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Inauguration Day | Da Joe Biden a Steven Spielberg: la politica americana al cinema

Dal giuramento di Biden e Kamala Harris a pellicole come JFK e Lincoln: storia di un lungo legame

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ROMA – Quello che è accaduto lo scorso 6 gennaio a Capitol Hill, quando un gruppo di cittadini americani ha dato l’assalto al palazzo del Congresso americano per protestare contro il risultato delle elezioni americane, ha superato di gran lunga la fantasia degli sceneggiatori di Hollywood. È come se Attacco al potere e La notte del giudizio si fossero uniti per dar vita a un disaster movie dalle sfumature horror. Era la prima volta dalla proclamazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, nel 1776, che un gruppo di cittadini assaliva uno dei simboli della politica americana. Il tutto mentre senatori e deputati erano riuniti per certificare l’elezione del nuovo Presidente Joe Biden che tra qualche ora, in una Washington barricata, presterà giuramento solenne sul lato ovest del Campidoglio durante l’Inauguration Day.

Inauguration Day
Jake Angeli, uno degli assalitori di Capitol Hill, seguace della teoria del complotto QAnon

Un 20 gennaio ben diverso dai precedenti che, dal 1933, vedono il presidente eletto protagonista della cerimonia di inizio mandato presidenziale. Alle 17:30, ora italiana, Joe Biden salirà la scalinata del Campidoglio per giurare davanti al giudice della Corte Suprema John Roberts seguito dalla sua Vice, Kamala Harris, che, dopo essere la prima donna afroamericana a ricoprire questo ruolo, batterà un altro record: sarà la prima donna afroamericana a prestare giuramento davanti a un’altra donna, la giudice della Corte Suprema di origine ispanica Sonia Sotomayor. Assente (in)giustificato Donald Trump che per quell’ora avrà già lasciato la Casa Bianca per volare, ancora in veste di Presidente, verso la sua tenuta in Florida evitandosi così l’imbarazzo di dover lasciare Pennsylvania Avenue come un semplice cittadino.

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Come l’illustratore Zohar Lazar immagina l’insediamento di Biden alla Casa Bianca dopo l’Inauguration Day

Tra le misure anti-Covid e il timore di nuovi scontri e lupi solitari, l’Inauguration Day del 46° Presidente degli Stati Uniti passerà alla Storia come il più blindato, tra servizi segreti, Guardia Nazionale e FBI pronti ad entrare in azione mentre proseguono gli arresti e le incriminazioni degli assalitori di Capitol Hill, che seguono (rispettivamente) quelli dello sciamano Jake Angeli e dell’olimpionico Klete Keller. E se per Obama la folla che si era riversata sul National Mall aveva raggiunto un milione di persone, con Beyoncé chiamata a intonare l’Inno americano (quest’anno tocca a Lady Gaga), contro le sole 300.000 che avevano presenziato all’insediamento di Trump, quest’anno Biden si dovrà accontentare di 1.000 invitati, una distesa di bandierine a ricoprire il viale monumentale che porta al Congresso e un virtual ball condotto da Tom Hanks.

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Il post di Lady Gaga che si esibirà all’Inauguration Day cantando l’inno nazionale

E forse è proprio questo legame tra cinema e star system con le stanza del potere a stelle e strisce che ci fa guardare all’Inauguration Day come a un evento che supera la sua componente politica e si ritaglia un posto nell’immaginari collettivo creando un cortocircuito tra realtà e finzione. Da Obama e il suo mic drop, la cui origine si perde negli anni Ottanta tra comici e battle tra rapper, o il discorso quasi da stand-up comedian sempre alla cena per i corrispondenti della Casa Bianca in cui cita Il Re Leone e si prende gioco di Fox News a Trump star dei reality show con un cameo in Mamma, ho riperso l’aereo, solo per citare i predecessori di Biden, fino ai video a favore di uno o dell’altro candidato che vedono protagonisti i social di attori e cantanti. Un legame suggellato da Hollywood che da sempre ha dedicato alla politica americana un filone cinematografico che di anno in anno ingrossa le sua fila.

