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Un Lungo Viaggio Nella Notte | Bi Gan e quel mosaico sul tempo e sull’amore

Intricato, sorprendente, denso: l’opera del regista cinese? Un’esperienza cinematografica incredibile

Un Lungo Viaggio nella Notte, attraverso il film
Huang Jue e Tang Wei in Un Lungo Viaggio nella Notte.

MILANO – A volte basta una poesia, un quadro, un film o una canzone per accendere una scintilla silente, per ribaltare senza permesso le proprie convinzioni e regalare – senza chiedere nulla – la forza di cambiare, la spinta di mettersi in discussione e seguire ciò che realmente si vuole. La scintilla esplosiva di Bi Gan – class 1989, uno dei registi cinesi contemporanei più interessanti e in ascesa – è stata Stalker di Andrej Tarkovskij, che lo ha trasportato in una nuova dimensione cinematografica dove il tempo, la memoria e l’indagine introspettiva dell’essere umano sono i cardini fondamentali. Ed è proprio dopo aver visto quel film che Bi Gan ha deciso di mettersi dietro la macchina da presa e portare quel tipo di cinema in Cina, nella sua piccola realtà povera e rurale. Dopo due cortometraggi e un mediometraggio, nel 2015 debutta così alla regia con Kaili blues, un dramma familiare e misterioso ambientato nella sua città natale, Kaili, una piccola città-contea nel Sud della Cina.

L'occhio di Bi Gan
L’occhio di Bi Gan: Huang Jue in una scena di Un lungo viaggio nella notte.

È però nel 2018 che si fa conoscere con Un lungo viaggio nella notte, presentato a Cannes e distribuito in Europa grazie a StudioCanal e Eagle. Il film – che trovate in streaming in flat su Prime Video – è un mosaico sulla ricerca di un amore perduto, una riflessione sul sogno e sulla realtà, un’esperienza che rompe lo schermo per superare i limiti del cinema e di una narrazione logica e coesa che vi raccontiamo in questa nuova puntata di Orient Express, la nostra rubrica sul cinema asiatico (qui trovate le altre puntate). Luo Hongwu (Huang Jue) sogna sempre la stessa donna. Ogni volta che sta per dimenticarla torna a sognarla, anche se conosce il suo nome, la sua età e il suo passato. Di lei possiede solo un libro dalla copertina verde, un libro su una storia d’amore e alcuni momenti che però nella sua mente sono sbiaditi. Quando Lou deve tornare nella sua città natale Kaili per la morte del padre, si mette alla ricerca della donna, affrontando un passato torbido e oscuro, un amore perduto e un’amicizia che lo ha reso la persona che non voleva essere.

Huang Jue e Tang Wei ne Un lungo viaggio nella notte
Huang Jue e Tang Wei, la coppia de Un lungo viaggio nella notte

A Kaili, grazie ad una vecchia foto, un orologio fermo e una donna in carcere, riesce a scoprire qualcosa del suo passato, a fare ordine nei suoi ricordi confusi mentre continua a sognare la ragazza e cercarla dentro i suoi sogni. Arriva fino a Dangmai, l’ultimo luogo in cui l’hanno vista, una città diroccata e distrutta dove ogni sera si tiene un karaoke e quello che sta per iniziare sarà l’ultimo, l’ultima possibilità di trovarla e Lou si siede in un cinema, indossa gli occhiali 3D e inizia a cercarla, mentre il film dopo un’ora fa scorrere i titoli di testa e inizia l’ultima sequenza in piano sequenza in tre dimensioni, lunga più di sessanta minuti, dove la camera non sbatte più gli occhi e segue assiduamente il lungo viaggio nella notte di un uomo alla ricerca di risposte, di un affetto perduto, nella speranza di tornare a galla e riaprire gli occhi.

Huang Jue e Tang Wei ne Un lungo viaggio nella notte
Lo spazio scenico di un’opera incredibile

Un lungo viaggio nella notte è un film che amalgama perfettamente la narrazione interiore a quella visiva. Il centro su cui ruota tutto è la memoria, il valore dei ricordi, il potere del sogno e Bi Gan costruisce intorno a questo un’esperienza unica e mai vista. Il film è diviso in due blocchi distinti, la prima parte è quella più lineare, dove la trama si aggrappa ancora alla logica e alla coerenza, mentre la seconda parte è una delle sequenze più incredibili del cinema moderno, un unico lunghissimo take che mostra il viaggio di Lou in un sogno ermetico, difficile da ricostruire e comprendere; girato in 3D e senza nessun taglio per avvicinarsi sempre di più alla realtà, ma per Bi Gan tutto è vano perché il cinema non è altro che finzione, solo i ricordi e la memoria hanno la possibilità di essere veri.

Una scena de Un Lungo Viaggio nella Notte
Il verde e il bacio: un altro momento de Un Lungo Viaggio nella Notte

Ed è su questo che il film si interroga, fa sedere il protagonista dentro un cinema e lo invita insieme allo spettatore a lasciarsi trasportare dentro un’esperienza totale che mette in discussione il valore del cinema, che si immerge in luoghi irraggiungibili per porre l’attenzione sull’importanza dei ricordi, dei legami e all’inesorabile ricerca di una verità che non sembra arrivare. Lou torna indietro, torna a chi era stato per capire chi è diventato, scava nella memoria e nei ricordi a prescindere che siano autentici o meno perché è l’unica cosa che lo rende diverso da tutti gli altri, l’ultimo appiglio verso un’umanità fragile ma ancora tangibile. La frase chiave di Un lungo viaggio nella notte è proprio questa: «I ricordi possono essere veri o falsi, ma il cinema è sempre falso». Bi Gan la assorbe, la gira e la ribalta in un film che riesce ad oltrepassare i confini dello schermo, a fare una riflessione densa che supera gli schemi della narrazione per essere qualcosa di unico e che resta dentro solo a chi decide di affrontare un lungo viaggio nella notte…

 

 

 

 

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