ROMA – Per amore di Wildlife, il film con cui ha debuttato alla regia e che, dopo essere passato al Sundance, a Cannes, e a Torino (e in sala grazie a Hot Corn) ora è su CHILI in streaming, Paul Dano ha superato anche la sua timidezza: «Sì, è così, perché voglio che più gente possibile lo veda, non desidero altro». Detto fatto: durante il suo soggiorno a Cannes nel 2019 non si è risparmiato nulla, affiancato dalla fidanzata nonché co-sceneggiatrice della pellicola, Zoe Kazan (conosciuta sul set di Ruby Sparks, nda). Un’intesa perfetta trasposta in ogni fotogramma del film, tratto dal romanzo Incendi di Richard Ford (in Italia edito da Feltrinelli), autore che ha dato la sua benedizione al progetto come ha spiegato lo stesso Dano a Hot Corn.
LA GENESI – «Questo è un debutto totale, anche da sceneggiatore. Mi sentivo fomentato quando ho portato la bozza a Zoe, convinto fosse un capolavoro. Lei lo ha letto e, subito dopo, ha distrutto in un colpo solo la mia sicurezza. Anche se con tatto: “Paul, sei un artista brillante e si vede che hai fatto del tuo meglio. Ho capito cosa volevi dire”. Poi è arrivato il classico “ma” e da lì è partita una conversazione durata due ore. E abbiamo dissezionato e ricostruito Wildlife…».
IL LIBRO – «Mi sono preso delle libertà con il copione. Richard Ford mi ha dato la sua benedizione dicendomi: “Il libro è mio, ma il film è tutto tuo”. Allora ho deciso di cambiare il finale e ci ho messo pezzi di me stesso. Volevo che trasparisse quell’energia che ha trasmesso a me il romanzo fin dall’inizio. Già dal primo paragrafo, scritto in maniera semplice eppure dannatamente complessa, ne sono rimasto stregato: racconta un classico, come la famiglia e il sogno americano, eppure io ho sentito che aveva tanto ancora da dire».
LE ISPIRAZIONI – «I miei riferimenti? Da bambino e da ragazzo divoravo molti film. Qualche esempio? Un posto speciale nel cuore continuano ad occuparlo La Sirenetta, La Vita è un Sogno e Scemo più Scemo, ma se oggi mi chiedessi con quale regista – del presente o del passato – vorrei farmi una chiacchierata a cena, allora avrei l’imbarazzo della scelta perché sono stato influenzato da un gruppo variegato di filmmaker, tutti di provenienza geografica diversa, da Akira Kurosawa a Luc Besson…».
LA REALTÀ – «Quando ho messo in piedi Wildlife avevo una visione piuttosto naïve delle cose, pensavo che bastasse desiderarlo per realizzarlo. No. Ho imparato la difficile arte del compromesso e ho capito quanto sia difficile vendere un dramma familiare. Ma non ho mollato, convinto che una voce personale riesca sempre a toccare i cuori di tante persone. Mai provata una simile fatica, lo ammetto, ma ne è valsa la pena. Ho voglia di rifarlo, anche se non so ancora con quale copione».
NETFLIX – «Non me ne frega niente della controversia che contrappone i film su grande schermo e quelli sui diversi device. Ovviamente adoro vedere una pellicola in una sala, ma comunque venga fruito a me sta bene. Con Okja abbiamo avuto una libertà enorme e allora dico: ogni volta che lo spirito creativo viene supportato e amplificato per me si tratta di qualcosa di cui voglio fare parte. Ho appena girato un’altra serie tv (Escape at Dannemora, nda) e non credo che la validità di un’opera sia legata al suo mezzo di fruizione».
LA FILOSOFIA DI VITA – «Dunque, su questo seguo un principio molto semplice: non fermarsi mai ed essere sempre alla ricerca di qualcosa. Tutto qui. Questa mia immensa curiosità ha travalicato i confini della recitazione, che a dire il vero spesso può essere un lavoro fin troppo solitario. La regia è invece un processo più dinamico e collaborativo, che si basa sulla cura maniacale dei dettagli…».
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