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L’Opinione: Homecoming, Julia Roberts e quella perfetta aderenza al reale

Dopo Mr. Robot, Sam Esmail centra ancora l’obiettivo con la nuova serie di Amazon Prime

Un cielo stellato e una palma rigogliosa che lentamente si posiziona al centro dello schermo. Il cuore di Homecoming, la nuova serie Amazon Prime creata e diretta da Sam Esmail, è tutto qui, nella sua prima inquadratura. Perché man mano che la macchina da presa indietreggia e un pesce rosso nuota indisturbato davanti l’obiettivo, capiamo come quello che stiamo vedendo non è un paesaggio notturno ma l’interno di un acquario. Una storia di apparenze, dunque, dove la verità è manipolata e nascosta così bene da sembrare reale.

Julia Roberts, Stephan James e l’acquario che apre la serie.

Un acquario, dicevamo, situato nell’ufficio di Heidi Bergman (Julia Roberts), assistente sociale di una struttura governativa segreta, la Geist Group, che aiuta i militari – o almeno questo è quello che dichiara – a tornare alla vita civile. Tra i suoi pazienti un giovane veterano, Walter Cruz (Stephan James che presto vedremo in If Beale Street Could Talk), reduce dalla guerra e desideroso di elaborare e liberarsi da quell’esperienza traumatica.

Sam Esmail e Julia Roberts sul set di Homecoming.

Ma Homecoming, basata sul podcast di Eli Horowitz e Micah Bloomberg – qui in veste di sceneggiatori -, non è solo una riflessione sulle conseguenze fisiche e psicologiche, gli effetti collaterali con i quali i soldati devono confrontarsi di ritorno dal fronte. E, se si ha familiarità con l’altra creatura di Sam Esmail, Mr. Robot, non poteva essere altrimenti. Dieci episodi che mescolano dramma, thriller e noir alternando due piani temporali: il presente, ambientato ai giorni nostri, e il futuro del 2022.

L’Heidi del futuro, cameriera in un diner.

L’Heidi di oggi e di domani, una professionista certa dell’utilità del suo lavoro e una cameriera infelice che non riesce a ricordare una parte del suo passato. Due donne differenti interpretate da una perfetta Julia Roberts, al suo debutto in una serie tv, capace di mettere in scena ambizioni, tensioni, tenerezza, smarrimento e determinazione del suo (duplice) personaggio. Perché Homecoming, che del podcast mantiene la verbosità – mai pesante -, trova nella messa in scena del doppio la sua ragion d’essere.

Sam Esmail controlla al monitor una scena con Julia Roberts.

Dal formato in 16:9 per il presente allo schermo verticale del 4:3 per il futuro, dall’impianto narrativo basato sulle conversazioni, dirette e telefoniche, alla natura della sua protagonista fino a quell’apparenza placida e sicura dell’Homecoming Transitional Support Center che nasconde un volto e uno scopo ben diverso. La stessa regia di Sam Esmail sottolinea l’inquietudine latente che attraversa tutti e dieci gli episodi, usando la macchina da presa e gli spazi come estensione delle emozioni dei personaggi. Riprese sinuose, geometriche, eleganti eppure tese, nervose.

Julia Roberts in una scena della serie.

A completare quest’orchestrazione perfetta di elementi, la colonna sonora di Homecoming. Un’insieme di score di altri film – da Brivido Caldo a Tutti gli uomini del presidente, da Il braccio violento della legge a Capricon One – che si sposa con millimetrica adesione alle varie sequenze della serie conferendole una sfumatura di sospensione che gioca con le atmosfere hitchcockiane ed i film di genere degli Anni Settanta e Ottanta ma perfettamente allineata al nostro presente, corrotto e fondato sulla distorsione della realtà.

Qui potete vedere il trailer ufficiale di Homecoming:

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