in

Patrick Dempsey: «Harry Quebert e la mia vita in televisione dopo Grey’s Anatomy»

Dopo Derek Shepherd, un altro personaggio: l’attore americano racconta la sua passione per Harry

Patrick Dempsey in una scena de La verità su Harry Quebert.

MILANO – Da Derek Shepherd a Harry Quebert: alla fine il ritorno del caro dottor Stranamore in televisione è arrivato grazie a un’altra serie, questa volta d’autore, La verità sul caso Harry Quebert, diretta da Jean-Jacques Annaud e tratta dal bestseller dello scrittore svizzero Joël Dicker (di cui vi abbiamo raccontato la storia qui). L’attore americano aveva lasciato Grey’s Anatomy – peraltro con un’uscita di scena shock – per dedicarsi solo al grande schermo, con l’intento di non tornare al piccolo schermo in tempi brevi. Ha cambiato idea dopo aver incontrato la strana coppia Annaud e Dicker per formare un trio decisamente formidabile.

Dempsey sul set con Jean-Jacques Annaud.

Il progetto l’ha conquistato immediatamente, come ci ha raccontato sul red carpet egiziano di El Gouna Film Festival. La verità sul caso Harry Quebert parte dalla vicenda di una studentessa quindicenne Nola Kellergan (interpretata da Kristine Froseth e ispirata alla Lolita di Nakokov) totalmente ammaliata e ispirata dal suo professore, uno scrittore di talento (Dempsey). La ragazza però svanirà nel nulla e l’uomo sarà indagato per il suo (presunto) omicidio.

Dempsey con Kristine Froseth ne La verità sul caso Harry Quebert.

Cosa l’ha avvicinata a questo progetto?
«La verità sul caso Harry Quebert mi ha colpito già dalle prime pagine del romanzo da cui la serie è tratta. L’ho riletto ancora e ancora, ogni volta mi offriva spunti diversi e nuovi, riflessioni completamente differenti. E sono rimasto anche piacevolmente impressionato dallo stile dell’adattamento di Jean-Jacques Annaud, regista che non conoscevo se non per aver visto i suoi film, da Il nome della rosa a Sette anni in Tibet».

Ma dopo dieci anni di Grey’s Anatomy non aveva voglia di cinema?
«Ogni volta che mi viene proposto un copione non mi chiedo mai se sia per il cinema o per la televisione. Basta dare un’occhiata alla sceneggiatura di La verità sul caso Harry Quebert per capire quanto questa fosse un’occasione da non lasciarsi scappare. Il senso del mio lavoro sta in questo, nel potere della narrazione, che ha l’abilità di mettere insieme persone con una storia universale. Ho sempre usato lo stesso criterio, come dimostra anche la prossima serie, Diavoli, con Alessandro Borghi. Anche in quel caso ho pensato che fosse una storia che meritava di essere raccontata…».

Dempsey con Alessandro Borghi in Diavoli.

Com’è avvenuto l’incontro con Annaud?
«Per incontrare Jean-Jacques sono volato da Toronto a Parigi e, durante il viaggio in volo, non ho fatto altro che leggere e rileggere il romanzo, quindi al momento dell’incontro avevo già deciso. La televisione sta vivendo il suo periodo d’oro e sono sempre più orgoglioso di farne parte».

Cosa le ha regalato la televisione?
«Mi ha dato una seconda possibilità, mi ha permesso di intrattenere il pubblico con leggerezza con Grey’s Anatomy, commuovendo e divertendo con un genere, la commedia, che amo fin da ragazzo quando m’ispiravo a Buster Keaton e Cary Grant, due maestri del romanticismo. E sa perché? Questo genere di storie incarna quello che ognuno di noi cerca nella vita: qualcuno da amare e che ti ami, per costruire insieme il classico “e vissero felici e contenti”».

Dempsey ai tempi di Grey’s Anatomy.

Quanto è cambiato dagli inizi ad oggi?

«A vent’anni mi sono lasciato travolgere dal successo, è arrivato in fretta e mi è stato portato via di colpo. Poi ho compiuto parecchi errori e sono finito un po’ fuori strada perché ho perso la prospettiva delle cose. Ora ho imparato ad essere grato per quello che ho, cercando di mantenere i piedi per terra durante gli alti e i bassi. L’onestà è la chiave della felicità. Come artista so di avere una piattaforma per far sentire la mia voce e cerco di usarla in maniera positiva».

Lascia un Commento

Tra Quentin Tarantino e Pedro Almodóvar: torna la Milano Movie Week

Io & il Cinema | Claudio Giovannesi: «Le mie grandi passioni, da Pasolini a Truffaut»