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Velluto Blu | Kyle MacLachlan, Laura Dern e la svolta nel cinema di David Lynch

Isabella Rossellini, Dennis Hopper, il noir e quella canzone di Bobby Vinton: Un cult da riscoprire

Kyle MacLachlan, Laura Dern e David Lynch sul set di Velluto Blu
Kyle MacLachlan, Laura Dern e David Lynch sul set di Velluto Blu

ROMA – Si parte dal titolo, ovviamente, e da quell’insolita scelta di parole – Velluto Blu – che poi fu la prima idea di David Lynch per la stesura dello script: un sentimento di fondo e quel titolo in particolare. Ovvero l’omonimo brano popolare composto nel 1950 da Bernie Wayne e Lee Morris, inciso prima da Tony Bennett l’anno successivo – e che della produzione musicale del crooner fu uno dei cavalli di battaglia nel suo primo periodo (gli altri Because of You, Cold, Cold Heart, Stranger in Paradise) – per poi spopolare nel 1963 con Bobby Vinton. È quest’ultima versione che catturò l’attenzione di Lynch – «L’umore che accompagnava quella canzone, un umore, un tempo e cose che appartenevano a quel tempo» dirà in merito – tanto da spingere Dino De Laurentiis e l’executive Fred Caruso affinché ne acquistassero i diritti di utilizzazione economica.

Velluto Blu, di David Lynch, fu distribuito nelle sale statunitensi il 19 settembre 1986
Velluto Blu, di David Lynch, fu distribuito nelle sale statunitensi il 19 settembre 1986

Cosa che in un primo momento non accadde, perché avevano in mente qualcos’altro i produttori. Chiesero, infatti, al compianto compositore Angelo Badalamenti di incidere una cover che suonasse esattamente come quella originale per poi invitare proprio Vinton in studio di registrazione per realizzare una versione specifica per il film. Doveva essere arrangiata di due toni e mezzo in meno in modo da favorire il cambio di estensione vocale del cantante. A Lynch piacque anche, ma sapeva in cuor suo che non avrebbe potuto funzionare come l’originale. Non fosse altro perché senza la vera Velluto Blu non avremmo mai avuto la scena madre del film: Isabella Rossellini che si esibisce al nightclub, in un abito da sera da sogno, con proprio Badalamenti al piano in accompagnamento tra luci soffuse e poi una tonalità di blu che l’avvolge del tutto. Un momento di puro cinema entrato di diritto nei libri di storia.

Isabella Rossellini nella scena madre di Velluto Blu
Isabella Rossellini nella scena madre di Velluto Blu

A tal proposito, nel ruolo della problematica-ma-irresistibile Dorothy Vallens fu la quinta scelta di Lynch dopo i rifiuti eccellenti di Hanna Schygulla, Helen Mirren, Debra Winger e Debbie Harry (e qui grande merito a Videodrome ovviamente). La differenza la fecero alcuni spot della Lancôme all’inizio degli anni Ottanta che resero la Rossellini un volto riconoscibile. Il resto l’insita curiosità cinefila del poter lavorare con una (doppia) figlia d’arte visto che nel suo sangue scorre quello di Ingrid Bergman e Roberto Rossellini. Trentanove anni dopo, lo si può dire a gran voce: una scelta vincente. Perché come volto hollywoodiano tutto sommato inedito, la Rossellini si dimostrò talento straordinario in grado di unire fragilità, seduzione ed esplosività nelle sue fiammate emotive come solo avrebbe saputo fare una veterana. E dire che dopo i primi test-screening, l’agenzia che la rappresentava, la ICM Partners, la abbandonò come cliente.

