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Moonage Daydream, il talento di Brett Morgen e l’enigma mai risolto di David Bowie

Ziggy e il Duca, la cultura pop e il rock, lo spazio e l’arte. Ma perché è un documentario imperdibile?

David Bowie in una delle immagini di repertorio di Moonage Daydream.

MILANO – «I’m the space invader». L’inizio di Moonage Daydream non lascia spazio all’immaginazione, perché è praticamente una dichiarazione d’intenti. Da quel primo momento in poi, la porta si apre e il documentario diventa un viaggio immersivo dentro un fiume di materiale inedito che racconta – o cerca di raccontare – vita e morte di uno dei personaggi più influenti della storia della musica. Un volo interstellare nella vita dell’enigma David Bowie, un percorso da fare a tutto volume (provate anche con le cuffie) immergendosi, senza distrazioni, dentro lo spazio abitato e creato da Ziggy Stardust. Un personaggio che divenne un album da cui è tratta proprio Moonage Daydream, titolo non casuale che vuole dare al documentario un sapore visionario, per niente reale. Non è solo cinema, non è solo musica, ma arte, fantascienza, poesia, follia.

David Bowie in un frame di Moonage Daydream.

Ma come nasce Moonage Daydream? Brett Morgen – già regista di due opere notevoli come Kurt Cobain: Montage of Heck e Jane su Jane Goodall – nel 2007 propone a Bowie di realizzare un documentario sulla sua carriera. Lui si rifiuta, non crede sia il momento giusto per un lavoro di quel genere. Morgen non si arrende e – poco dopo la morte del cantante nel 2016 – si rivolge agli eredi, a Duncan Jones in particolare, che accettano di aprire le porte di quel mondo segreto conservato solo per pochi. Un archivio intimo, lontano dai riflettori e dal successo. Morgen ci mette cinque anni a girare il documentario, che però non è un racconto, ma una cascata di immagini, con la musica e la voce di Bowie a rendere il tutto quasi lisergico. Un vero e proprio bombardamento audiovisivo che fa capire – ancora una volta – la potenza dell’arte del cantante.

Moonage Daydream
Un altro momento di Moonage Daydream.

Il documentario – che ora trovate in streaming su CHILI – racconta la storia di un eroe che muta stili e prospettiva a seconda dell’alter ego che si avvicenda nella narrazione. Ziggy, il Duca Bianco, Aladdin Sane sono solo alcuni dei personaggi di questa storia persi dentro sonorità non convenzionali, mai convenzionali, un rock meccanico che guarda altrove sotto la luce tremante di un neon. Un caleidoscopio di immagini che Bowie (e di riflesso Morgen) ruba senza mai nascondersi anche all’amato cinema e a cult come Il mago di Oz di Victor Fleming, Metropolis di Fritz Lang, Arancia meccanica e 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, regista di cui Bowie era (non troppo segretamente) fan sfegatato.

Bowie, Bowie, Bowie, enigma mai risolto.

140 minuti durante i quali è impossibile non perdersi. Morgen accompagna lo spettatore nel punto più profondo della creatività di Bowie, perdendosi nella meditazione dell’arte. Un ritratto ipnotico di un artista che – con ambizione estrema – si è sempre reinventato costantemente, guidato dal bisogno di evoluzione, di creare qualcosa che restasse, mai sicuro di essere abbastanza (e quanto lo era), sempre assetato di conoscenza, creazione, di linguaggi artistici. Un omaggio fatto di puro cinema che abbaglia con la vera essenza di quello che Bowie fu, con il mistero della sua creatività che viene svelato fotogramma dopo fotogramma. Alla luce di un sogno ad occhi aperti, anche se l’enigma rimane (fortunatamente) intatto. «Freak out in a moonage daydream…».

  • ROCK CORN | Se il cinema incontra la musica
  • VIDEO | Qui il trailer di Moonage Daydream:

 

 

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