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Sabina Guzzanti: «Il mio libro, il futuro e le mie passioni, tra Terry Gilliam e Avatar…»

Da 2119 a I cammelli: l’attrice racconta il suo primo romanzo, i film preferiti e quelli girati

Da 2119 a Avatar? Sabina Guzzanti riflette sul suo libro.

MILANO – Un libro che sembra quasi un film, un mondo distopico in equilibrio tra Hunger Games e Orwell, tra le visioni di Terry Gilliam e quelle di Margaret Atwood: «Ma io però sono un amante di Avatar, si può dire?», ride Sabina Guzzanti durante la nostra telefonata. L’argomento centrale della conversazione è, ovviamente, il suo libro, 2119 – La disfatta dei Sapiens (edito da HarperCollins), bel romanzo d’esordio ambientato in un futuro da incubo, il risultato di una serie di catastro­fi ambientali, pandemie e sconvolgimenti in cui la speranza ha un nome, Tess, bistrattata giornalista di Holly, unico organo di infor­mazione concepito e scritto da esseri umani e non da robot. «Ho cominciato a scriverlo prima dell’arrivo del Coronavirus e, lo confesso, quando è scoppiata la pandemia ho avuto un brivido…».

La copertina di 2119 – La disfatta dei Sapiens

Leggendo il libro è molto facile trasformarlo in immagini. Hai avuto influenze dirette da qualche film o serie?
«Guardo poche serie, ma molti film, molto più di quanto legga libri, ma non sono in grado di dire da dove vengano le immagini che racconto e che ho creato. Non credo ci sia una relazione diretta, è una rielaborazione di tutto ciò che vedo e ho visto. Pubblicità comprese. Tutto questo poi assume un altro significato e si trasforma in qualcosa di differente. Nel caso di 2119 c’è stata una parte di scaletta e di ragionamento, ma poi è scattato qualcosa e mi sono affidata al mio personaggio. E dopo un po’ il libro ha cominciato a costruirsi anche da solo…».

Facciamo un gioco: se 2119 fosse un film?
«In molti ci hanno visto dentro Brazil di Terry Gilliam, che rimane un mio film del cuore, assieme anche a I banditi del tempo, io però metterei in mano la sceneggiatura di 2119 a un regista come James Cameron: sono una grande amante di Avatar, lo confesso. Si può dire? (ride, nda). E per interpretare la mia protagonista, Tess, prenderei Kate Winslet, oppure qualcuno di più giovane come Elizabeth Moss, anche se non vorrei un’attrice bianca. Insomma, ci sarebbe un bel casting da fare, ma forse più che un film 2119 sarebbe una serie».

James Cameron sul set di Avatar con Sam Worthington.

Ma tu che tipo di spettatrice sei?
«Ho un metro di giudizio personale per capire se amo davvero un film oppure no: la voglia di rivederlo. A parte casi particolari, vedi Garage Olimpo di Marco Bechis che ho amato molto ma non rivedo mai perché proprio non ce la faccio, i titoli che amo li rivedo spesso. Un esempio? Va’ e uccidi di John Frankenheimer con Frank Sinatra, ovvero il The Manchurian Candidate originale, non la versione orribile girata qualche anno fa con Meryl Streep. Un altro bellissimo film a cui ritorno spesso è Lasciami entrare, anche qui l’originale svedese, non il remake americano. Ecco, questa è un tipo di pellicola che mi affascina molto, perché è una commistione tra un film sui vampiri e cinema d’autore, con la parte metaforica fortissima, che non rovina la godibilità della visione».

Ami il cinema d’autore?
«Dipende. Amo e ho amato Tarkovskij ma ammetto di non avere alcuna forma di tolleranza per i film volutamente lentissimi, quelli che ti sfiancano durante la visione. Un film secondo me dev’essere godibile, deve ambire a rendere lo spettatore felice. Con questo non significa ovviamente leggero, può essere potente, ma deve tenerti attaccato alla visione. Comunque amo anche i film di fantascienza e i vecchi film della Hollywood anni Quaranta e Cinquanta».

Frank Sinatra in una scena di Va’ e uccidi.

Torniamo a 2119: il futuro che racconti è da incubo. Ottimista o pessimista?
«Credo che entrare nel merito dei problemi e cercare di capirli sia già una forma di ottimismo, perché significa volerli affrontare. L’ottimismo che dice che va tutto bene è solo superficialità. Il pessimismo spinge al nichilismo, all’immobilità, ma non possiamo rimuovere questioni come il riscaldamento globale che a noi magari non toccherà, ma che ai bambini di oggi porterà in dote un incubo».

Sei abituata a tv, cinema, teatro: com’è stata la vita da scrittrice?
«Il lavoro di ricerca è stato molto lungo, ci ho lavorato a intervalli di tempo, ho mollato e poi ripreso il libro mentre facevo altre cose, poi finalmente mi sono seduta a scriverlo a gennaio 2020, poco prima della pandemia. Avevo appena disegnato questo mondo sconvolto da cambiamenti climatici e pandemie ed è stato un po’ inquietante. Lo stile di vita cambiato durante i mesi di lockdown è però stato fruttuoso: credo che nell’annoso dibattito su come siamo cambiati possa renderci migliori. Per me è stato un momento di grandissima evoluzione, di ragionamento, anche di riflessione sulle relazioni umane».

I cammelli
Diego Abatantuono, Giulia Boschi, Sabina Guzzanti e Paolo Rossi ne I cammelli.

Facciamo un passo indietro, alla tua carriera d’attrice: cosa ricordi di quel piccolo cult che fu I cammelli di Giuseppe Bertolucci, girato nel 1988?
«Ho un bel ricordo di Giuseppe, una persona molto colta, sensibile, paziente, che si divertiva sul set e scherzava sempre sulla figura ingombrante del fratello Bernardo. Non era uno di quei registi tesi o nervosi una volta in scena, anzi, era tranquillissimo. Difendeva sempre il lavoro degli attori, faceva scudo cercando di dare serenità a chi girava. All’epoca le troupe di un film erano ancora composte da artisti, persone che non erano solo professionisti ma anche persone irregolari, piene di genio, piene di proposte».

Lui ti diresse poi anche in Troppo sole, altro film scomparso, come I cammelli…
«Sì, un film in cui interpretavo tredici personaggi differenti, film completamente sparito nel nulla, oggi è praticamente impossibile da trovare e vedere su qualsiasi piattaforma. Anche Viva Zapatero! credo sia sparito, non si trova da nessuna parte in streaming, e stessa fine ha fatto anche Le ragioni dell’aragosta. Non sono molto fortunata (ride, nda). Devo controllare se da qualche parte ci sono gli altri due documentari che ho girato La trattativa (sì, è su CHILI qui, nda) e Draquila – L’Italia che trema (anche su CHILI qui, nda)».

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