale del tramonto disgustoso. Chiesto consiglio allora al celebre regista delle donne George Cukor, questi suggerì la Swanson che, proprio come la Desmond, accettò con una certa rassegnazione la fine della sua carriera nei primi anni Trenta a causa del sonoro. Per quando fu scritturata, a dire il vero, aveva appena girato il suo primo film sonoro in quindici anni. Incarnava pienamente il mondo delle stelle sbiadite degli ex-divi nel crepuscolo del dimenticatoio collettivo.

Cecil B. DeMille e Gloria Swanson in un momento di Viale del Tramonto
Cecil B. DeMille e Gloria Swanson in un momento di Viale del Tramonto

Un coming-back quindi, quello della Swanson, che si sentì però tradita dall’idea di dover fare un provino: «Avevo fatto venti film per la Paramount. Perché vogliono che faccia un’audizione?» chiese a Cukor se fosse così irragionevole rifiutarlo. Cosa a cui energicamente rispose: «Se ti chiedono di fare dieci provini fai dieci provini o ti sparo personalmente! Sarai ricordata per questo film!». La reazione, in ogni caso, piacque tantissimo a Wilder che la restituirà in sceneggiatura nella celebre linea dialogica: «Senza di me non ci sarebbe la Paramount». La mimesi caratteriale tra la Swanson e la Desmond trovò rimandi anche nelle pareti della spettale magione. L’oggettistica e le foto dell’epoca provenivano tutte dalla collezione privata della Swanson tra questi la bobina di La regina Kelly del 1932 – il film proiettato nel salotto – con lo stesso volto scenico di Viale del tramonto come protagonista.

Nei cinema italiani Viale del Tramonto fu distribuito il 6 marzo 1951
Nei cinema italiani Viale del Tramonto fu distribuito il 6 marzo 1951

Pellicola, tra l’altro, che rimase incompiuta sia per via del licenziamento del regista da parte della stessa Swanson prima – che figurò anche come produttrice – nonché dell’avvento del sonoro. Da vedersi quindi come una reference metaforica che diede corpo e spessore al sottotesto della narrazione. L’evento in sé, che di suo va già a rimpolpare la componente di valore meta di Viale del tramonto, trova un ulteriore arricchimento di senso nello scoprire che il regista del sopracitato film incompiuto licenziato dalla Swanson era nientemeno che lui: Erich Von Stroheim, il volto del cameriere Max! E non finisce qui. Perché la presenza in cameo del celebre Cecil B. DeMille sul vero set di Sansone e Dalila – regista, tra gli altri, de Il più grande spettacolo del mondo e I dieci comandamenti – è un po’ la ciliegina sulla torta meta abilmente cucinata da Wilder e Paramount.

Sul set di Sansone e Dalila
Sul set di Sansone e Dalila

DeMille, che nella narrazione di Viale del tramonto è un po’ il simulacro del cambiamento, di quel mondo illusorio ormai irraggiungibile per l’avvizzita Desmond, ebbe nel mondo reale il merito di forgiare il talento della Swanson. Nei suoi anni giovanili infatti, la scritturò per For Better, for Worse, Male and Female, Why Change Your Wife?, nonché Fragilità, sei femmina!. La scelta del volto della coscienza del racconto invece, nonché fantasiosa voce narrante dall’Aldilà, Joe Gillis, fu anch’essa fonte di curiosità. In linea di principio il volto perfetto corrispondeva a quello di Marlon Brando, scartato tuttavia dalla Paramount perché all’epoca non abbastanza noto. Ancor più vicino ci andò Gene Kelly che firmò perfino un pre-accordo ma la MGM – Metro-Goldwyn-Mayer – con cui aveva un contratto d’esclusiva – si oppose strenuamente. Fred MacMurray (La fiamma del peccato) rinunciò invece perché proprio non si vedeva nei panni di un gigolò.

L'incipit di Viale del Tramonto e la digressione temporale più bella della storia del cinema
L’incipit di Viale del Tramonto e la digressione temporale più bella della storia del cinema

Infine Montgomery Clift per cui il regista di origini austriache stravedeva, e che firmò un accordo per dar volto e sembianze a Gillis. A due settimane dall’inizio delle riprese però rescisse il vincolo senza ragione apparente. Ricostruita la vicenda, sembrerebbe che la vita reale si fosse incrociata con la finzione scenica. All’epoca infatti Clift frequentava segretamente – proprio come Gillis in Viale del tramonto – una donna ben più grande di lui: la cantante Libby Holman il cui rapporto era non dissimile per inerzia affettiva. Alla fine toccò proprio a William Holden che nonostante rappresentasse per Wilder l’ultima scelta possibile si rivelò la più azzeccata. E a tal proposito, il formidabile incipit fu difficilissimo da realizzare (tanto che lo stesso Wilder non era del tutto felice del risultato ottenuto) solo che in origine sarebbe dovuto essere ancora più surreale: dalla camera mortuaria Gillis avrebbe iniziato a raccontare la sua storia.

