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Brandon Lee, Il Corvo, Eric Draven e il vuoto di un’assenza incolmabile

Le origini, Bruce Lee, Legacy of Rage e Resa dei Conti a Little Tokyo, gli insegnamenti. Il nostro ricordo

Brandon Lee in una scena de Il Corvo, scomparve il 31 marzo 1993 durante le riprese
Brandon Lee in una scena de Il Corvo, scomparve il 31 marzo 1993 durante le riprese

ROMA – La morte ha in qualche modo segnato da sempre la vita di Brandon Lee che ad appena otto anni si ritrovò a doverci fare i conti. Suo padre, il leggendario Bruce Lee, morì in circostanze misteriose ad appena 33 anni durante la post-produzione de I 3 dell’Operazione Drago. Nemmeno poi tanto in verità anche se all’epoca si parlò di un complotto omicida ordito dalle Triadi cinesi. L’autopsia rivelò come la causa del decesso fosse una (probabile) reazione allergica a una o più sostanze contenute nell’Equagesic. Un medicinale in pastiglia contenente sia aspirina che meprobamato che gli fu somministrato dall’attrice Betty Ting Pei per attenuare gli effetti di un edema cerebrale mai opportunamente curato che pochi mesi prima gli procurò vomito, febbre alta e fortissime convulsioni.

Brandon Lee e David Carradine in una scena di La Legge del Kung Fu
Brandon Lee e David Carradine in una scena di La Legge del Kung Fu

E Brandon si ritrovò così, orfano di padre, in viaggio per Seattle assieme a sua madre Linda (Emery nda) e sua sorella Shannon, con il cinema nel destino e una nomea con cui fare i conti: essere il figlio di Bruce Lee. Una nomea inesorabile che se da una parte creò interesse nell’industria nei confronti della sua figura come interprete e artista marziale – aprendogli porte altrimenti inaccessibili – dall’altra ha pesato, e non poco. Si espresse così, al riguardo, in un’intervista che rilasciò negli anni Novanta: «Non voglio essere ricordato unicamente come il figlio di Bruce Lee. Ho fatto i miei film e ne sono felice. Rispetto molto mio padre, ma sono una persona molto diversa da lui».

Legacy of Rage, film del 1991 di Ronny Yu, il primo film orientale con protagonista Brandon Lee
Legacy of Rage, film del 1991 di Ronny Yu, il primo film orientale con protagonista Brandon Lee

In comune, Brandon e Bruce, ebbero giusto gli inizi di carriera. Il padre, dopo tanta gavetta fatta di B-Movies a Hong Kong, ebbe fortuna Oltreoceano vestendo i panni di Kato, l’assistente combattivo di Britt Reid aka Calabrone Verde (Van Williams) nel quasi omonimo serial Il Calabrone Verde composto di ventisei puntate andate in onda su ABC tra il 1966 e il 1967. Il figlio invece, dopo un paio di camei non accreditati, ebbe fortuna a Hollywood con la saga sequel del celebre serial Kung Fu con David Carradine: La legge del Kung Fu. Poi il percorso inverso, a Hong Kong, dove prese parte al suo primo film da protagonista assoluto: Legacy of Rage di Ronny Yu, per poi ritornare in America con un film minore, ma di carattere: Laser Mission di BJ Davis del 1989, dove divise la scena con Ernest Borgnine.

Resa dei conti a Little Tokyo, film del 1991 di Mark L. Lester dove Brandon Lee fece coppia con Dolph Lundgren
Resa dei conti a Little Tokyo, film del 1991 di Mark L. Lester dove Brandon Lee fece coppia con Dolph Lundgren

La svolta arrivò poco dopo con Resa dei conti a Little Tokyo a firma registica Mark L. Lester dove fece coppia con Dolph Lundgren. Non ebbe il successo sperato (appena 2 milioni e mezzo di dollari al box-office), e si, eccetto alcuni momenti, un buddy cop serioso e abbastanza mediocre, ma la coppia Brandon Lee/Dolph Lundgren funzionò tantissimo per carisma e presenza scenica. Negli anni, nonostante tutto, il film si è saputo costruire una solida reputazione tra i fan dell’action movie, al punto che, chissà, magari se la vita non avesse scelto diversamente, oggi parleremmo di Resa dei conti a Little Tokyo come uno degli iconici franchise buddy accanto ad Arma Letale, Die Hard e Rush Hour, seppur in tono minore.

Il Corvo di Alex Proyas fu presentato in terra statunitense il 10 maggio 1994
Il Corvo di Alex Proyas fu presentato in terra statunitense il 10 maggio 1994

La differenza la fece proprio Il Corvo. «Non so se sono destinato a interpretare questo ruolo, ma mi sento fortunato a farlo» disse Brandon Lee quando ottenne la parte di Eric Draven per cui riuscì a spuntarla sui più quotati River Phoenix, Johnny Depp e Charlie Sexton. Ma soprattutto su Christian Slater e Jon Bon Jovi su cui avevano messo gli occhi, rispettivamente, lo sceneggiatore John Shirley (che collaborò alla stesura dello script assieme a David J. Schow immaginando Draven con le sue fattezze) e l’executive Edward Pressman. La differenza per Brandon la fece l’ideatore dell’opera originaria. Quel James O’Barr autore dell’omonimo fumetto da cui è tratto che rimase talmente stregato dalla sua audizione da indicarlo come l’unico e solo Eric.

