LONDRA – «Mi sono ritrovato nella caverna in cui Melisandre partorisce nella seconda stagione per un tour di beneficenza legato alla serie. È stato così strano ritrovarsi lì in martedì piovoso qualunque (ride, ndr)». Camicia azzurra e un entusiasmo contagioso: Liam Cunningham parla velocissimo con il suo accento di Dublino mentre racconta aneddoti legati al suo Ser Davos e a Il Trono di Spade. Lo abbiamo incontrato a Londra proprio in occasione del press tour dedicato al capitolo finale della serie HBO, ora disponibile in un cofanetto contenente le otto stagioni e contenuti speciali dello show.

LA SERIE «È il sogno di qualsiasi attore poter prendere parte ad un progetto con personaggi così ben scritti in una produzione così eccellente sotto tutti i punti di vista. È così raro dar vita esattamente a quello che avevi in mente. Abbiamo preso tutti parte allo stesso viaggio e in molti, guardano lo show, pensavano che vivessimo in pianta stabile a Belfast. La realtà è un’altra ovviamente: abbiamo fatto avanti e indietro, in alcuni casi siamo stati sul set per un solo giorno per poi tornare, magari, un mese dopo. E anche io, come moltissime altre persone, mi sono goduto la serie sul divano insieme alla mia famiglia. Adoro vedere le loro reazioni e ho la sensazione che Il Trono di Spade è uno di quegli show che non mi sarei mai perso come spettatore. Ho avuto la grande fortuna di farne parte».

LA STAGIONE FINALE «Sono felice che siamo arrivati alla fine della storia. E non perché volevo finisse ma perché ero curioso di sapere cosa ne sarebbe stato dei nostri personaggi. Se mi avessero detto, alla fine della settima stagione, che avevano intenzione di continuare con altri due o tre capitoli, beh sarei stato sospettoso. Abbiamo visto troppe serie tirate per le lunghe. Penso che per fare bene qualcosa, devi essere pronto a fare sacrifici e rinunce».

TYWIN LANNISTER «Il personaggio che ho più detestato? Joffrey Baratheon, senza dubbio. Invece ho una grande ammirazione per Charles Dance e la sua interpretazione di Tywin Lannister. Il primo ricordo che ho del suo personaggio è una sequenza della prima stagione in cui si trova in una tenda con Jaime e spella un cervo mentre recita un monologo di tre pagine sul significato del loro cognome. Una cosa difficilissima che lui ha trasformato in un lavoro meraviglioso».

IL COPIONE «Ogni anno, quando ci veniva dato il copione, era molto raro che contenesse più del 60% della storia. Ma è sempre stata una gioia leggerlo. Mi sono ritrovato più volte in cucina con la sceneggiatura in mano bevendo un caffè mentre dicevo alla mia famiglia: “Non avete idea di quello che c’è scritto!”. E loro in coro mi rispondevano: “Oh per l’amore del cielo, stai zitto!”».
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