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Virginie Efira: «Paul Verhoeven, le scene di sesso sul set e la modernità di Benedetta»

Un grande film, una storia unica, un regista speciale: l’attrice racconta il dietro le quinte di Benedetta

Virginie Efira in una scena di Benedetta di Paul Verhoeven.

PARIGI – In Francia è una diva assoluta, tanto che ha appena vinto il César per Revoir Paris, dramma in cui interpreta una donna alle prese con il trauma post del 13 novembre 2015, e l’abbiamo appena vista anche in En Attendant Bojangles con Romain Duris. In Italia invece è purtroppo ancora una delle molte attrici francesi che spesso vengono confuse tra loro, in lista tra Marina Foïs e Sandrine Kiberlain. Adesso Virginie Efira ritorna in sala nel ruolo di Benedetta Carlini in Benedetta, il film di Paul Verhoeven presentato a Cannes quasi due anni fa. Nata a Schaerbeek, in Belgio (ma ha preso la nazionalità francese da poco), la Efira ha iniziato la sua carriera come conduttrice e doppiatrice prima di spostarsi gradualmente verso il cinema con una serie di scelte notevoli, da Tutti gli uomini di Vittoria a La doppia vita di Madeleine Collins (che vi avevamo raccontato qui). In quest’intervista parla di Benedetta, di Verhoeven e del set del film.

Benedetta
Sul set: Virginie Efira e Paul Verhoeven.

IO & VERHOEVEN – «Ho amato molto Basic Instinct perché mi ricordava La donna che visse due volte di Hitchcock, altro film che adoro. Poi dei film di Paul ho visto Starship Troopers, che mi ha fatto morire dalle risate, Robocop e Atto di forza, ma solo dopo ho recuperato uno dei suoi primi film, Fiore di carne, del 1973, che ritengo un capolavoro. Nella sua carriera credo che Paul si sia appropriato di tutti i codici del mainstream americano stravolgendoli, proprio come hanno fatto i grandi registi della Hollywood del passato. Quando nel 2016 mi ha proposto una parte in Elle avevo appena cominciato a recitare nel cinema d’autore e fu un’esperienza fantastica, ma molto breve. Su quel set però ho potuto osservare il suo modo di lavorare e ho capito che non amava fare giochetti con gli attori, ma creare qualcosa con loro. L’ho rivisto un anno dopo e mi ha parlato del libro di Judith C. Brown, Atti impuri: vita di una monaca lesbica nell’Italia del Rinascimento. Non avevo mai sentito parlare di Benedetta Carlini…».

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Virginie Efira in un’altra scena di Benedetta.

IO & BENEDETTA – «Paul dice che Benedetta forse era una manipolatrice o forse no, lasciando sempre spazio ad interpretazioni diverse. Lui ha costruito il film che voleva e io ho invece seguito la traiettoria che avevo in testa. Quando gli ho chiesto come dovevo prepararmi per il ruolo, mi ha risposto che dovevo saperlo io cosa fare. È una dimostrazione di estrema fiducia nei confronti di un’attrice, cosa che mi ha responsabilizzato molto. Scena dopo scena sapevo che, con ciò che gli proponevo, Paul avrebbe realizzato qualcosa di interessante. Ho interpretato una Benedetta che persegue una ricerca, senza definire la natura della sua ricerca. Penso che sia una ricerca molteplice, non fede assoluta o intrallazzo, anzi, entrambi gli aspetti si alimentano. Benedetta manifesta una fervida devozione verso Gesù, ma è anche alla ricerca del potere. Non è solo dolcezza e altruismo».

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Prima di una scena: Verhoeven e Efira.

IL SESSO – «Le scene di sesso? Sono state divertenti da girare, grazie a Paul e a Daphné (Patakia, che interpreta Bartolomea nda). Una scena di sesso è più facile da realizzare quando tutti sono a loro agio sul set e non sentono di essere derubati. In quelle scene c’è sia la sessualità cruda, l’intimità tra due persone, ma ovviamente anche qualcosa di molto più metaforico. Paul mi chiedeva di fingere orgasmi in un’abbazia aperta alle visite, mentre stavamo girando! Io ci provavo, ma sembrava quasi un parto e non eravamo sicuri che sembrasse un orgasmo. Diciamo che vedere Daphné emergere dalle mie gambe è stata una specie di epifania. C’era tutto in quelle scene, era come una coreografia. Paul aveva preparato uno storyboard che prevedeva tutto, ma ci ha permesso di proporre alcune cose. È stato qualcosa di molto collaborativo, di molto gioioso».

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Daphné Patakia, la Efira e il crocifisso dello scandalo.

LA MODERNITÀ – «Durante le riprese del film, Paul rifletteva molto su Trump ed era molto spaventato dalla direzione politica e sociale che stavano prendendo gli Stati Uniti in quel periodo. La storia avanza, si evolve nei secoli, ma è sempre soggetta a movimenti che contraddicono i progressi compiuti dalla civiltà. Sembra quasi inevitabile. Pensiamo di aver conquistato la libertà ma non è così. Anche da spettatrice ho sempre la sensazione che in un film storico ci siano sempre echi del presente. Sono contenta che, in un tempo così polarizzato come il nostro, Benedetta riporti il mistero, l’ambiguità e l’incertezza. Credo sia un film che è il contrario di pellicole o dei discorsi che affermano verità semplicistiche: è un film di potenti convinzioni..».

  • OPINIONI | Sì, ma com’è Benedetta di Paul Verhoeven?
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