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Pane e Libertà | Favino, Giuseppe Di Vittorio e la storia vera di un uomo perbene

Integro e senza paura, ecco chi era il padre del sindacato italiano che seppe dire no all’U.R.S.S.

Pane e Libertà
Pane e Libertà

ROMA – Orgoglioso delle sue radici contadine. Un’eredità forte che Giuseppe Di Vittorio ha portato sempre con sé nei suoi anni nel sindacato, che ha contribuito a formare e a far crescere. Proprio come le generazioni di lavoratori che in lui si riconoscevano totalmente. Non è un caso che si intitoli Pane e libertà il film che Alberto Negrin ha dedicato a uno dei padri del sindacalismo italiano. Pane come nutrimento, rispetto dei bisogni elementari di un essere umano. Libertà come l’esigenza di vivere senza alcun tipo di condizionamento. Giuseppe Di Vittorio, interpretato da Pierfrancesco Favino, conobbe da vicino l’orrore della dittatura e quando il 9 giugno del 1944, dopo anni di clandestinità, ricostituì il sindacato assieme ad Achille Grandi della Democrazia Cristiana ed Emilio Canevari del Partito Socialista, ebbe la sua rivincita sul fascismo.

Pane e libertà
Il ritratto di Giuseppe Di Vittorio mostrato da un gruppo di manifestanti

Il Patto di Roma fu uno dei momenti chiave della storia italiana, il segno più evidente che le forze democratiche stavano riorganizzandosi dopo la caduta del regime di Mussolini, prima della faticosa rinascita del ’45. La CGIL unitaria – vi rimase fino al ’48  – radunò sotto la stessa bandiera della difesa dei diritti dei lavoratori, comunisti, socialisti e cattolici. Anime diversissime tra loro, eppure complici. Ma chi era Giuseppe Di Vittorio e perché la sua figura è ancora oggi importante?

Giuseppe Di Vittorio assieme a Vittorio Foa

Giuseppe Di Vittorio nacque a Cerignola in una famiglia contadina nell’agosto del 1892. I suoi erano braccianti e alla morte del padre, ad appena 7 anni Giuseppe fu costretto a lavorare nei campi. Un’infanzia tutt’altro che facile, la sua, segnata dalle privazioni e dalla povertà. Quel ragazzino, però, non si arrese alle difficoltà. Imparò a leggere e scrivere, appuntando su un quaderno tutte le parole che non conosceva, nell’attesa di poter comprare un dizionario.

Pane e libertà
Pierfrancesco Favino è Giuseppe Di Vittorio

Roba d’altri tempi, è vero, ma questo la dice lunga sulla tempra e sulla generosità dell’uomo. Nel 1912, a 20 anni, fu eletto nel comitato centrale dell’Unione Sindacale Italiana. Interventista, combatté al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, al termine della quale, dopo aver rischiato la vita, tornò al lavoro di segretario della Camera del lavoro di Cerignola. Nel 1921 entrò in Parlamento tra le file dei socialisti di Bruno Buozzi. Fu il primo bracciante ad essere eletto nella storia italiana. Nel 1924, dopo la scissione di Livorno, Di Vittorio passò al Partito Comunista dove rimase tutta la vita.

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Una scena di Pane e libertà

Condannato dal tribunale speciale fascista a 12 anni di carcere Di Vittorio si rifugiò in Francia e poi in Unione Sovietica. Fermo sostenitore dell’unità della sinistra, organizzò la guerriglia della popolazione locale durante la guerra d’Etiopia e partecipò alla guerra civile spagnola. Nel ’41 fu arrestato a Parigi dai tedeschi e successivamente condannato dai fascisti al confino sull’isola di Ventotene. Liberato nel ’43 iniziò nella Capitale l’opera di ricostituzione del sindacato, culminata nel Patto di Roma, e nel contempo si unì alla Resistenza nelle Brigate Garibaldi. Nel 1945 l’elezione a segretario della CGIL, un anno dopo quella a deputato del PCI all’Assemblea Costituente.

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Giuseppe Di Vittorio e Palmiro Togliatti

Conquistata fama anche a livello internazionale, Giuseppe Di Vittorio ebbe il coraggio di attaccare l’Unione Sovietica per l’invasione dell’Ungheria nel 1956, attirando l’ostilità del segretario del PCI Palmiro Togliatti, con il quale ebbe già dissapori negli anni ’30. Di Vittorio espresse la solidarietà della CGIL al popolo ungherese, condannando i metodi antidemocratici dell’U.R.S.S. e indicendo due ore di sciopero nazionale per solidarietà ai caduti.”Vittima” di un processo interno al PCI, ammorbidì il suo pensiero in nome dell’unità del partito. Morì nel 1957 a Lecco durante un incontro sindacale.

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Un momento dal backstage di Pane e libertà

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