ROMA – Iniziamo dal titolo, perché mai come nel caso di Una storia vera si è perso qualcosa nella traduzione dall’originale. La scelta di parole di The Straight Story viveva infatti di una duplicità meravigliosa che racchiudeva in sé tutta la bellezza del film di Lynch. In fondo, si, è una storia vera quella raccontata, ma è anche – e soprattutto – la storia di Alvin Straight. Un contadino dell’Iowa di 73anni che nel 1994 ha intrapreso un lungo (e incredibile!) viaggio di 386 chilometri in sei settimane a bordo di un trattorino rasaerba per rivedere il fratello Henry (Lyle nella finzione scenica) reduce da un infarto, nel Wisconsin. Una storia che ha subito scatenato qualcosa nella sceneggiatrice Mary Sweeney quando, il 25 agosto 1994, si ritrovò tra le mani una copia del The New York Times con quell’articolo a pagina 12.

Il titolo? Brotherly Love Powers a Lawn Mower Trek (ovvero, L’amore fraterno alimenta un tosaerba). Secondo la Sweeney: «Crescendo nel Wisconsin, mi sono facilmente collegata a quel tipo di carattere americano stoico, non verbale, testardo e stravagante. Capisco quanto sia difficile avere un orgoglio e una dignità silenziosi quando sei vecchio e povero e vivi nel bel mezzo del nulla. Capisco quali sono i sogni e le frustrazioni di queste persone. E ho adorato quanto il suo viaggio abbia catturato l’immaginazione nazionale, quindi, indossando il cappello del mio produttore, ho iniziato a cercare di assicurarmi i diritti». Ed ecco il punto: Una storia vera è una storia di tutti. Un viaggio dalla portata universale quello di Straight, che nella parata di personaggi pittoreschi incontrati lungo il suo cammino vede Lynch raccontare di vita, morte, amore familiare, di piccole cose e delle scelte che facciamo ogni giorno.

Ci fu un intoppo però, perché l’executive Ray Stark aveva anticipato tutti, perfino la Sweeney, acquistando i diritti di utilizzazione economica di Una storia vera e immaginando Paul Newman nei panni di Alvin Straight. Nessun nome per la regia, non ci fu tempo. All’indomani della morte di Straight nel 1996 i diritti tornarono sul mercato. Li ottenne la Sweeney che assieme a John Roach, un amico di infanzia, ripercorsero su carta l’intero viaggio di Straight. Intenti ambiziosi riproposti interamente per immagini da Lynch che scelse di girare il film seguendo il lineare ordine cronologico della rotta di Straight. Un qualcosa che se per un qualsiasi regista sarebbe la comune normalità, con Lynch diventa la straordinaria eccezione. Non è un caso infatti se negli anni – a più riprese – Lynch si sia riferito a Una storia vera come: «Il mio film più sperimentale».

Del resto come potrebbe essere altrimenti per un autore che in trent’anni di carriera, da Velluto Blu a Twin Peaks passando per Cuore selvaggio, I segreti di Twin Peaks, Fuoco cammina con me, Strade perdute, Mulholland Drive e Inland Empire, ha scelto di affrontare di petto il cinema noir in tutte le sue possibili sfumature di linguaggio, ricalibrandone l’abituale linearità di sviluppo in favore di una progressiva e sempre più marcata destrutturazione delle sue componenti. Nel punto centrale di questo fiume in piena creativo c’è proprio quella mosca bianca di Una storia vera per cui Lynch non ha mai nascosto il suo amore incondizionato: «Si trattò di una vera e propria deviazione dal percorso narrativo per me, perché la storia si svolge in modo del tutto lineare. Poi, però, mi innamorai dei sentimenti contenuti nello script, divenne tutto molto reale».

Basti pensare per un attimo a quanto amore, verità, vita e fragilità è capace di trasmettere il climax di Una storia vera. E non tanto per quei secondi di orribile silenzio quando i due fratelli – Alvin (Richard Farnsworth) e Lyle (Harry Dean Stanton) – si chiamano a voce spezzata in un campo e controcampo che racchiude in sé la magia del ricongiungimento. Ma un attimo dopo, quando arriva quello scambio dialogico a occhi lucidi: «Hai fatto tanta strada con quel coso per venire da me? Sì, Lyle». Frasi asciutte, secche ma colorate, che vanno dritto al punto ed emozionano come solo il grande cinema sa fare. Non a caso a Cannes 52 la pellicola ci andrà in concorso, segnalandosi come una delle più piacevoli sorprese dell’edizione. Grande in merito in tal senso al volto e corpo di Alvin Straight.

Quel Richard Farnsworth che dopo una carriera incredibile da controfigura (Kirk Douglas, Henry Fonda, Montgomery Clift, Roy Rogers e Steve McQueen tra i tanti con cui collaborò) e interprete in oltre novanta pellicole, vinse concorrenza dei più rodati John Hurt, James Coburn, Jack Lemmon e Gregory Peck portando sullo schermo tutto il dolore di una vita ormai al capolinea. Agli inizi degli anni Novanta a Farnsworth fu diagnosticato un carcinoma alla prostata. Poco prima dell’inizio delle riprese un tumore osseo metastatico allo stadio terminale. Ciononostante volle esserci per Una storia vera. Proprio come Lynch si era innamorato dello script e della storia. Il cancro però non gli diede tregua durante la lavorazione. La paralisi di cui è soggetto Straight nel terzo atto era vera. Ma non fermò minimamente Farnsworth che mise ogni grammo di esperienza al servizio del cinema, regalandosi una performance da leggenda.

Agli Oscar 2000 infatti Farnsworth verrà nominato nella categoria Miglior attore protagonista. Il più anziano interprete a ricevere una nomination in una categoria artistica agli Oscar. Perlomeno fino al 2021, anno in cui l’83enne Anthony Hopkins gli rubò il primato con la vittoria del secondo Oscar al Miglior attore protagonista per The Father, diventando il più anziano a essere nominato e a vincere l’ambita statuetta, ma poco importa. Nell’autunno di quell’anno, il 2000, il dolore in tutto il corpo fu talmente lancinante che Farnsworth mise il punto. Si sparò un colpo in testa nel suo ranch in New Mexico. Resta l’immortalità artistica per Farnsworth, la gloria, ma soprattutto la consapevolezza di aver contribuito con il suo talento a rendere indimenticabili tante pagine di grande cinema, Una storia vera su tutti, un grande film tutto da (ri)scoprire, e forse il miglior film possibile per celebrare Lynch oggi.
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Qui sotto potete vedere il trailer del film:
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