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Novecento, Bernardo Bertolucci e il racconto di mezzo secolo di storia italiana

Un’amicizia, il mondo che cambia e quell’utopia. Che coinvolse anche Pier Paolo Pasolini

Novecento
Novecento fu presentato fuori concorso al 29º Festival di Cannes

MILANO – «Ricorderemo il mondo attraverso il cinema». Se è vera questa affermazione, come sosteneva Bernardo Bertolucci, allora è altrettanto vero che Novecento rimane ancora oggi una pietra miliare non solo della carriera del regista, ma anche del cinema sociale e politico di tutti i tempi. Uscito nel 1976, dopo l’anteprima a Cannes, il film racconta la storia di mezzo secolo dell’Italia attraverso un cast d’eccezione (Robert De Niro, Gérard Depardieu, Burt Lancaster, Stefania Sandrelli, Donald Sutherland e Sterling Hayden tra i molti) e le musiche di Ennio Morricone. La storia di Novecento si sviluppa in un arco di 45 anni, che si apre con la morte di Giuseppe Verdi e attraversa sia la Grande Guerra che l’epoca del Fascismo.

Novecento
Gérard Depardieu e Robert De Niro in Novecento

Il racconto delle trasformazioni del mondo e della società fra il 1900 e il 1945 viene quindi filtrato dalle vicende di due amici, Alfredo e Olmo, nati esattamente a inizio secolo. Così un romanzo regionale riesce, minuto dopo minuto, ad innalzarsi ad emblema della fine di un’epoca in un territorio teatro di guerra e di profondi cambiamenti sociali. Infatti Novecento è – ancora oggi – un grande affresco storico dalle sfumature drammatiche, ambientato nella bassa emiliana: tra Corte degli Angeli, Corte delle Piacentine e i territori intorno a Mantova, Cremona, Modena e, soprattutto, Parma. Tutti luoghi cari al regista che vi nacque e vi trascorse l’infanzia.

Novecento
De Niro in scena con una bellissima Dominique Sanda.

Tra i paesaggi dell’Emilia si dipanano i fondamenti della lotta di classe, tra i ricchi proprietari terrieri e i contadini, di cui vengono esaltati il ruolo e l’importanza storica. In un mondo scandito dalle stagioni ritroviamo anche la figura di Pier Paolo Pasolini. In primis per un simpatico aneddoto che vede le troupe di Novecento e Salò o le 120 giornate di Sodoma organizzare insieme partite di calcio, dal momento che anche Pasolini stava girando in quei luoghi. Ma soprattutto perché, nelle intenzioni di Bernardo, il film doveva mostrare a Pier Paolo che quell’innocenza tipica dei contadini, che lui nei suoi saggi riteneva perduta, esisteva ancora. «E poi volevo raccontare la grande utopia, la rivoluzione contadina» spiegò il regista.

Bernardo Bertolucci
Bernardo Bertolucci sul set del film

Distribuito nelle sale in due atti, Novecento nelle intenzioni del grande regista doveva comporsi anche di un terzo atto, che avrebbe coperto il periodo fra il 1945 e il 2000, ma non vide mai la luce. D’altronde la realizzazione del film occupò Bertolucci per quasi due anni e avvenne in un periodo critico, innanzitutto per il mondo cinematografico. In quell’epoca, infatti, il cinema italiano aveva perso alcuni dei suoi grandi nomi – da Rossellini a Visconti e De Sica – e vi era un disperato bisogno di individuare nuove figure di autorità

Novecento
Una scena di Novecento

A intaccare l’idealismo e la fede creativa di Bertolucci si aggiunsero anche gli sconvolgimenti politici nelle ultime fasi della lavorazione: l’assassinio di Pasolini e il terrorismo, tra Brigate Rosse e attentati. Il racconto di un secolo già troppo denso di significato si scontrava quindi con nuovi ostacoli che avrebbero minato la società alla sua base, cambiandone profondamente le dinamiche. E allora Novecento rimane indelebile nella memoria come testimonianza di ciò che è stato, ma soprattutto come il simbolo del sogno – forse veramente utopia – di una società in cui il riscatto delle ingiustizie porta alla rivendicazione da parte del popolo oppresso di ciò che gli spetta.

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