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Piccolo Buddha | Bernardo Bertolucci, Keanu Reeves e i trent’anni di un cult

La leggenda, Siddhārtha, Bridget Fonda, Chris Isaak e quella storia vera. Celebrare un’opera unica

Keanu Reeves è Siddhārtha per Piccolo Buddha di Bernardo Bertolucci
Keanu Reeves è Siddhārtha per Piccolo Buddha di Bernardo Bertolucci

ROMA – Si parte proprio dal titolo per parlare di Piccolo Buddha di Bernardo Bertolucci. Un titolo dalla duplice valenza così come le linee narrative al suo interno. Da una parte il viaggio della famiglia Konrad di Seattle, e di Jesse (Alex Wiesendanger) in particolare nella sua chiamata ascetica che lo porterà in un mondo narrativo straordinario di nuova comprensione e di illuminazione. Dall’altra i primi passi del giovane Siddhārtha (un inedito ed emaciato Keanu Reeves che si preparò al ruolo attraverso una dieta fatta di acqua e arance) ovvero «Colui che ha raggiunto lo scopo» che sceglie di spogliarsi delle proprie vesti privilegiate per scoprire una soluzione all’esistenza basata sul ciclo di nascita, morte e rinascita e con essa la sofferenza e la compassione.

Piccolo Buddha fu presentato a Parigi il 4 novembre 1993
Piccolo Buddha fu presentato a Parigi il 4 novembre 1993

Due vite diverse, due accezioni diverse – eppure entrambi coming-of-age – in un incontro eterno e senza tempo tra tradizione e innovazione, civiltà e progresso, raccontato da Bertolucci attraverso immagini pure, limpide, settate da un ispirato Vittorio Storaro ora di colori caldi, luminosi e appaganti alla vista e al gusto, ora freddi, glaciali, tristemente geometrici, rispettivamente, tra momenti di vita ascetica tibetana e civile statunitense. Nel mezzo proprio il libro che Lama Norbu regala ai coniugi Konrad (Il piccolo Buddha. La storia del principe Siddhārtha) con cui rendere esplicito il sottile legame e giocare di salti temporali e suggestioni nei percorsi narrativi tracciati. Salti, tuttavia, spesso macchinosi nei raccordi, nei legami di montaggio, deboli nell’esecuzione ma solidi nell’insieme del proprio corpus narrativo.

Chris Isaak in un momento di Piccolo Buddha
Chris Isaak in un momento di Piccolo Buddha

Perché in fondo, nel suo essere l’atto finale (e il più spirituale) della Trilogia Orientale (L’ultimo imperatore e Il tè nel deserto i capitoli precedenti), Piccolo Buddha è stato dichiaratamente concepito da Bertolucci e dallo sceneggiatore Mark Peploe come un’insita ode alla dottrina del Buddismo a cui è sempre stato profondamente legato: «Negli ultimi dieci anni ho ceduto al fascino dell’Oriente. La Città Proibita di Pechino, il deserto del Sahara, l’antica India. Mentre giravo L’ultimo imperatore la mia filosofia era già il Buddismo. Lì ho realizzato di come in Occidente non siamo felici se non riusciamo ad emergere dalla massa e a mettere su un piedistallo la nostra immagine allargata. In Oriente, invece, ho visto persone felici, realizzate e vive e in armonia con le masse».

Un inedito Keanu Reeves nei panni di Siddhārtha
Un inedito Keanu Reeves nei panni di Siddhārtha

Dello stesso avviso l’executive Jeremy Thomas che anni dopo rivelò di aver lavorato a Piccolo Buddha per le ragioni storiche e spirituali legate al concept: «Si trattava di un interesse per la storia di Siddhārtha e per il significato del Buddismo tibetano nella società occidentale dopo l’espulsione dal Tibet. Era un film molto ambizioso, girato in gran parte a Kathmandu e in Bhutan sul posto. E in Bhutan, è stata una gioia girare in Bhutan. Ma come molte cose se si guarda indietro, ovviamente, cercare di promuovere un film sul Buddismo come un’epica è forse un’impresa ardua». E in fondo lo è stato, ma comunque leggendaria nei suoi intenti filmici.

Bridget Fonda in una scena del film
Bridget Fonda in una scena del film

Al punto che alla prima mondiale a Parigi il 4 novembre 1993 fu presente lo stesso Dalai Lama che per la prima volta nella sua vita entrò in un cinema. Per venire incontro alla sua routine la Pathè (al tempo nota come AMLF) che si occupò della distribuzione in terra francese organizzò la proiezione in orario pomeridiano in modo da permettere a Kundun (la Presenza) di poter andare a dormire come di consueto alle nove di sera. Ma non solo, perché tre anni dopo, nel gennaio 1996, Piccolo Buddha divenne (incredibilmente!) realtà. Un bambino di quattro anni, proprio di Seattle, fu individuato come reincarnazione del Lama Deschund Rinpochet e trasferito in Nepal, a conferma di come l’immaginifico potere creativo del cinema non conosce limiti né confini.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film 

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