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Tra Wildlife e lo stato delle cose | Se l’America viene raccontata da Richard Ford

Il realismo, la narrazione, l’importanza delle parole. E poi? Un capolavoro di Paul Dano

ROMA – In un’intervista, qualche anno fa, disse che la sua carriera da romanziere e storyteller era un tributo ai genitori che, per farlo crescere nel modo più agiato possibile, lavorarono come schiavi. Proprio per questo Richard Ford non ha mai dimenticato le sue radici di figlio (unico) della Southeastern working class, tratteggiando nei suoi libri da premio Pulitzer (nel 1995, per Independence Day) spaccati di vita e di tempo della classe media. Nato a Jackson, nel Mississipi, Ford, con un cognome che più americano non si può, non era uno studioso modello, anzi. Ma gli piaceva scrivere. E lo faceva talmente bene che, dopo aver svolto ogni tipo di lavoro (tra cui il giornalista sportivo, tema a lui caro, che riverserà in Sportswriter), alla fine degli anni Ottanta, divenne uno dei massimi esponenti del Dirty Realism, insieme a Raymond Carver e Tobias Wolff.

Richard Ford. Foto Credit: Greta Rybus/Courtesy of Harper Collins.

Un’epica della classe media, qualcuno ha scritto, edificata da Ford nella trilogia di Frank Bascombie – iniziata con The Sportswriter, proseguita con Il Giorno dell’Indipendenza e conclusa, nel 2006, con Lo Stato delle Cose – in cui spaccati di vita e di America confluivano in un’insieme di parole asciutte e immagini forti. E, al contrario di molti autori, nei suoi racconti sempre al centro ecco la rottura – drammatizzata – delle istituzioni culturali, del senso di comunità, del valore famigliare. Nei suoi libri, Ford ha fin dall’inizio costruito l’immaginario sociale moderno: incomunicabilità, disagio, la precarietà dei sentimenti. L’illusione del cambiamento e dell’attesa perenne, ritrovate leggendo Il Giorno dell’Indipendenza, sono fulminanti oggi, nell’era dell’instabilità.

Così come il concetto rielaborato di famiglia e unione. Figlio unico di spirito e di fatto, nei libri di Ford è predominante questa figura mediana. Conflittuale, tormentata, insicura. Arriva in Tra Loro – libro autobiografico del 2017, e ancora prima, con Incendi (Wildlife, titolo originale, da cui il capolavoro di Paul Dano), in cui raccontava la storia di Joe e di quell’estate in cui il suo mondo cambiò del tutto. Colpa dell’incendio che imperversava sulle alture vicino Great Falls, Montana; colpa di suo padre, licenziato e depresso, partito volontario per spegnere le fiamme. Colpa di sua madre, rimasta sola con lui nella piccola casa fatta di legno di betulla, finita nelle grinfie del vecchio Warren Miller.

La famiglia di Wildlife.

Wildlife, racconto dolente di crescita, accettazione e impotenza davanti agli impulsi inaspettati della vita, è stato portato magnificamente al cinema da Dano nel 2018 (inedito in Italia ma che trovate in streaming su CHILI qui), interpretato dalla coppia Jake Gyllenhaal e Carey Mulligan e dalla rivelazione Ed Oxenbould in un capolavoro poco citato eppure una delle cose più belle viste negli ultimi dieci anni. In fatto di sceneggiature Ford non è nuovo però, avendo firmato nel 1990 quella del film on-the-road Gli Angeli Volano Basso (Bright Angel), con Sam Shepard e Burton Young. Eppure, è strano che Wildlife sia, fin ora, l’unico romanzo di Ford arrivato sul grande schermo, nonostante le sue storie sia in grado di analizzare e declinare l’illusione americana. Proprio come gli effimeri fuochi d’artificio del 4 Luglio.

Wildlife e la corsa alla felicità di Carey Mulligan e Jake Gyllenhaal

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