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Jean-Marc Vallée: «Sharp Objects e la mia sfida di rappresentare le parole sullo schermo»

Il regista di Big Little Lies si racconta ad Hot Corn, tra la nuova serie (rivelazione) e il ritorno al cinema

Jean-Marc Vallée, Gyllian Flynn e Marti Noxon sul set di Sharp Objects. Foto di Anne Marle Fox.

LOS ANGELES – «È buffo, qualcuno mi ha definito il regista delle donne», ridacchia il canadese Jean-Marc Vallée, qui a Los Angeles per parlare di Sharp Objects, in onda ora su Sky Atlantic. Se Reese Witherspoon (con cui ha lavorato in Wild) l’ha voluto alla regia di Big Little Lies, vincitore di otto Emmy, stavolta è la produttrice e protagonista di Sharp Objects, Amy Adams, ad avergli chiesto di girare quello che è già stato battezzato negli Stati Uniti come lo show dell’anno. «Di certo mi trovo a mio agio con le donne forti e intelligenti, anche se quando lavoro con attrici del calibro di Amy Adams, non mi piace intervenire troppo; preferisco lasciarle compiere la loro magia».

Jean-Marc Vallée, sul set.

LA VOCE «All’inizio il progetto mi spaventava. La parte più importante nel libro di Gillian Flynn (su cui è basata la storia, ndr) è la voce fuori campo della protagonista Camille, e quando ho aperto lo script e ho visto che era stata tolta del tutto, ho pensato: “Mio Dio, che errore!”. Invece Gillian, nell’adattare il libro allo show, è riuscita a far emergere la voce di Camille attraverso il dialogo, le sue azioni e l’uso di flash back, tutti elementi usati in momenti strategici nel corso della storia. Così vediamo quello che pensa, ciò che la spaventa, osserva e l’incubo che sta vivendo».

Amy Adams, la protagonista.

LE PAROLE «Nel libro emerge con potenza anche la sua ossessione per le parole: il modo in cui le usa per raccontare le storie, per guarirsi ma anche per procurarsi ferite quando le incide sul corpo. È stata una bella sfida rappresentarle sullo schermo, ma ci siamo riusciti. Bisogna fare attenzione: nel corso dello show, si vedranno pulsare da ogni parte, fosse solo per pochi fotogrammi».

Patricia Clarkson, Eliza Scanlen e Amy Adams.

IL TONO «Amy Adams? Mi è piaciuto moltissimo il modo in cui ha usato la voce per creare uno spazio che significasse: “Sono in controllo”. Sul set, infatti, parlava normalmente ma nel momento in cui si iniziava a girare, abbassava di colpo il tono. Ed ecco che arrivava Camille, una donna intelligente che non ha bisogno di urlare per essere ascoltata. È geniale il contrasto che ha creato tra la sua voce e quella degli altri personaggi».

Una scena di Sharp Objects.

FILM Vs. TV «La televisione non è più semplice del cinema, è differente. È una maratona, uno sforzo sovraumano, e dopo aver realizzato due serie, una dopo l’altra, sento di avere perso un po’ di capelli e quelli rimasti sono diventati bianchi. Ma ho imparato ad apprezzarla. Soprattutto perché è difficile creare un prodotto del genere per il cinema, dal momento che l’industria sembra essere concentrata a realizzare solo blockbuster dai budget pazzeschi. Adesso però non vedo l’ora di tornare al cinema: 35-40 giorni di riprese per due ore di pellicola, ed ecco fatto…».

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