MILANO – Uno, Carroll Shelby (Matt Damon), è un’ex pilota che ha dovuto abbandonare i sogni di gloria a quattro ruote a causa di un problema cardiaco, l’altro è Ken Miles (Christian Bale), pilota inglese dal carattere irruento costretto ad aprire un’autofficina per sbarcare il lunario. Insieme hanno realizzato un’impresa epica nella storia dell’automobilismo: progettare in soli novanta giorni una Ford GT40 per gareggiare alla 24 ore di Le Mans del 1966 contro la Ferrari. Un’avventura fatta di sudore, bulloni e velocità raccontata da James Mangold in Le Mans ’66 – La Grande Sfida.

Un biopic sportivo che vede il regista newyorkese tornare dietro la macchina da presa dopo il trionfo di critiche di Logan – The Wolverine. Due titoli dai toni diversissimi che, a ben guardare però, hanno qualcosa in comune. Se il capitolo conclusivo della trilogia dedicata al mutante della DC si allontanava dall’usuale struttura narrativa dei cinecomics optando, inoltre, per un uso minimale della CGI, anche Le Mans ’66 parte dal genere d’appartenenza per diventare altro.

E anche se non mancano di certo (eleganti) sequenze sulle piste automobilistiche, l’interesse di Mangold è altrove. Un racconto di sconfitte e conquiste. La storia di due uomini mossi da istinto e pulsioni contrapposti alla mentalità votata al profitto delle grandi industrie – in questo caso la Ford, simbolo dell’America per eccellenza – che all’ardire preferiscono di gran lunga la cautela. Un film dal sapore classico nell’accezione più nobile del termine con cui James Mangold racconta l’America degli anni Sessanta ricordandoci che poi non molto è cambiato in quelle stanze del bottoni.

Un film di attori in cui le espressioni del volto scavato di Christian Bale affiancano il sorriso risoluto di Matt Damon. Una coppia d’assi circondata da un cast eccezionale: da Jon Bernthal a Caitriona Balfe, dal giovane Noah Jupe – già ammirato in A Quiet Place e Honey Boy – fino al nostro Remo Girone nei panni di Enzo Ferrari. Menzione speciale per la colonna sonora di Marco Beltrami capace di tradurre in note quell’incastro perfetto di ingranaggi che fa spingere il pedale dell’acceleratore verso un traguardo chiamato riscatto.
- Qui potete vedere l’intervista a James Mangold:
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