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Inland Empire | Laura Dern e le memorie dell’ultimo sogno al cinema di David Lynch

Il digitale, il sogno, Mulholland Drive, la telefonata, la mucca e quel ricordo: Rileggere un cult assoluto

Laura Dern e il cuore di Inland Empire, del 2006, l'ultimo film di David Lynch
Laura Dern e il cuore di Inland Empire, del 2006, l'ultimo film di David Lynch

ROMA – Intanto una particolarità, perché Inland Empire – L’Impero della Mente del 2006 è stato – si – l’ultimo lungometraggio cinematografico di David Lynch, ma anche il suo film più lungo (180 minuti) e il suo unico film girato completamente in digitale. Precisamente con una Sony DSR-PD150 portatile dello stesso Lynch che da Mulholland Drive in poi dichiarò che non avrebbe più utilizzato la pellicola per fare cinema. Una scelta dettata da una ragione pratica ma che con Lynch diventa poesia: «Più spazio per sognare». Ma soprattutto per poter avere molte più opzioni in post-produzione. Non poteva essere altrimenti per un film sperimentale e dai sapori surrealisti estremi frutto di immagini di manipolazioni oniriche. Una raccolta a-lineare di frammenti filmici senza coesione e coerenza narrativa che è meditazione metafisica sulla stranezza di Hollywood tra mito e realtà arricchita di distorsioni visive e manipolazioni sonore, depistaggi e suggestioni registiche.

Laura Dern in un momento del film
Laura Dern in un momento del film

Un sogno (incubo) senza sognatore dalla psiche frammentata, Inland Empire, un mondo di mondi dalla grammatica filmica inedita che si basa su codici di decostruzione e che portano all’ultimo stadio possibile il discorso narrativo lynchiano fino a disgregarne gli ultimi appigli. Laddove tra Velluto Blu, I segreti di Twin Peaks e Cuore selvaggio, Lynch procede contaminando le abituali estetiche del genere noir di elementi grotteschi e surreali pur mantenendo una certa linearità di fondo, è da Strade perdute a Twin Peaks passando per Mulholland Drive e proprio Inland Empire, che Lynch agisce sin dentro la struttura dell’organismo-racconto. Narrazioni complesse su più piani dalla sempre più marcata a-linearità da nastro di Möbius che qui viene spezzato in favore di un flusso di coscienza armonico nello sviluppo ma frammentato nella sua forma che è puro – e assoluto – cinema esperienziale.

Inland Empire di David Lynch è stato distribuito nelle sale americane il 15 dicembre 2006
Inland Empire di David Lynch è stato distribuito nelle sale americane il 15 dicembre 2006

Non a caso – e non dovrebbe nemmeno stupire più di tanto leggerlo – non c’era nemmeno un vero script per Inland Empire! Giorno dopo giorno Lynch arrivava sul set dando agli interpreti diverse pagine di dialoghi appena stampati. Su sua stessa ammissione: «Non ho mai lavorato a un progetto in questo modo prima. Non so esattamente come si svolgerà questa cosa alla fine. Questo film è molto diverso perché non ho uno script. Scrivo la cosa scena per scena e gran parte è girata e non ho la minima idea di dove andrà a finire. È un rischio, ma ho questa sensazione che poiché tutte le cose sono unificate, questa idea qui in quella stanza si collegherà in qualche modo a quell’idea lì nella stanza rosa». Il motivo? Presto detto, Lynch non aveva la più pallida idea di cosa parlasse esattamente il film.

Karolina Gruszka in un momento del film
Karolina Gruszka in un momento del film

A domanda diretta – di executives come addetti ai lavori – Lynch sviava dalle spiegazioni rispondendo unicamente: «Inland Empire riguarda una donna nei guai, ed è un mistero, ed è tutto ciò che voglio dire al riguardo». L’ufficio marketing della StudioCanal, non sapendo che pesci pigliare, se la fece andare bene scegliendo Una donna nei guai come tagline, ma perché non c’erano veramente alternative possibili. Dopo l’anteprima mondiale, fuori concorso, a Venezia 63 – dove Lynch fu insignito del Leone d’Oro alla carriera – del 6 settembre 2006, il film arrivò negli Stati Uniti al New York Film Festival per poi approdare in via definitiva in sala il 15 dicembre dello stesso anno. In alcune di queste proiezioni, Lynch poteva manifestarsi aprendo le danze con una citazione tratta dalla Brihadaranyaka Upanishad. Si tratta di una particolare Upaniṣad, un testo religioso indiano in lingua sanscrita risalente al IX secolo a.C.