Per il ruolo di Joe Gillis, invece, in origine ci sarebbe dovuto essere Monty Clift
Per il ruolo di Joe Gillis, invece, in origine ci sarebbe dovuto essere Monty Clift

La scena fu effettivamente girata ma mai inserita nel cut definitivo perché non ebbe l’effetto desiderato: ad un test-screening la gente scoppiò a ridere. Da qui nacque l’idea della piscina decisamente più incisiva ed immediata. Quelle risate probabilmente mossero qualcosa in Wilder. Anche quando uscirono le prime recensioni, molti critici d’Oltreoceano definirono Viale del tramonto – tra le tante cose – una commedia nera. Ecco, Wilder non la prese bene perché se è vero che negli anni la sua leggiadria artistica gli permise di giostrare i generi cinematografici a puro uso e consumo della narrazione, per quest’opera, nello specifico, non voleva in alcun modo sentir parlare di analisi critico-filmiche, di genere e relative etichette. Quando un critico entrò nel merito, chiedendogli proprio delle sue sfumature da commedia nera, Wilder rispose con un laconico: «È soltanto una pellicola». In realtà di definizioni colorite ne sono state dette tante.

La discesa (metaforica ed effettiva) nel climax del film
La discesa (metaforica ed effettiva) nel climax del film

Qualcuno azzardò perfino un paragone con Il Fantasma dell’Opera rivedendo nella seduzione della Desmond una sorta di rilettura caratteriale di Dracula. Qualcun altro la definì come: «Un film dell’orrore, una grottesca casa stregata». La più pertinente di tutte però non riguarda tanto la sua epoca di riferimento, quanto i giorni nostri. Dall’alter-ego twinpeaksiano Gordon Cole a Mulholland Drive, non è mai stato un mistero che David Lynch si sia professato perdutamente innamorato di Viale del tramonto arrivando a parlarne in modo talmente poetico alla Festa del Cinema di Roma 2017 da lasciare senza fiato: «Io lo vedo come un film triste, di desideri non realizzati» e se ci si pensa un attimo, un po’ tutto Viale del tramonto vive di desideri irrealizzati.

«Io lo vedo come un film triste, di desideri non realizzati» (David Lynch a proposito di Viale del Tramonto)
«Io lo vedo come un film triste, di desideri non realizzati» (David Lynch a proposito di Viale del Tramonto)

È un desiderio irrealizzato ciò che spinge Joe a svestire i panni di sceneggiatore dalla mediocre inventiva per diventare – nel tetro mondo straordinario del viale dei ricordi perduti della Desmond – il suo protegé, un gigolò senza arte né parte, squattrinato, che preferisce rimanere incastrato in una vita prestata pur di non perdere i suoi privilegi casualmente acquisiti piuttosto che rischiare e fallire. Nondimeno, è un desiderio irrealizzato quello che spinge Max, l’ex-marito e un tempo ex-regista della stessa Desmond, a restarvi accanto, quasi a ricucire un legame spezzato – oltre lo schermo – tra la Swanson e lo stesso Von Stroheim. Ma soprattutto sono desideri irrealizzati di una nostalgica vita irrecuperabile quelli della stessa Desmond al viale del tramonto. Un coming-back soltanto nelle intenzioni, negli auto-inganni abilmente intessuti, con cui togliersi di dosso la polvere dei ricordi di giorni gloriosi alla Paramount.

Viale del Tramonto: Norma Desmond e i desideri nostalgici di una vita irrealizzabile
Viale del Tramonto: Norma Desmond e i desideri nostalgici di una vita irrealizzabile

Solo per lasciarsi nuovamente cullare dal caldo dei riflettori, anche soltanto per un attimo. Quello della Desmond però è soltanto un beffardo castello di carte. La gigantesca illusione che il mondo non l’ha mai dimenticata al di fuori della sua barocca e decrepita magione è destinata a crollare giù, nel modo peggiore, al momento delle traumatiche rivelazioni del mondo reale. Come ben detto da Lynch, è un film triste Viale del tramonto. Una parata di stelle spente dal fascino senza tempo e dalla costruzione registica sopraffina, che sullo sfondo del primo grande cambiamento dell’industria hollywoodiana – nel desiderio disperato di luci della ribalta in loro favore – non riescono nemmeno ad accettare la possibilità di un cambiamento per sé stessi, finendo con il recitare dinanzi ad una platea vuota tra lo scroscio di applausi immaginari. Un capolavoro? No, di più, un mito inarrivabile.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film 

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