Isabella Rossellini e David Lynch sul set del film
Isabella Rossellini e David Lynch sul set del film

Di tutto Velluto Blu sono sicuramente Dorothy e l’omonimo brano di Vinton a tornare di più alla mente ripensandolo oggi, eppure parliamo di una delle opere più personali nella totalità dell’opus lynchiano. Il suo tratto distintivo di orrore notturno che emerge dagli spiragli di luce chiaroscurali di vite solo apparentemente normali nacque da un’esperienza di vita reale che Lynch e il fratello John ebbero da adolescenti. Una notte, dalla finestra del loro appartamento, videro una donna nuda visibilmente traumatizzata camminare per strada. Quell’esperienza travolse talmente il giovane Lynch da segnarlo nel profondo, al punto da provare ad esorcizzarla restituendola in immagine in una delle scene più forti agli inizi del terzo atto. Velluto Blu che da principio sarebbe dovuto essere il film successivo a The Elephant Man e il cui concept Lynch sottopose al produttore Richard Roth dopo il netto (ennesimo) rifiuto verso il mai realizzato Ronnie Rocket.

Velluto Blu, uno dei più personali film dell'immaginario lynchiano
Velluto Blu, uno dei più personali film dell’immaginario lynchiano

«Gli dissi che avevo sempre desiderato intrufolarmi nella stanza di una ragazza per sorvegliarla di notte e che forse avrei visto qualcosa che sarebbe stato l’indizio di un mistero. A Roth piacque l’idea e mi chiese un trattamento. Tornai a casa e pensai all’orecchio nel campo» dirà Lynch di quell’incontro. E sull’immagine dell’orecchio marcio costruì l’intero film perché svolta narrativa lapidaria da cui far emergere dalle tenebre il mondo straordinario e parallelo che è cuore oscuro della ridente e solare cittadina di Lumberton: «Non so perché dovesse essere un orecchio. So solo che doveva essere un’apertura di una parte del corpo, un buco in qualcos’altro. L’orecchio si trova sulla testa e va dritto nella mente, quindi sembrava perfetto». Non a caso fotografato in piano medio in una zoomata delicata ma incisiva e perturbante che finisce sin nell’oscurità dell’organo in decomposizione così da risaltarne la simbologia e il valore semantico.

L'orecchio di Velluto Blu
L’orecchio di Velluto Blu

Sequenza che va di pari passo con il formidabile prologo che in un paio di minuti vide Lynch inquadrare tutto ciò che è – e sarà poi – Velluto Blu in termini di tono, suggestioni e sapore scenico. La canzone che vi dà il titolo in sottofondo, i fiori, la città radiosa, un incidente grottesco e l’audio sempre più ovattato in quell’inquadratura del sottosuolo nel buio di una nidiata di scarafaggi e insetti vari che è la prima di molte immagini disturbanti di cui la narrazione è percorsa: «In Velluto Blu c’erano labbra rosse, prati verdi e la canzone, la versione di Bobby Vinton. La cosa successiva era un orecchio adagiato in un campo. E questo è tutto. Ti innamori della prima idea, di quel piccolo pezzettino. E una volta che ce l’hai, il resto arriverà col tempo» dirà Lynch in merito.

Benvenuti nella ridente cittadina di Lumberton dove nulla è come sembra
Benvenuti nella ridente cittadina di Lumberton dove nulla è come sembra

Per la precisione due draft, tra la fine del 1984 e l’inizio del 1985, che permisero a Lynch di disegnare al meglio le forme della sua creatura filmica: «Il problema di questi draft è che dentro c’era tutta la sgradevolezza di Velluto Blu, ma nient’altro. Molte cose mancavano ancora e così è andato via per un po’». Film, tra l’altro, condizionato dal brutto tonfo commerciale di Dune che di lì a poco porterà al fallimento la De Laurentiis Entertainment. Il budget fu risicato, appena 6 milioni di dollari, con in più Lynch che lavorò a ingaggio ridotto. In compenso ebbe libertà artistica totale, final cut privilege e il pieno controllo produttivo visto che lavorò praticamente senza supervisione alcuna: «Dopo Dune ero così giù che tutto era su! Quindi era solo euforia. E quando lavori con quel tipo di sensazione, puoi rischiare. Puoi sperimentare».