«Non so se sono destinato a interpretare questo ruolo, ma mi sento fortunato a farlo» disse Brandon Lee quando ottenne la parte di Eric Draven
«Non so se sono destinato a interpretare questo ruolo, ma mi sento fortunato a farlo» (Brandon Lee)

O’Barr, che lavorò all’adattamento come consulente e revisore finale dello script – e che da principio immaginò il suo Il Corvo cinematografico come un musical con Michael Jackson come interprete centrale –, fu come illuminato alla vista di Brandon Lee riconoscendovi un’anima affine. Nel 1978, infatti, la sua fidanzata (una donna di nome Bridget) fu uccisa in un incidente stradale investita da un uomo ubriaco alla guida. Dopo questo evento O’Barr si arruolò nei Marines per tentare di attenuare il dolore. Nel 1981, di stanza in Germania, a Berlino ebbe l’idea de Il Corvo (poi pubblicato nel 1989) come elaborazione del lutto e rappresentazione della tragedia vissuta, unita a un macabro fatto di cronaca. A Detroit, la sua Detroit, una coppia di fidanzati fu rapinata e infine uccisa per un anello del valore di appena venti dollari.

Per la parte di Draven, Brandon Lee fu scelto personalmente da James O'Barr, l'ideatore del fumetto originale
Per la parte di Draven, Brandon Lee fu scelto personalmente da James O’Barr, l’ideatore del fumetto originale

Come un filo conduttore quindi, con la morte che separa ma che in questo caso accomuna e unisce i destini dei protagonisti dentro e fuori lo schermo, sino a portarci a quel nefasto 31 marzo 1993. In quel giorno il piano di lavorazione prevedeva che Brandon Lee girasse una scena in cui sparano a Eric dopo aver assistito al pestaggio e allo stupro della sua fidanzata. A sparargli è Funboy, interpretato da Michael Massee, con un revolver 44 Magnum Smith & Wesson. La scena fu preparata in due parti. In una, girata due settimane prima, viene mostrato il primo piano della pistola che spara.

Brandon Lee in una scena de Il Corvo
Brandon Lee in una scena de Il Corvo

Nel cinema, per chi non lo sapesse, spesso anziché i proiettili a salve si utilizzano delle cartucce fittizie dotate, si, di proiettili, ma prive di polvere da sparo e innesco. Si chiamano proiettili inerti. Vengono utilizzati principalmente nei dettagli in modo che appaiano autentici. Ecco, per ragioni di tempo, anziché comprarle, la troupe de Il Corvo preferì crearle da sé estraendovi polvere da sparo e innesco, tranne una in cui l’innesco non fu rimosso. Quando fu girata la prima parte della scena, alcuni testimoni videro un membro del cast premere il grilletto della pistola mentre questa era carica di quel maledetto proiettile che finì con il rimanere incastrato nella canna. Nella scena in questione era previsto che il revolver sparasse contro Brandon da una distanza di poco più di 3 metri e mezzo.

Un momento de Il Corvo
Un momento del film

I proiettili inerti furono sostituiti con quelli a salve, solo che a farlo non fu lo specialista in armi da fuoco tragicamente congedato anzitempo dalla Dimension Films, ma un assistente di scena del tutto ignaro delle regole per la corretta ispezione delle armi da fuoco. La canna del revolver non fu mai esaminata propriamente. Quando per Massee arrivò il momento di sparare nell’addome di Brandon, la 44 Magnum fece fuoco con la stessa forza di una pistola regolarmente caricata con un colpo vivo. Massee fece fuoco, la scena fu un successo. Il regista Alex Proyas la commentò così in un’intervista rilasciata tempo dopo: «Lo vidi crollare a terra, con un lamento. Il foro del proiettile mi parve perfettamente simulato e il sangue era forse fin troppo abbondante».

«Non voglio essere ricordato unicamente come il figlio di Bruce Lee. Ho fatto i miei film e ne sono felice. Rispetto molto mio padre, ma sono una persona molto diversa da lui» (Brandon Lee)
«Non voglio essere ricordato unicamente come il figlio di Bruce Lee. Ho fatto i miei film e ne sono felice. Rispetto molto mio padre, ma sono una persona molto diversa da lui» (Brandon Lee)

Lì per lì nessuno capì bene quanto fossero gravi le condizioni di Brandon Lee: «Nel complesso la scena era riuscita a meraviglia e dopo aver gridato lo stop dissi che ne avremmo girata un’altra, più che altro per sicurezza. Sul set tutti si mossero per rigirare la scena. Lui rimase disteso al suolo, immobile. Visto che non si muoveva, mi avvicinai a lui e notai che la macchia di sangue continuava ad allargarsi. Mi chinai, toccai con il dito quel liquido. Era tiepido e denso, come sangue vero e sul set cadde un silenzio di morte. La prima persona a capire fu Eliza Hutton, fidanzata di Brandon, che faceva parte del cast come assistente alla produzione. Lanciò un urlo e si precipitò verso di lui mentre io mi rendevo conto che respirava debolmente e che le sue condizioni dovevano essere gravi».

