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Tra Dostoevskij e un pallone | Perché dovreste vedere il documentario su Gascoigne

L’infanzia, Italia ’90, i demoni e l’orlo dell’abisso: su Amazon il documentario su Gazza

Paul Gascoigne con Diego Armando Maradona. Era il 10 novembre 1992.

MILANO – Lo avevamo cercato, ne avevamo parlato sulla versione inglese di Hot Corn (qui il bellissimo pezzo di Stefan Pape), ci eravamo anche chiesti se sarebbe mai uscito in Italia (qui) e adesso finalmente siamo stati accontentati e possiamo accoglierlo di diritto nel nostro Hot Corn Football Club: Gascoigne, il documentario firmato da Jane Preston e girato nel 2015, arriva ora su Prime Video ed è l’occasione di (ri)scoprire una storia di calcio che in realtà pare un film, anzi è molto meglio, perché l’esistenza di Gascoigne è un romanzo russo, è delitto e castigo, è il peccatore che è santo nello stesso preciso istante, è puro Dostoevskij, pagina dopo pagina: «Una cupa sensazione di tormentosa, sconfinata solitudine e di distacco da ogni cosa si fece d’un tratto chiara all’animo suo…».

Paul Gascoigne oggi.

Ma chi era Gazza? Perché fu tanto amato? E perché ancora oggi è idolatrato al netto di distinzioni di tifo e maglia? L’aspetto più affascinante del documentario su Gascoigne è che a raccontare la sua vita è proprio lui, solo lui, occhi alla camera, mani che si muovono inquiete, sguardo che si accende e spegne lungo momenti che sanno diventare gioia pura oppure volgersi in orrore. Come quando, proprio all’inizio, racconta del dramma vissuto a dieci anni, con la morte del fratellino di un amico, ucciso sotto i suoi occhi da una macchina. La vita di Gazza è sublime o miserabile, tocca l’apice per poi sprofondare nel punto più basso dell’esperienza, cerca di dribblare la vita, ma alla fine a perdere è sempre lui.

Gascoigne durante le riprese del documentario.

Immagine dopo immagine la Preston marca stretto Gascoigne con inquadrature strettissime, lo costringe a rivelarsi e a rivelare tutto. Ma se i duelli con il futuro amico Vinnie Jones fanno ridere e le parole dell’amico Gary Lineker sono quasi da buddy movie calcistico («La palla? Te la passava solo se era stanco o se sapeva che gliel’avresti ridata»), a un certo punto nella vita di Gazza arriva sempre, come una costante, l’abisso, il momento in cui tutto sprofonda in un baratro. Come l’aneddoto sull’asma (non la riveliamo qui), un’altra morte che Gascoigne si porterà sempre addosso. Eccessivo, ribelle, capace di genio quanto di idiozia, Gascoigne era molto simile a Maradona non solo come estro, ma anche come destino: entrambi hanno pagato sempre tutto a caro prezzo. E proprio Maradona viene raccontato da Gazza che rievoca un incontro con Diego in Lazio – Siviglia del 1992.

Gascoigne sul set con la regista, Jane Preston.

Non andiamo oltre, non serve raccontare troppo: chi ama il calcio sa che deve vedere Gascoigne, chi invece non ama il pallone, beh, invece dovrebbe vederlo perché questo documentario è l’ennesima dimostrazione che il calcio non è solo uno sport, ma una messa in scena della vita, un palcoscenico in cui ognuno ha un ruolo e deve scendere a patti con i propri demoni, giorno dopo giorno, partita dopo partita. E qui torniamo ancora a Dostoevskij, alla vita che si piega sotto i colpi e che deve fingersi vita comunque: «Ciascuno di noi è colpevole di tutto e per tutti sulla terra, questo è indubbio, non solo a causa della colpa comune originaria, ma ciascuno individualmente per tutti gli uomini e per ogni uomo sulla terra…». Imperdibile.

  • GASCOIGNE | Le molte vite di un eroe fragile
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