Kyle MacLachlan, Laura Dern e David Lynch durante le riprese del film
Kyle MacLachlan, Laura Dern e David Lynch durante le riprese del film

L’unica condizione a cui il regista fu sottoposto riguardava la consegna di un montaggio definitivo di non oltre le due ore. Il cut originale era di quattro e Lynch fu costretto a tagliare alcune sottotrame a seguito di numerose richieste pervenute dalla scure censoria della MPAA circa la natura disturbante di alcuni momenti filmici. Tagli che in realtà hanno finito con il giovare al prodotto finito Velluto Blu perché tutto più semplice, diretto, immediato nella sua percezione di visione canalizzata dalla prospettiva del protagonista. Quel Jeffrey Beaumont coscienza del racconto portato in scena da un Kyle MacLachlan che qui assume le forme del perfetto alter-ego lynchiano: «Kyle è vestito come me. Mio padre era un ricercatore per il Dipartimento dell’Agricoltura di Washington. Eravamo sempre nei boschi. Questa è l’America per me, come le staccionate e le rose nella scena iniziale. È così impressa quell’immagine e mi fa sentire felice».

Velluto Blu: L'America di David Lynch
Velluto Blu: L’America di David Lynch

Dopo il difficile Dune, alla sua seconda prova il futuro feticcio attoriale di Lynch si distinse per un’interpretazione misurata e incisiva di un eroe dalla prospettiva morale discutibile, che è simulacro dell'(im)perfetta rappresentazione distorta delle estetiche del cinema noir operata da Lynch lungo tutto il suo percorso filmico che trova qui la propria origine artistica. Una rilettura che in Velluto Blu procede in superficie, lasciando inalterata la tipica prosecuzione lineare nello sviluppo dell’organismo-racconto – qui comunque contaminata di distorsioni visive e manipolazioni sonore tipiche del linguaggio onirico lynchiano – per lavorare maggiormente sulle componenti caratteriali degli agenti scenici. La femme fatale Dorothy è seducente ma complessa, l’eroe Jeffrey di pulito ha soltanto il volto e Frank, il villain di un pirotecnico Dennis Hopper, è solo apparentemente inarrestabile. A tal proposito, ottenne la parte di forza con una telefonata in cui urlò a Lynch: «Devo interpretare Frank perché io sono Frank!».

Laura Dern, Isabella Rossellini e Kyle MacLachlan in una scena del film
Laura Dern, Isabella Rossellini e Kyle MacLachlan in una scena del film

Tutti personaggi rotti, dalle sfumature caratteriali colorate ricche di lati nascosti dal subconscio frastagliato come lo è – nascosto – il mondo criminale sotterraneo e voyeuristico raccontato. Ed è quella, infatti – nascosto –, la parola chiave per la comprensione di un Velluto Blu che lo stesso Lynch descrisse come: «Un film su cose nascoste, all’interno di una piccola città e all’interno delle persone» e debitamente ispirato alla narrativa gotica di Henry James ed Edgar Allan Poe e al cinema noir (L’ombra del dubbio, La morte corre sul fiume). Nascosto come può esserlo l’amore nel triangolo relazionale intessuto da Lynch tra quello puro, dolce che parla di sogni e pettirossi con Sandy (Laura Dern) e quello perverso, pulsionale e nemmeno troppo velatamente edipico con Dorothy. Ma nascosto come lo può essere una narrazione percorsa di impulsi, di dolore sottocutaneo e di porte chiuse da cui emergono urla e lacrime.

Nei cinema italiani il film fu distribuito il 23 ottobre 1986
Nei cinema italiani il film fu distribuito il 23 ottobre 1986

Fu un buon successo Velluto Blu. Nonostante una distribuzione limitata, il film chiuse la corsa al botteghino nel mercato domestico con oltre 8 milioni e mezzo di dollari d’incasso, ma la verità è che fu soltanto dopo le accoglienze positive tra il Montréal World Film Festival e il Toronto Festival of Festivals nell’estate del 1986 che la De Laurentiis Group promosse il film come si deve. Da principio, specie considerando le brucianti conseguenze finanziarie di Dune, gli addetti alla distribuzione non programmarono nemmeno una vera e propria campagna marketing per un Velluto Blu (che trovate oggi su Prime Video e Apple TV+) ritenuto troppo lontano dai criteri mainstream dell’epoca. Il tempo ci dice tutt’altro. Pochi altri film di David Lynch hanno saputo incidere nell’immaginario collettivo come Velluto Blu. Un cult da sogno, un indimenticabile incubo a occhi aperti, da rivedere, capire e da studiare.

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