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L’opinione: Perché Sharp Objects è già una delle serie dell’anno

Jean-Marc Vallée, Amy Adams e quel romanzo di Gillian Flynn adattato per il piccolo schermo

L’arte giapponese del kintsugi consiste nel riparare un oggetto rotto riunendone i frammenti attraverso l’oro o l’argento liquido. Cicatrici valorizzate, ferite esaltate che ne impreziosiscono il valore. La locandina di Sharp Objects, miniserie HBO disponibile su CHILI, mostra i volti delle tre protagoniste segnati da sottilissime spaccature. Bambole di porcellana difettose che dietro quei lineamenti all’apparenza perfetti nascondono segreti e dolori e che, a differenza dell’antica pratica nipponica, rimangono nell’ombra, soffocati, mortificati.

Amy Adams, Eliza Scanlen e Patricia Clarkson.

Adattamento del romanzo Sulla Pelle di Gillian Flynn – già autrice di Gone Girl portato sul grande schermo da David Fincher -, Sharp Objects si snoda attraverso otto episodi creati da Marti Noxon, prodotti dalla Blumhouse Productions (la stessa di Get Out) e diretti da Jean-Marc Vallée. Il regista franco-canadese reduce dal successo di un’altra miniserie, Big Little Lies, con la quale ha ridefinito il racconto del femminile sul piccolo schermo.

Amy Adams è Camille Preaker in una scena di Sharp Objects.

Ma di cosa parla Sharp Objects? Apparentemente del doppio caso di omicidio di due adolescenti avvenuto a Wind Gap, un puntino sperduto sulla mappa del Missouri, dove tutti conoscono tutti, la popolazione si divide tra (pochi) ricchi e chi lavora per loro e dove l’assassino “sarà stato qualcuno di passaggio”. Ma lo show, letteralmente fotogramma dopo fotogramma, svela le sue carte e il suo reale interesse che risiede non tanto nell’indagine investigativo/giornalistica quanto nello sciogliere i nodi del passato ingombrante e irrisolto della sua protagonista, Camille Preaker, interpretata da una straordinaria Amy Adams.

Wind Gap, Missouri, in una scena della serie.

Una giornalista di St. Louis, nata e fuggita da Wind Gap dove ritorna, costretta dal suo (paterno) capo, per raccontare, un po’ come Truman Capote in A Sangue Freddo, la reazione della cittadina alla sparizione e uccisione di due sue giovani abitanti. A bordo della sua Volvo impolverata, accompagnata da una bottiglietta di Evian riempita di vodka e un i-Pod dallo schermo rotto, ritrova una madre glaciale e i fantasmi (ir)reali di un passato che ha impresso indelebilmente sulla sua pelle.

La casa delle bambole vittoriana di Amma e uno dei tanti messaggi nascosti.

Non è certo un caso che sia il corpo – abusato, debilitato, offeso, purificato, eccitato – al centro del racconto. Uno dei temi ricorrenti nella filmografia di Jean-Marc Vallée (da Dallas Buyers Club a Big Little Lies passando per Wild e Demolition) che insieme al montaggio, frammentato e rilevatore, e all’uso della musica diegetica – Led Zeppelin, Sylvan Esso, Leon Bridges, Carl Perkins, Willie Dixon – ritornano anche in Sharp Objects. E le tre protagoniste, Camille, sua madre Adora e la sorellastra Amma, sono tre melodie, differenti e in contrasto, che (ri)suonano in una storia di ombre dove la verità è immersa nel buio.

Camille e uno degli “oggetti affilati” a cui fa rifermento il titolo della miniserie.

Il racconto di un femminile dove le donne sono vittime e carnefici e gli indizi per decifrarle sono nascosti, in bella vista, sotto i nostri occhi, in una parola incisa con un oggetto affilato o tra le note di una canzone. Un’opera ipnotica, tesa e avvolgente come il caldo che attanaglia l’estate di Wind Gap e detta il ritmo del racconto, dilatato e languido, tra il ronzio di un vecchio ventilatore e i cubetti di ghiaccio nel whiskey mentre da un jukebox risuona Ring o Fire. «I fell into a burning ring of fire. I went down, down, down, and the flames went higher, and it burns, burns, burn,the ring of fire».

 

  • Qui sotto, potete vedere il trailer di Sharp Objects

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