L’arte giapponese del kintsugi consiste nel riparare un oggetto rotto riunendone i frammenti attraverso l’oro o l’argento liquido. Cicatrici valorizzate, ferite esaltate che ne impreziosiscono il valore. La locandina di Sharp Objects, miniserie HBO disponibile su CHILI, mostra i volti delle tre protagoniste segnati da sottilissime spaccature. Bambole di porcellana difettose che dietro quei lineamenti all’apparenza perfetti nascondono segreti e dolori e che, a differenza dell’antica pratica nipponica, rimangono nell’ombra, soffocati, mortificati.
Adattamento del romanzo Sulla Pelle di Gillian Flynn – già autrice di Gone Girl portato sul grande schermo da David Fincher -, Sharp Objects si snoda attraverso otto episodi creati da Marti Noxon, prodotti dalla Blumhouse Productions (la stessa di Get Out) e diretti da Jean-Marc Vallée. Il regista franco-canadese reduce dal successo di un’altra miniserie, Big Little Lies, con la quale ha ridefinito il racconto del femminile sul piccolo schermo.
Ma di cosa parla Sharp Objects? Apparentemente del doppio caso di omicidio di due adolescenti avvenuto a Wind Gap, un puntino sperduto sulla mappa del Missouri, dove tutti conoscono tutti, la popolazione si divide tra (pochi) ricchi e chi lavora per loro e dove l’assassino “sarà stato qualcuno di passaggio”. Ma lo show, letteralmente fotogramma dopo fotogramma, svela le sue carte e il suo reale interesse che risiede non tanto nell’indagine investigativo/giornalistica quanto nello sciogliere i nodi del passato ingombrante e irrisolto della sua protagonista, Camille Preaker, interpretata da una straordinaria Amy Adams.
Una giornalista di St. Louis, nata e fuggita da Wind Gap dove ritorna, costretta dal suo (paterno) capo, per raccontare, un po’ come Truman Capote in A Sangue Freddo, la reazione della cittadina alla sparizione e uccisione di due sue giovani abitanti. A bordo della sua Volvo impolverata, accompagnata da una bottiglietta di Evian riempita di vodka e un i-Pod dallo schermo rotto, ritrova una madre glaciale e i fantasmi (ir)reali di un passato che ha impresso indelebilmente sulla sua pelle.
Non è certo un caso che sia il corpo – abusato, debilitato, offeso, purificato, eccitato – al centro del racconto. Uno dei temi ricorrenti nella filmografia di Jean-Marc Vallée (da Dallas Buyers Club a Big Little Lies passando per Wild e Demolition) che insieme al montaggio, frammentato e rilevatore, e all’uso della musica diegetica – Led Zeppelin, Sylvan Esso, Leon Bridges, Carl Perkins, Willie Dixon – ritornano anche in Sharp Objects. E le tre protagoniste, Camille, sua madre Adora e la sorellastra Amma, sono tre melodie, differenti e in contrasto, che (ri)suonano in una storia di ombre dove la verità è immersa nel buio.
Il racconto di un femminile dove le donne sono vittime e carnefici e gli indizi per decifrarle sono nascosti, in bella vista, sotto i nostri occhi, in una parola incisa con un oggetto affilato o tra le note di una canzone. Un’opera ipnotica, tesa e avvolgente come il caldo che attanaglia l’estate di Wind Gap e detta il ritmo del racconto, dilatato e languido, tra il ronzio di un vecchio ventilatore e i cubetti di ghiaccio nel whiskey mentre da un jukebox risuona Ring o Fire. «I fell into a burning ring of fire. I went down, down, down, and the flames went higher, and it burns, burns, burn,the ring of fire».
- Gillian Flynn: «Le mie donne che non concedono il lieto fine»
- Patricia Clarkson: «L’oscurità al fianco di Amy Adams»
- Jean-Marc Vallée: «Sharp Objects e la mia sfida di rappresentare le parole sullo schermo»
- Qui sotto, potete vedere il trailer di Sharp Objects
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