«Sto tornando da te Shelly...»
«Sto tornando da te Shelly…»

Brandon Lee fu trasportato d’urgenza all’ospedale più vicino, il New Hanover Regional Medical Center di Wilmington. Dopo una lunga operazione di rianimazione fu rinvenuto il mortale corpo metallico. Fu tutto inutile. La vicenda fece rumore, non fosse altro perché i suoi eredi – la madre, la sorella e la fidanzata – scelsero di ritirare la denuncia in cambio di un accordo extragiudiziale che valse loro milioni di dollari. Questo impedì a ben sette persone coinvolte direttamente e indirettamente di finire alla sbarra per omicidio colposo. Dopo la sua morte i produttori si trovarono di fronte a un bivio: abbandonare o concludere il film? La Paramount, che inizialmente concepì Il Corvo come un direct-to-video per poi riprogrammarlo per la sala cinematografica, scelse di tirarsi indietro in segno di rispetto.

Nei cinema italiani Il Corvo fu distribuito il 22 settembre 1994
Nei cinema italiani Il Corvo fu distribuito il 22 settembre 1994

E oggi, probabilmente, un film come questo, maledetto, segnato da un evento del genere, resterebbe per davvero in sospensione, in un limbo produttivo (quasi) senza fine. Ma erano gli anni Novanta quelli, gli anni di Harvey Weinstein che con la sua Miramax acquistò Il Corvo investendovi 8 milioni di dollari per portare definitivamente a casa la produzione. Le scene da completare furono riscritte e lo stunt-man di Brandon, Chad Stahelski (futuro regista della saga di John Wick e suo grande amico) prese il suo posto, la CGI fece il resto. La morte di Brandon scosse particolarmente Massee (che cadde in depressione) ma soprattutto O’Barr. In quell’evento funereo rivisse il dolore della perdita di Bridget e con esso il rammarico di aver concepito e realizzato l’opera originaria.

«Non sappiamo quando moriremo. Spesso pensiamo che la vita sia un pozzo inesauribile. Eppure tutto accade solo un certo numero di volte, ed è un numero molto piccolo in verità...» (Brandon Lee)
«Non sappiamo quando moriremo. Spesso pensiamo che la vita sia un pozzo inesauribile. Eppure tutto accade solo un certo numero di volte…» (Brandon Lee)

Manco a dirlo Il Corvo fu un successo stratosferico al box-office con un incasso complessivo di oltre 93 milioni di dollari macchiati tragicamente del sangue di Brandon Lee. Ci piace pensare però che in quegli ultimi momenti in cui lottò con tutte le sue forze tra la vita e la morte sia stato per davvero in pace. Della vita e della morte Brandon diceva come: «Non sappiamo quando moriremo. Spesso pensiamo che la vita sia un pozzo inesauribile. Eppure tutto accade solo un certo numero di volte, ed è un numero molto piccolo in verità. Quante altre volte ricorderai un pomeriggio della tua vita che senti così profondamente parte del tuo essere? Quante altre volte guarderai il sorgere della luna piena? Forse venti. Eppure tutto sembra sempre illimitato».

Difficilmente oggi un film come Il Corvo, con un incidente come quello capitato a Brandon Lee, vedrebbe mai il buio della sala
Difficilmente oggi un film come Il Corvo, dopo l’incidente capitato a Brandon Lee, vedrebbe mai il buio della sala

La vita quindi, il suo scorrere, le occasioni mancate e le piccole cose di cui godere. Ecco, nel momento di andarsene, Brandon Lee sapeva per certo che un’occasione, invece, l’avrebbe colta: avrebbe potuto finalmente rivedere suo padre Bruce dopo vent’anni di silenzio. E quindi il suo insegnamento, il suo percorso, le sue parole. A volte dal dolore di una tragedia può arrivare un cambiamento importante se accolto con la giusta predisposizione d’animo: «È facile rimanere bloccati. Diventiamo pigri e non vogliamo cambiare. Questo non significa che serva sempre una tragedia per muoversi, compiere un’azione o prendere una decisione, ma può sicuramente farti aprire gli occhi e guardare la vita e l’intero mondo in modo diverso». Parole di Brandon Lee, non soltanto il figlio di Bruce…

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Qui sotto potete vedere una featurette a tema Il Corvo 

 

 

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