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Stephen Burke: «Maze e quel conflitto che devastò Irlanda del Nord e Regno Unito»

Un detenuto, una guardia e una fuga collettiva: il regista racconta il suo film campione d’incassi

Stephen Burke. Foto di Beyan Meade

ROMA – La guerra civile tra l’IRA e i militanti filo-britannici affonda le sue radici nei primi anni del Novecento. Uno scontro sanguinoso fatto di assalti, bombe, attentati e proteste ancora oggi non del tutto sopito e molte volte raccontato dal cinema. Dagli anni ’60 alla fine degli anni ’90 in Irlanda si svolsero i Troubles, “disordini” tradotti in un conflitto combattuto anche attraverso le blanket e dirty protest o gli scioperi della fame. Molti di loro erano trattenuti nei Blocchi H della prigione di Long Kesh, ribattezzata poi Maze. Da qui 38 detenuti dell’IRA evasero nel 1983 in quella che, ad oggi, è ancora la più grande fuga della storia del sistema carcerario britannico. Il regista irlandese Stephen Burke ha deciso di raccontare questa vicenda in Maze – campione d’incassi al botteghino irlandese – attraverso la relazione instauratasi tra l’ideatore dell’evasione, Lenny Marley (Tom Vaughan-Lawlor), e la guardia carceraria Gordon Close (Barry Ward). Due visioni agli antipodi che raccontano il conflitto ma anche la sua possibile soluzione come ha raccontato il regista a Hot Corn.

Stephen Burke sul set di Maze

IL RETROSCENA «Nella prigione ci sono due categorie di detenuti. Il primo gruppo appartiene all’IRA, che combatteva contro la presenza britannica in Irlanda, mentre il secondo ai lealisti, coloro che volevano l’Irlanda del Nord parte del Regno Unito. Il Governo, nonostante fossero due fazioni opposte, decise di chiuderli nello stesso braccio perché si rifiutava di considerarli prigionieri politici. Negli anni sono stati fatti molti film sull’IRA mentre i lealisti sono stati apparentemente ignorati. E questo nonostante il ruolo importante che anche loro ebbero nel processo di pace…».

LA RICOSTRUZIONE «Ho cercato di rappresentare i fatti reali nel modo più rispettoso possibile dato che, essendo gli avvenimenti recenti, alcuni dei protagonisti sono ancora vivi. Per me era importante lasciare intatta la componente storica, attenendomi alla realtà, ma come scrittore ho dato libertà al dialogo tra i due personaggi principali. La figura del secondino l’ho un po’ immaginata ma gli scambi con Larry sono verosimili perché i detenuti ricorrevano al dialogo con le guardie carcerarie, anche se spesso non era amichevole».

Tom Vaughan-Lawlor e Barry Ward in una scena del film

IL SET «Girare in una vera prigione? Una benedizione. È stato funzionale e vantaggioso sia per il attori che per la troupe. Facevamo tutto lì. Dal mangiare – avevamo un cuoco che usava le cucine del carcere – all’ufficio di produzione. Ci ha dato maggiore libertà. Abbiamo avuto a disposizione l’ex prigione di Cork per due settimane prima di iniziare a girare. Questo ci ha consentito di studiarla e scegliere, ad esempio, di usare una sedia a rotelle per i movimenti di macchina e impostare le luci. Anche per il suono è stato utile, perché il rumore dei passi e delle porte che si chiudevano erano autentici. Ma il film è una co-produzione con la Svezia, così alcune sequenze dei dialoghi tra i prigionieri le abbiamo filmate anche lì».

LA SCENEGGIATURA «La storia ruota attorno al rapporto tra Larry e Gordon. Se
avessimo seguito i fuggitivi fuori dalle mura della prigione avremmo tolto pathos al racconto. Inoltre la sequenza dell’evasione ha un minutaggio importante e, se avessi continuato a concentrarmi su di loro, mi sarei allontanato dal personaggio principale, rischiando di perdere il pubblico. Abbiamo tagliato parti dallo script relative alle blanket protest o agli scioperi della fame perché volevamo dare il minimo delle informazioni storiche. Il nostro obiettivo era intrattenere».

Tom Vaughan-Lawlor è il detenuto Larry Marley mentre Barry Ward la guardia carceraria Gordon Close

LE MUSICHE «Ho collaborato con Stephen Rennicks per tutti i miei lavori. Solitamente ha bisogno di tempo prima di riuscire a trovare la giusta chiave per una determinata colonna sonora. In questo caso abbiamo preso una serie di rumori astratti e quelli classici della prigione e da lì ha iniziato a costruire una sua melodia inserendo strumenti musicali come il violoncello»

IL SIGNIFICATO «La parola Maze significa labirinto. Quando scrivevo per me era fondamentale perché pensavo anche a quale fosse il tema centrale del film. Il labirinto che riflette la prigione ma anche il conflitto che aveva devastato Irlanda del Nord e Regno Unito. Inoltre sia i detenuti che i secondini erano prigionieri del carcere e degli scontri. Il film non è solo la storia di un’evasione ma anche la soluzione a un conflitto. Trovare una via d’uscita dal labirinto in cui ci trovavamo attraverso il racconto della relazione tra Larry e Gordon»

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