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Jake Gyllenhaal, gli incendi e del perché dovreste recuperare Wildlife

Un uomo, una donna, un ragazzo. E un incendio. Recuperate e amate l’esordio di Paul Dano

Carey Mulligan, Ed Oxenbould e Jake Gyllenhaal in Wildlife.

ROMA – Joe ha quasi quindici anni, si è trasferito da poco a Great Falls, nel Montana, assieme al padre Jerry e alla madre Janette. Siamo negli Anni Sessanta, tra l’America e il Canada e sembra ci siano tante opportunità. Il boom petrolifero è appena scoppiato, lì è pieno di pozzi. E poi Jerry è bravo nel suo lavoro, al campo da golf. Così come Janette ad occuparsi delle faccende di casa. Però, si sa, la felicità non esiste. O, per meglio dire, esistono sfumature, abbagli, percezioni di felicità. Motore incondizionato capace di far compiere, a chi la ricerca, le scelte più oscure, cambiando il moto dell’esistenza. Così, quando Jerry (Jake Gyllenhaal) perde il lavoro, decide di dare una mano sulle montagne vicine, a spegnere un incendio che pare immortale. E Janette (Carey Mulligan), rimasta sola con Joe (il sorprendente Ed Oxenbould, colpo di fulmine), a quella felicità non vuole rinunciare, costi quel che costi.

La famiglia di Wildlife.

No, non è un libro facile, Wildlife (Incendi, in Italia edito da Feltrinelli), scritto da Richard Ford quasi trent’anni fa, né è un esordio semplice quello di Paul Dano, che proprio dallo scrittore americano ha tratto il primo film da regista (scritto insieme alla compagna di sempre, Zoe Kazan), applaudito dal Sundance fino a Cannes, poi Toronto e, ultimo, Torino. Folgorante l’opera di Dano – potete vederlo in streaming su Prime Video, Apple Tv e CHILI, non è mai andato in sala e non esiste nemmeno il DVD (incredibile!) – come è folgorante la prima neve di fine ottobre, quando la sera arriva presto, e non c’è più tempo per giocare a football in giardino. Così, Joe – che nel romanzo è il narratore – avvolto da una tempesta di cambiamenti, diventa spettatore impotente del suo nucleo famigliare andato in cenere. Bruciato da una felicità impossibile.

Jake Gyllenhaal e Carey Mulligan in una scena.

Del resto, i genitori di Joe – ad interpretarli due eccezionali Gyllenhaal e Mulligan –, in poche pagine, così come in poco meno di due ore, crollano sotto l’incertezza di vivere incapace di tirare il freno quando si dovrebbe, in un gioco allo sbaglio in cui nessuno riesce più a tirarsi indietro. Sbagli e abbagli, che portano all’odio, al dolore, alla superficialità, alla negazione della spensieratezza che ogni quattordicenne dovrebbe avere. Bravo Dano, bravissimo a dire tutto senza dare giudizi su una costruzione cinematografica giocata sulle smorfie e sui sorrisi di imbarazzo e di disagio, sul grigio delle casette basse della provincia americana e sul color pastello delle Cadillac.

wildlife
Ed Oxenbould è Joe.

Come fosse un acquarello di Edward Hopper, come fosse un amore finito cantato da Roy Orbison. Umani e fragili, certo, ma difficilmente comprensibili e condivisibili: Janette, col nome che ”sembra quello di una cameriera” e col vizio di una stupida ambizione, e Jerry, esempio della middle-class disillusa ma nobile. Un uomo e una donna, un confronto tra epoche: l’arrivismo consapevole e annoiato, il realismo di un’America dal sapore monotono ma rassicurante, che sa di birra fresca, magliette bianche, la partita alla radio. E, in mezzo a loro, il sacrificio del proprio sangue, a tenersi stretto al cuscino, notte dopo notte, sperando sia solo un brutto sogno. Trovando la mattina dopo nient’altro che un vuoto incolmabile, peggio di qualsiasi incubo, di qualsiasi bacio rubato. Di qualsiasi indomabile incendio. Cercatelo, recuperatelo, amatelo: è un peccato non conoscerlo.

  • Paul Dano: «Wildlife, il cinema di Kurosawa e il mio debutto»

Qui il trailer originale di Wildlife:

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