Inland Empire: l'ultima volta al cinema di David Lynch
Inland Empire: l’ultima volta al cinema di David Lynch

«Siamo come il ragno. Tessiamo la nostra vita e poi ci muoviamo in essa. Siamo come il sognatore che sogna e poi vive nel sogno. Questo è vero per l’intero universo», citazione che suggestioni sognanti a parte è, in effetti, esplicativa del vagare onirico di quadro in quadro della Nikki/Susan di una Laura Dern allo stato dell’arte, ma praticamente un rebus per qualsiasi addetto alla distribuzione. A proposito, dobbiamo a Dern il titolo del film. Precisamente durante una conversazione telefonica con Lynch in cui l’attrice nominò l’omonima area metropolitana ad est di Los Angeles in cui viveva l’allora marito, il (grande) musicista Ben Harper. A quel punto la storia ci dice che Lynch smise di ascoltarla del tutto perché rimase incantato dal nome della zona urbana: «Mi piace la parola Inland e mi piace la parola Empire. Vuoi venire a sperimentare?». E lo stesso avvenne per l’intero processo distributivo.

Il momento Rabbits in Inland Empire
Il momento Rabbits in Inland Empire

All’indomani di Venezia 63, infatti, Lynch acquistò i diritti di distribuzione domestici da StudioCanal (che li manterrà per il mercato globale) annunciando l’intenzione di autodistribuire Inland Empire (oggi lo trovate in streaming su MUBI) tramite la sua società, Absurda, e 518 Media: «Un distributore convenzionale è un crepacuore, e ho finito con quello. Con l’autodistribuzione, sono in grado di modellare molto di più il risultato del film». Nel gennaio 2007 intraprese perfino un tour in dieci città americane con una mucca al suo fianco: «Ho mangiato un sacco di formaggio durante il film e mi ha reso felice. Non vedo l’ora di incontrare i proprietari dei cinema e di uscire tra la gente con la mucca» e che utilizzò perfino per promuovere Dern agli Oscar 2007 come Miglior attrice protagonista, ma solo perché mancavano i fondi per una vera campagna promozionale (e l’avrebbe meritato in effetti nda).

Una scena del film
Una scena del film

La corsa al box-office di Inland Empire si concluse a poco meno di 4 milioni di dollari e mezzo a fronte di un budget di quasi 3. Non una cifra esorbitante, ma abbastanza perché se ne parli ancora oggi, a quasi vent’anni di distanza dalla sua realizzazione, come uno dei film più sottovalutati del primo decennio degli anni Duemila. È l’ultimo film realizzato da David Lynch prima della triste scomparsa, il suo più audace e il modo più estremo per noi spettatori per ricordarlo, ma forse anche il più coerente. Della vita, della morte e della loro dialettica, Lynch aveva una concezione molto particolare: «Credo che la vita sia un continuum e che nessuno muoia davvero, abbandonano semplicemente il loro corpo fisico e ci incontreremo di nuovo, come dice la canzone (We’ll Meet Again nda). È triste ma non è devastante se la pensi così».

Nei cinema italiani il film è stato distribuito il 9 febbraio 2007
Nei cinema italiani il film è stato distribuito il 9 febbraio 2007

Serve trovare una qualche spiegazione al perché compiamo quell’ultimo passo in vita: «Altrimenti non vedo come qualcuno potrebbe mai, una volta che vede qualcuno morire, sparire per sempre ed è quello che siamo tutti destinati a fare. Mi dispiace ma non ha alcun senso, è un continuum e alla fine della storia staremo tutti bene» diceva Lynch. La vita è un continuum di immagini così come lo è Inland Empire nella sua forma onirico-surrealista, e tanto ci basta per volerlo rivedere ancora. Sta bene Lynch, è semplicemente andato dall’altra parte, a continuare il suo viaggio spirituale tra mondi e suggestioni sotto una nuova forma.

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