Il mic drop di Obama

Sono centinaia i titoli che si sono soffermati su aspetti differenti della «più grande democrazia del mondo» diventano dei classici o raccontando la Storia da una prospettiva differente. Da Tutti gli uomini del Presidente, con cui Alan J. Pakula ricostruisce le indagini dei giornalisti del Washington Post, Bob Woodward (Robert Redford) e Carl Bernstein (Dustin Hoffman), sull’irruzione nella sede del partito democratico facendo scoppiare lo scandalo Watergate che culminerà con l’impeachment di Nixon, alle indagini di Kevin Costner nei panni procuratore distrettuale di New Orleans Jim Garrison in JFK – Un caso ancora aperto grazie a cui Oliver Stone – che firmerà la regia anche di W. e Gli intrighi del potere – Nixon – smonta la tesi secondo cui l’unico responsabile dell’omicidio di John F. Kennedy fu Lee Harvey Oswald.

Robert Redford e Dustin Hoffman sono Bob Woodward e Carl Bernstein In Tutti gli uomini del Presidente

E proprio attorno a JFK si è concentrata una lunga filmografia, fatta di titoli più o meno riusciti, di cui l’ultimo in ordine di tempo è il bellissimo e mai troppo celebrato Jackie di Pablo Larraín in cui Natalie Portman presta il volto all’ex First Lady protagonista, a una settimana dai fatti di Dallas, di un’intervista di Theodore H. White per Life in cui raccontò i suoi anni alla Casa Bianca, svelando una parentesi più intima della coppia presidenziale e di un uomo divenuto simbolo di cambiamento per il Paese. Ma la lista prosegue: da Le Idi di Marzo con cui George Clooney racconta i meccanismi corrotti della politica a Lincoln, ritratto degli ultimi mesi di vita del Presidente firmato da Steven Spielberg che tornerà alla politica con The Post in cui rievoca la lotta per la verità di Katharine Graham e Ben Bradlee, editore e caporedattore del Washington Post, combattuta pubblicando alcuni dei Pentagon Papers, documenti federali che svelavano una realtà diversa rispetto a quella raccontata ai cittadini sul Vietnam e sul ruolo del Governo americano.

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Natalie Portman è Jackie Kennedy in Jackie

E poi, ancora, l’ascesa politica di Dick Cheney rivista da Adam McKay in Vice – L’uomo nell’ombra, le conseguenze sul campo della lunga guerra secondo Kathryn Bigelow in Zero Dark Thirty e The Hurt Locker o Snowden con cui Oliver Stone ha ricostruito le tappe che hanno portato l’ex dipendente della CIA a rilevare informazioni governative sui programmi di intelligence statunitensi. E il piccolo schermo? Non è stato da meno. Da West Wing, pietra miliare della tv creata da Aaron Sorkin, alle macchinazioni del potere raccontate in House of Cards passando per i toni irriverenti di Veep fino alle missioni internazionali di Carrie Mathison in Homeland, la serialità ha saputo fotografare i mutamenti più recenti della politica americana, dalle guerre tecnologiche alle bombe intelligenti, dai droni al terrorismo informatico, passando per voti elettorali influenzati e l’avanzata del Califfato, fake news e dati sensibili rubati.

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Joe Biden, Kamala Harris e i rispettivi coniugi al Covid Memorial la sera precedente l’Inauguration Day

L’Inauguration Day di Joe Biden e Kamala Harris segna un nuovo inizio in un’America più che mai polarizzata e attraversata da aspri scontri e divisioni. Il Presidente e la sua Vice avranno il duro compito di provare a ricucire gli strappi di un tessuto sociale dilaniato da tensioni razziali, Covid, censura e violenza di matrice estremista. Questo mentre il tycoon si lecca le ferite e pensa alla prossima mossa, tra ipotesi di nuovi movimenti politici e piattaforme mediatiche trumpcentriche. Un inizio in salita per Joe Biden, il presidente più anziano della storia presidenziale statunitense, chiamato a trainare l’America verso una nuova era. «So help him God».

  • The Post: Meryl Streep, Tom Hanks e la vera storia che ha ispirato Spielberg
  • Lincoln, l’abolizione della schiavitù e la storia vera dietro il film
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In attesa di Lady Gaga, l’inno nazionale cantato da Beyoncé: 

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