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Daniele Misischia: «Il mio The End? – L’Inferno Fuori, tra Buried e gli zombie»

Alessandro Roja, un ascensore, gli zombie: l’esordio horror del regista romano raccontato ad Hot Corn

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Daniele Misischia e Alessandro Roja, in posa sul set di The End?

Il traffico congestionato, l’odore di Roma, una palazzina con i suoi uffici. E un uomo, Claudio, narcisista e cinico che, per un maledetto guasto all’ascensore, resta bloccato a metà tra due piani, con l’orologio che scorre verso quel ritardo alla riunione tanto attesa. Potrebbe essere un problema? Certo, se non fosse che, fuori, si sta scatenando l’apocalisse. Già, perché un letale virus sta trasformando le persone in zombie famelici di carne. Così, il povero Claudio, si ritrova in quell’ascensore-rifugio, a fronteggiare la fine del mondo. Tutto questo (e altro ancora) è The End? L’Inferno Fuori (in sala dal 14 agosto), un horror, uno zombie movie, un thriller claustrofobico girato all-in-one (e prodotto dai Manetti Bros.) in una cabina d’ascensore dal regista romano Daniele Misischia, con un sorprendente Alessandro Roja in lotta per la sopravvivenza. Ecco quello che Misischia, tra ispirazioni e sogni nel cassetto, ha raccontato ad Hot Corn, a proposito del suo primo e ambizioso lungometraggio.

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Il banner di The End? L’Inferno Fuori.

MADE IN ITALY«I film di genere in Italia? Ultimamente, la tendenza pare chiaro: ci siamo adagiati sugli stessi film, sulle stesse tematiche. E, tra l’altro, non incassano nemmeno più come prima. Manca il coraggio di sperimentare, osare, ritornare su quei generi che negli Anni Settanta, andavano benissimo. Bava, Fulci, gli Spaghetti Western. Autori e filoni esportati e amati in tutto il mondo, ancora adesso».

Alessandro Roja versione survivor.

LA GENESI «Insieme a Cristiano Ciccotti, l’altro sceneggiatore, volevamo raccontare l’apocalisse, dal punto di vista di un uomo comune, anche un po’ sfigato. Quindi, pensando all’Apocalisse, siamo arrivati agli zombie. Però, non volevamo fare un film classico, bensì un film claustrofobico, con pochi attori, con una trama scarna, con una location sola. È stata una sfida, quella di limitare al massimo ambienti e personaggi».

I MAESTRI «Come adattamento, la spinta arriva dal cinema di Hitchcock, maestro nel mettere in scena la tensione. Per quanto riguarda l’horror, le fonti sono state Carpenter, Raimi, Romero. Come struttura, invece, ci siamo ispirati a In Linea con L’Assassinio di Joel Schumacher o Buried, di Rodrigo Cortés».

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Non aprite… quell’ascensore!

SPAZI STRETTI «Il lato positivo di girare in un solo ambiente? Tutti i giorni hai la troupe lì, senza spostamenti, senza location nuove, dove devi adattarti. Insomma, hai già pronte le luci, i mezzi. I contro? Diciamo che sei limitato negli spazi. La macchina da presa, per esempio, è sempre stata addosso al personaggio di Roja. È un limite, sì, ma anche una scelta stilistica ben definita».

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Spazi stretti?

IL CAMBIAMENTO «I nuovi metodi di distribuzione hanno elevata richiesta di materiale, perché devono dare agli utenti sempre nuovi titoli. Il limite però, parlando magari di realtà come Netflix, è che i suoi film li distribuisce esclusivamente on-line, non al cinema. Così, molti lungometraggi, sapendo che in sala non troveranno spazio, vengono girati con un assetto stilistico diverso, più televisivo. Sta cambiano il mondo di girare oltre che di produrre. Anche se andiamo al cinema, ritroviamo la serialità in quasi tutti i film».

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Qui potete vedere il trailer di The End? L’Inferno Fuori:

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